È possibile districarsi nel complesso e articolato mondo delle strutture mafiose? E come sono cambiate le mafie nel corso dei decenni? E ancora: le mafie hanno tutte la stessa radice comune, quindi sono tutte uguali, o ci sono differenze fondamentali? È nata da queste (e altre) domande l’idea di scrivere un’enciclopedia delle mafie di sei volumi presentata a Trame5, il festival lamentino dei libri sulle mafie. L’opera è un grande viaggio storico-sociale attraverso le principali organizzazioni criminali, con tappe nelle quattro regioni ad alta intensità mafiosa. L’enciclopedia un testo documentale basato sulle indagini della magistratura e sui verbali storici delle forze dell’ordine. Vi si trovano molte curiosità come l’episodio e raccontato nel terzo volume dell’Atalante delle mafie curato da Enzo Ciconte, Francesco Forgione e Isaia Sales; un verbale delle forze dell’ordine che dà conto di chiari segnali di intimidazione. La vicenda è ripercorsa talmente minuziosamente che nel leggere quanto avvenne il senso di ironia si scontra con lo sbalordimento, la rabbia e lo sconforto. Nel 1784, il tenente colonello Tomasi che accompagnava il maresciallo Pignatelli inviato dal Governo borbonico nell’attuale Vibo Valentia registrava che “in questi paesi poco si conosce la giustizia e che i ‘cappellani’ e i ‘galantuomini’ sono tiranni dei villani e dei fatigatori della campagna”.
“Le mafie – ha spiegato Fabio Iadeluca, curatore dell’enciclopedia – rappresentano la negazione dei diritti di libertà e dignità dell’uomo. Non sono solo sinonimo di crimini e reati. La storia dell’Italia anche sotto il profilo del fenomeno mafioso è una chiave di lettura fondamentale per capire questi fenomeni criminali si sono andati avanti oltrepassando i confini italiani e persino europei”.
La presentazione dell’opera è anche l’occasione per avere una mappa aggiornata della ‘ndrangheta, soprattutto se a disegnarla è il magistrato della Corte di Assise e di Appello di Catanzaro, Marco Petrini che fornisce dettagli importante sugli attuali equilibri di forza fra i clan e le loro caratteristiche. Individua in Reggio Calabria il luogo dove si trovano attualmente i clan più potenti che è anche la sede del “Crimine”, cioè la struttura al vertice paragonabile alla “Cupola” di Cosa Nostra.
E dal viaggio nel territorio, passa al viaggio nel tempo. “La ‘ndrangheta – ha ricapitolato sinteticamente il giudice Petrini – è passata per un periodo iniziale di grande clamore con i sequestri, utili a accumulare masse di denaro ma scomode per il clamore prodotto, a un periodo di silenzio iniziato dal 1991 dovuto a una pax mafiosa e a una volontà precisa di passare inosservati. In alcuni territori come Catanzaro o la stessa Lamezia Terme però hanno continuato a esistere lotte intestine fra le varie ‘ndrine”.
Ma se la ‘ndrangheta è riuscita soprattutto a Reggio Calabria a raggiungere un punto di equilibrio, ben diversa è la situazione della Camorra, caratterizzata proprio da un alto livello di litigiosità. Lo spiega molto bene lo storico Isaia Sales: “La Camorra è l’unica organizzazione disorganizzata. La sua frammentazione è paradossalmente la sua forza e non la sua debolezza. Ancora adesso a Napoli si assiste a un ricambio velocissimo dei capi. Gli ultimi boss sono stati quasi tutti arrestati, eppure nonostante una repressione così forte e incisiva delle forze dell’ordine il fenomeno non ha ancora visto la fine. Questo dimostra che a Napoli esiste un esercito delinquenziale di ricambio costante. Dove c’è margine per un commercio illegale che produce ricchezza, arriva il camorrista e ti chiede “la propria”, poi arrivano gli altri che cercano di contendersi il mercato, imponendosi l’uno sull’altro, fino a sfociare nelle guerre di Camorra che tutti conosciamo”.
Elisabetta Tonni