Mancano due settimane e sette o otto miliardi per trovare fra il governo e la Commissione Ue la tregua sul bilancio che pochi giorni fa sembrava lontanissima. Oggi invece l’obiettivo di evitare una procedura europea sui conti dell’Italia non è più distante come prima, a giudicare da come è cambiato l’approccio dei vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini: chi ha parlato con loro negli ultimissimi giorni li ha trovati attenti alle cifre del bilancio e alle possibili strade per un compromesso, quando ancora poco tempo fa erano riluttanti anche solo a farsi spiegare i dettagli del problema. Fosse ancora sul tavolo oggi – osserva una delle persone coinvolte nel negoziato – forse i due leader del Paese accetterebbero quanto in settembre scorso proponeva il ministro dell’Economia Giovanni Tria: ambizioni ridotte rispetto alle promesse elettorali, ma nel 2019 un deficit appena sotto il 2% del prodotto lordo definito d’intesa con Bruxelles. Quando tornando da Buenos Aires il premier evoca il «troppo avanti per tornare indietro», in testa ha uno schema uguale e contrario a quello che avevano in mente i due vicepremier alla genesi della «manovra del popolo». Per Conte, ormai, è la trattativa con l’Europa ad essere «troppo avanti» per poter rifare tutto daccapo.