Da alcuni anni le medie imprese industriali del Sud mostrano andamenti economici molto positivi, tali da far parlare di un loro allineamento sostanziale rispetto a quelle del Centro Nord. Lo conferma il Settimo Rapporto La Malfa, presentato di recente a Napoli con un Forum del Mattino, moderato dal direttore Alessandro Barbano. “Con le loro buone performance, le medie imprese meridionali – dice Giorgio La Malfa, economista e presidente della Fondazione intitolata al padre Ugo – sono oramai pienamente competitive. Lo attesta l’incidenza del costo del lavoro sul valore aggiunto. Il problema semmai è che la consistenza numerica di questo tipo di aziende, che al Sud sono troppo poche e non riescono quindi a incidere sul versante dell’allargamento della base produttiva meridionale”.Paolo Savona, economista e consigliere della Fulm incalza: “Campania, Puglia e Sicilia: valori assimilabili a quelli delle regioni industrialidel Centro-Nord. Ma il resto delle Regioni arranca e ci sono parti del territorio meridionale anchearretrano. Con il rischio che si delinei un dualismo all’interno del dualismo meridionale, che pone seriproblemi alla politica da intraprendere…”. Per Amedeo Lepore, assessore regionale alle attività produttive le politiche industriali messe in campo in Campania hanno determinato una prima svolta: “E così la Campania è cresciuta più di tutte le altre regioni italiane nel 2017. Ora si tratta di completare l’opera – aggiunge – con i contratti di sviluppo, le Zes, i progetti per le Aree di Crisi e gli interventi per portare la pubblica amministrazione alla sfida di Impresa 4.0”.
Ma la riflessione ha visto protagonista anche una media industria rappresentativa del campione esaminato dal Rapporto, il Gruppo Getra. Due stabilimenti in Campania, due branch all’estero, 80% del fatturato generato dall’export, trecento dipendenti diretti, alla guida dell’azienda leader in Italia nella produzione di trasformatori elettrici c’è il cavalier Marco Zigon. “Nel mondo di oggi a economia globale – afferma il presidente di Getra e della Fondazione MatchingEnergies – la competizione non è più tra singole aziende, ma tra sistemi territoriali. Perciò noi dobbiamo rendere attrattivo il nostro contesto produttivo, riducendo i divide con il Nord e con l’Europa”. Come? Attraverso un patto compensativo tra istituzioni e imprese. Le prime si impegnano a ridurre i divari infrastrutturali, le seconde assumono il compito di investire convintamente nelle aree del Mezzogiorno”. Il Sudonline lo ha intervistato.

Ingegnere qual è il suo commento sui dati del Rapporto La Malfa visto dall’osservatorio di una media industria di eccellenza come la Getra?
Le industrie del Sud che risultano eccellenti per la dotazione tecnologica o per il brand di qualità che possiedono sono isole felici nel mare magnum di un contesto che permane critico. Detenere qua e là aziende eccellenti è solo un punto di partenza. Il punto è questo: se il territorio non è attrattivo, è vano pensare che investitori provenienti dal Nord Italia o dall’estero vengano qui a impiantare nuove attività.
Che cosa occorrerebbe fare per rendere più competitive le piccole che sono la maggioranza?
La competitività tutta interna alle medie aziende è sterile se il contesto è segnato da criticità. Nemmeno l’innovazione 4.0 basta se resta requisito esclusivo ed interno delle aziende. Oggi la competitività delle imprese è una derivata della competitività del territorio: aree, regioni, contesti in cui si opera. Anche perché è evidente che ormai Oggi la competitività è globale: non esistono più nicchie locali di business protetto
Quindi che cosa andrebbe fatto per rendere competitivo il sistema territoriale?
Più qualità di infrastrutture e servizi, dalle reti elettriche a quelle telematiche. Spingere alla innovazione anche una burocrazia che permane spesso lenta e improduttiva. Un miglioramento netto dell’appealing territoriale anche sotto il profilo della qualità della vita.
Quale è il contributo a sviluppo e occupazione che può giungere dalla innovazione 4.0 del sistema delle imprese?
Industria 4.0 non può significare solo investimenti nelle aziende. E’ un che esige innovazione sull’intera filiera e, ripeto, sul sistema territoriale, a cominciare dalla pubblica amministrazione che eroga servizi al contesto ambientale. Al nostro Mezzogiorno serve una grande economia integrata con al centro una forte industria manifatturiera capaci di un dinamico commercio estero. Solo a queste condizioni l’Italia rinsalderà la posizione di seconda potenza industriale europea.
Quindi il freno vero…
Il freno vero è la non competitività del territorio dovuta a devide strutturali: energia, telecomunicazioni, logistica. Non si può ottenere un sistema industriale competitivo in presenza di infrastrutture deficitarie.
Lei ha lanciato la proposta di un Patto compensativo tra imprese e istituzioni. Come si esplica?
Partiamo da una premessa. Vanno bene i contratti di sviluppo e le Zes, il credito d’imposta, gli incentivi automatici. Ma il sostegno esclusivo alle singole imprese, per i ragionamenti fatti prima, pur necessario, non è sufficiente. E in tempi di grande cambiamento e di difficile competizione come il nostro, a mio parere occorrono soluzioni “non convenzionali”.Dobbiamo inventarci qualcosa di inedito per affrontare il futuro.
Fatta la premessa, come si attua la sua proposta?
Partendo dagli indici di competitività dell’economia del Sud che, notoriamente sono insufficienti.Occorre trovare una misura delle diseconomie che rendono critiche le attività economiche per poi puntareal riallineamento con il resto del Paese. Serve il supporto di outlook di istituti europei, di un osservatorio terzo e imparziale
Dopo di che?
Le istituzioni di governo si impegnano a compensare in partenza le diseconomie esistenti con benefici fiscali e incentivi automatici come il credito d’imposta, i bonus sulla nuova occupazione. Riducendoli man mano che vengono corretti i divide infrastrutturali e ambientali. L’impresa assume l’onere di investire e creare occupazione. Mi spingerei fino a prescrivere l’obbligo per l’investitore di restituirli se, nell’arco di un tempo ragionevole, non riuscisse a sviluppare fatturato e occupazione di qualità.