di Concetta Colucci
Man Ray: L’uomo infinito, si chiama così la mostra attualmente in corso nel castello di Conversano, in provincia di Bari. Inaugurata durante il festival del Libro possibile, con un titolo che trae origine da un quadro dell’artista, rimarrà aperta fino al 18 novembre.
Man Ray, Uomo Raggio, questo il nome con cui firmava Emmanuel Rudzitsky le sue opere.
E’ l’artista americano, di origini russe, nato negli ultimi anni dell’800, uno degli esponenti del dadaismo d’oltremanica, ma soprattutto noto come uno dei più grandi fotografi della storia, con la sua geniale ispirazione surrealista. La sua cifra espressiva è estremamente originale, riuscendo a cogliere nel reale e nella sua rappresentazione nuovi significati e ardite associazioni. La sua ricerca nasceva dallo studio della illuminazione degli oggetti, che grazie alla recente diffusione della elettricità, apriva nuovi ambiti di ricerca. Man Ray cominciò così a studiare le ombre in contrasto con le variazioni della illuminazione e a ritrarre oggetti di uso comune con le relative ombre.
Con il suo amico Marcel Duchamp, Man Ray costituì la versione americana del movimento Dada nato in Europa ed anche in America, il movimento, si caratterizzò per il suo rifiuto dell’arte intesa nella maniera tradizionale, ma questo percorso portò Man Ray alla conclusione che “il Dada non può vivere a New York“.
Trasferitosi a Parigi, Man Ray, insieme a Duchamp, conobbe i più grandi intellettuali di quell’epoca, da James Joyce a Jean Cocteau, e proprio durante quegli anni cominciò a sperimentare il mezzo che lo avrebbe ispirato per anni, riuscendo ad accostare oggetti senza un legame logico concreto, ma che, grazie alla stessa decontestualizzazione degli stessi oggetti, riproponeva inedite immagini del reale. Attraverso i suoi Rayographs o Rayogrammi, termine costruito sul suo cognome, immagini nate grazie al processo chimico che la luce imprime sui materiali fotosensibili senza l’utilizzo della macchina fotografica, Man Ray sondava, scopriva, esaltava il carattere sconcertante e oscuro del quotidiano. Fuggito da Parigi durante la seconda guerra mondiale a causa delle sue origini ebree, vi fa ritorno subito dopo la fine della guerra, fino alla sua morte, il suo epitaffio nel cimitero di Montparnasse è: “Non curante, ma non indifferente.”
100 opere in mostra, fotografie acquerelli, disegni, oggetti che raccontano l’uomo e la sua infinita ricerca e sperimentazione. Una esposizione che ha inizio con la raccolta delle opere legate all’incontro con Marcel Duchamp, suo amico e ispiratore degli Oggetti d’affezione, come li avrebbe definiti in seguito Man Ray, che scaturiscono dall’accostamento di cose fra loro incongruenti, che a loro volta assumono nuovo senso e messi in una nuova prospettiva.
La mostra è suddivisa in otto aree tematiche, attraverso le quali vengono raccontati i rapporti dell’artista con il dadaismo, il surrealismo, la fotografia il cui linguaggio si fa sperimentazione e produzione piuttosto che riproduzione di immagini. Dalle lacrime modellate come sfere, al fondo schiena brillantemente interpretato come strumento musicale, Le violon d’Ingres – una sorta di evocazione di un gioco di parole espresso tramite immagini – l’esposizione si conclude con l’esposizione dei 50 volti di Juliet Browner, ultima sua compagna e musa ispiratrice.
La mostra in corso al Castello di Conversano – fortificazione di origine normanna in provincia di Bari – è stata curata da Vincenzo De Bellis, critico originario di Castellana (Bari) che attualmente vive a Minneapolis.
Man Ray, è nella mostra, il racconto del percorso di un artista sperimentatore che si muoveva tra le nuove conoscenze e i movimenti artistici della prima metà del Novecento.