Di SIMONA D’ALBORA
“Perché si festeggia la liberazione dell’Italia” “Da cosa?” “Dal governo fascista e dall’occupazione nazista.” Come si spiega la Resistenza ai propri figli? Come si spiegano eventi così lontani nel tempo a due bambini che non c’erano nemmeno l’11 settembre?
Per noi è stato naturale ascoltare storie di partigiani, di guerre, di deportazioni, i nostri nonni c’erano, su un fronte o sull’altro, quando in quel lontano 1945 si delineava un nuovo futuro per la nostra nazione, hanno tenuto in vita la memoria, ricordando gli orrori della guerra, affinché non si ripetessero. Del resto la nostra cultura si è formata negli anni della guerra fredda, del blocco sovietico, anni in cui parole come corsa agli armamenti facevano paura a noi ragazzi, come oggi fanno paura minacce più pericolose come l’Isis. C’era il muro di Berlino, ancora si respirava l’orrore del genocidio degli ebrei. Non eravamo bombardati da diecimila informazioni e credevamo alla storia come ci veniva raccontata da chi c’era, perché chi l’aveva vissuta c’era ancora. 70 anni sono tre, se non quattro, generazioni e raccontare diventa più difficile. I nostri figli non sono cresciuti con i racconti di guerra, e nemmeno negli anni ’70 quelli chiamati di piombo, quelli dove lo scontro di ideologie era forte e forte era la volontà di chi aveva vissuto la guerra e il dopoguerra di renderci partecipi dei cambiamenti del Paese, o almeno io, ancora bambina era così che percepivo quegli anni.
Ecco, dunque, cosa raccontare oggi a due ragazzini curiosi ai quali è stato risparmiato il racconto dell’11 settembre? Che i nazisti erano i cattivi perché deportavano gli ebrei considerandoli appartenenti a una razza inferiore e cosa rispondere quando ti dicono: “I nazisti erano i tedeschi, quindi i tedeschi sono cattivi?” “ma non erano i tedeschi di oggi, erano soggiogati dal nazismo, anche in Italia c’era una dittatura: il fascismo, anche il fascismo promulgò le leggi contro gli ebrei, e anche in questo caso molti italiani erano soggiogati da Mussolini, altri erano fascisti per paura, altri ancora perché credevano nel fascismo.” “Quindi noi italiani siamo cattivi come i tedeschi?” e allora capisci, sai cosa devi dire e come lo devi dire: “la crudeltà, non è una questione di razza, esiste nelle persone di ogni età, ceto o razza, ma forse esiste per farci apprezzare ancor di più la bontà, la crudeltà esiste, ma esistono anche tanti uomini che pur sapendo i rischi che correvano, si sono uniti e sono andati a combatterla, in alcuni casi sono stati crudeli anche loro, ma la loro crudeltà era dettata dal desiderio di rendere tutti liberi. Molti di loro sono morti in azioni di sabotaggio, ma hanno preferito la morte all’occupazione nazista. Sono i partigiani, si nascondevano tra le montagne, con le loro azioni hanno aiutato gli alleati a liberarci dei nazisti e dei fascisti. Hanno fatto due volte la resistenza e per due volte hanno scelto la libertà: la prima quando invece di abbassare la testa e sottomettersi al nemico per paura, o invece di allearsi con il nemico e collaborare ai loro assassinii, hanno deciso di affrontarlo e la seconda quando lo hanno affrontato con azioni rischiose”. Questo ho detto ai miei figli, e ho detto solo questo perché sappiano sempre scegliere la via della libertà e della resistenza. Poi ho guardato con loro “La vita è bella”, un modo per fargli avere un’idea lontanissima di quello che è un campo di concentramento. Anche se all’età di mia figlia avevo visto Olocausto e i campi di concentramento, insieme alla bomba atomica sono i stati e continuano ad essere i miei incubi notturni, adesso abbiamo il modo per rendere quei ricordi meno traumatici, anche perché quello che è venuto dopo non è stato migliore. Anche perché avranno il tempo e la voglia di conoscere non solo la storia della deportazione e lo sterminio degli ebrei, ma anche i gulag, l’Holodomor, il genocidio armeno. Perché solo conoscendo gli orrori potranno essere liberi. E ricordo loro che se oggi possiamo parlare della crudeltà dell’uomo è perché ci sono stati degli uomini che in spregio del pericolo hanno combattuto per la nostra libertà. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, diceva Primo Levi ed è il principio per il quale non nascondo loro le verità più atroci.