“Quel che resta di Mafia capitale è solo il nome dell’inchiesta e 250 anni di carcere (a fronte dei 500 chiesti). Alle 13 di ieri, nell’aula bunker di Rebibbia, dopo 230 udienze del maxiprocesso, è arrivata la sentenza che ha cancellato l’impianto accusatorio della procura di Roma. Crolla l’associazione a delinquere di stampo mafioso, restano in piedi tutte le contestazioni mosse dal pool Antimafia (…) tranne una: il 416 bis. Massimo Carminati, Salvatore Buzzi e gli altri 44 imputati, finiti alla sbarra in 19 con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, i restanti per reati che vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta, non sono stati condannati per mafia. Il 416 bis è stato derubricato ad associazione a delinquere finalizzata alla corruzione (…) Massimo Carminati (…) ha avuto 20 anni (…) Salvatore Buzzi (…) ne ha avuti 19”. Carlo Bonini da Repubblica: “Di sconfitta si tratta. Di più, si tratta di occasione perduta. Perché se il 2017 poteva essere per Roma quello che il 1992 (con la conferma in Cassazione del primo Maxiprocesso di Palermo alla cupola di Cosa Nostra) era stato per la Sicilia, beh, questo non è accaduto. Del resto, non era e non è una questione terminologica (…) stabilire di quale grana fosse fatto il rapporto impari tra Carminati e Buzzi (…) Al contrario. Definire “mafioso” quel rapporto e mafioso il Mondo di Mezzo significava chiudere con il “principio di specialità”, con l’eccezione “romana”, per cui quello che in Sicilia è mafia a Roma non lo è”. Mario Calabresi: “Quando la politica di una città, di fronte a condanne per 250 anni di carcere, festeggia ci sarebbe da essere contenti. Ma se si ascolta meglio e si scopre che non si festeggia perché giustizia è stata fatta bensì perché i criminali che dominavano la scena sono riconosciuti delinquenti però non mafiosi, allora c’è davvero da avere paura. Quando ci si sente sollevati perché i Palazzi erano infiltrati fino al midollo da un’associazione criminale che non può essere definita mafiosa, allora si è perduti”. Ignazio Marino intervistato dalla Stampa: “Che effetto le fa la sentenza?, è la domanda. R.: «Prevalgono un senso di giustizia e la tristezza per l’immagine della città. Non c’è capitale di un Paese del G7 con una classe dirigente così scadente. Anche dal punto di vista criminale, visto che si accontenta di quattro caramelle di tangenti». D.: Secondo lei a Roma la mafia c’è? R.: «Lo dissi all’inizio del mio mandato, c’è il video sul web. Lo confermo. Basta contare i negozi di frutta che diventano sale da slot machine». La Raggi ha detto in aula: «Hanno ucciso Roma, oggi vincono i cittadini». «Una frase di circostanza. Almeno avrebbe potuto prepararsene una più originale». Sulla politica: “Renzi e Orfini hanno colto l’occasione per allontanare chi stava lavorando con determinazione per sradicare dal Comune le consorterie criminali come quella condannata oggi”.