E’ opinione diffusa che l’informazione è una delle armi fondamentali del conflitto oggi in atto su vari scacchieri contro gli attentatori dell’’Isis. Un fronte sul quale si agisce manovrando immagini e parole per ottenere una linea ascendente di terrore in Europa, che di suo sta dimostrando come i vari Paesi dell’UE siano intimoriti, disorganici se non anche scoordinati tra loro. Sicchè, ogni volta che si verifica un attentato, sul web, in Tv, sui media, ecco che appaiono i filmati dell’orrore, inevitabilmente misto al panico delle gente sui luoghi degli attentati, la collera, la crudeltà con la quale vengono presentate le esecuzioni diffuse via web dagli stessi terroristi. Una divulgazione mediatica molto scrupolosa, che mira sempre all’intenzione, perseguita con coscienza e volontà, di inoculare la paura. I terroristi minano la sicurezza dell’intera Ue e dei singoli Paesi, compresa l’Italia, ma trovano terreno fertile – diciamolo in tutta sincerità – nella divulgazione di informazioni che puntano alla ricerca del drammatico, un effetto che talvolta è più importante degli stessi atti terroristici. Perciò gli uomini dell’Isis non solo compiono folli gesti, pianificati da strutture ben organizzate, ma ne fanno materia di produzioni cinematografiche in grande stile, con registi specializzati alle produzioni da “incubo”: i così detti registi della “ paura” sono diventati astutamente più influenti degli stessi miliziani diffondendo via web filmati di violenza inaudita.

Poi fanno arrivare nei telegiornali europei immagini di efficienza militare, ambulanze, convogli blindati che fanno crescere nella nostra gente il terrore che manca poco all’arrivo dell’Isis nelle nostre città. Immagini alle quali i politici europei possono contrappore solo un po’ d’orgoglio e qualche frammento di patriottismo, che in Italia è talvolta dimenticato.

Nel mentre i capi di Stato Europei si chiedono ancora una volta se serva o no assegnare alla UE un’ unica “intelligence “, da noi la gestione dell’informazione sembra ormai fuori controllo. Di questo problema si parla come della nazionale di calcio al bar, dove è noto che ogni avventore è un selezionatore più bravo di Conte. Più sporadici gli interventi che hanno messo a fuoco il problema con pensieri espressi da chi parli per reale conoscenza o esperienza con chiarezza e semplicità di esposizione. La nostra è diventata una grandissima giostra mediatica che rende chi usufruisce del servizio televisivo, pubblico o privato che sia, sempre meno lucido nel comprendere, sempre più sgomento. Far parlare tutti di tutto piazzando davanti alle facce malcerte un microfono, non aiuta a impostare una strategia lucida e tranquillizzante, ma anzi alimenta la paura.

 

L’autore è presidente dell’ICRI (Istituto di cultura e relazioni internazionali) e console di Albania in Campania

Di Claudio Panarella

Avvocato - Civilista - Presidente ICRI -