Antonio Troise
Siamo diventati un Paese per vecchi. La fotografia dell’Istat è arrivata puntuale e impietosa a smentire l’immagine della famiglia prolifica andata in onda, mercoledì sera, sul palcoscenico di San Remo. Il caso di Anania che parla dei suoi 16 figli come di un “dono della provvidenza” è solo un episodio isolato. Nel resto del Paese le famiglie hanno al massimo un figlio se tutto va bene. Anzi, anche meno, dal momento che nel 2014 sono stati messi al mondo poco più di 509mila neonati. Bisogna risalire addirittura all’Unità d’Italia, più di 150 anni fa, per trovare un numero così basso di nascite. Ma perché gli italiani hanno rinunciato a fare figli? C’è, naturalmente, da fare i conti con la più profonda e lunga crisi che l’O ccidente ricordi. Con pochi soldi in tasca, con i risparmi che si assottigliano e il lavoro sempre più in bilico, è davvero difficile guardare con ottimismo al futuro. Il paese che erediteranno i nostri figli sarà sicuramente più povero di quello che hanno trovato i genitori. Senza contare che c’è un’intera generazione che rischia di saltare l’appuntamento con il mercato del lavoro.
Il risultato è che, se non si inverte la rotta e se non si incoraggiano le nascite (anche con politiche fiscali ad hoc e senza scomodare le leggi di Mussolini) l’intero sistema del welfare rischia di crollare. Nel 2041 la fascia di età più numerosa sarà quella dei settantenni. L’effetto più immediato del rapido invecchiamento della popolazione sarà la rapida crescita della spesa previdenziale e assistenziale. Già oggi il sistema presenta molte crepe, ma senza un ricambio generazionale nel mondo del lavoro, se la macchina produttiva non si rimette in moto e non riuscirà a creare nuovi posti, fra trent’anni ci saranno 12 pensionati ogni dieci lavoratori attivi. Non basta: la mancanza di nascite significa anche un rapido invecchiamento della forza lavoro, minori investimenti, restringimento progressivo della platea di italiani che paga le tasse. Conclusione: per poter conservare l’attuale livello di assistenza, gli italiani potrebbero essere costretti a subire nuove prelievi. E, già oggi, la pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili.
Uno scenario a tinte fosche che imporrebbe scelte nette e coraggiose da parte di tutti, dai sindacati agli imprenditori fino, ovviamente, alla politica. Non si tratta solo di un problema economico: un Paese che fa pochi figli ha anche smesso di puntare su se stesso. E’ un paese che si sta perdendo e che sta lentamente disfacendosi. La scommessa da vincere, nei prossimi anni, sarà proprio quella di invertire il trend e di tornare a guardare con ottimismo al futuro. Lo stesso ottimismo che è stato alla base del grande miracolo economico degli anni Sessanta. Anche allora si usciva da un periodo di crisi, quello della seconda guerra mondiale.