All’Ilva arriva Piero Gnudi, 76 anni, consigliere economico della Guidi e in passato presidente del collegio sindacale della sua azienda di famiglia, oltre che presidente dell’Enel e più volte ministro. Una scelta che, di fatto, segna una svolta piena di incognite per il destino dello stabilimento. Il suo predecessore, Enrico Bondi aveva tentato di coniugare il risanamento ambientale dell’Ilva con il mantenimento dell’intero ciclo produttivo, e quindi di tutti i gli 11 mila dipendenti tarantini del gruppo. Per mettere in atto il suo piano industriale servivano però circa tre miliardi di euro, che il commissario contava di reperire con un aumento di capitale da 1,4 miliardi e con il ricorso a indebitamento bancario per altri 1,6 miliardi. E qui sono nati i problemi.
Le banche hanno fatto sapere di non essere disposte a versare altri soldi e hanno recapitato a Bondi il messaggio che occorreva ridurre gli oneri della ristrutturazione. E i Riva, che pur estromessi dalla gestione hanno per legge la possibilità di sottoscrivere l’aumento di capitale e di restare azionisti del gruppo, hanno fatto capire che le richieste di Bondi erano esagerate, e che comunque il commissario non era in grado di salvare l’Ilva e che doveva essere allontanato. Ora, si profila un destino diverso: lo spezzatino dell’ex impero dei Riva, chiamati a rispondere per disastro ambientale.
Ma qual è il programma di Gnudi? Il neo commissario ha tracciato un percorso in un’intervista concessa a Repubblica, ribandendo prima di tutto che «L’Italia non può permettersi di perdere la siderurgia . «È un settore strategico che non investe solo l’Ilva ma tutto un filone di aziende consumatrici di acciaio. La sua eventuale chiusura comporterebbe gravi danni a una lunga serie di altre ditte, senza contare le ricadute drammatiche sull’occupazione. E poi non bisogna dimenticare la crisi. In un momento come questo tutti i Paesi stanno puntando sulla rinascita della produzione industriale. In Italia saremmo in controtendenza se chiudessimo un pezzo importante come l’Ilva, che deve andare avanti».
Ma Gnudi è ottimista: «Ci sono tutte le condizioni per trovare nuovi investitori, ArcelorMittal è un partner interessante, ma ce ne sono tanti altri». Gnudi smentisce le voci di una prossima chiusura dell’impianto di Taranto. L’unica ipotesi di questo tipo potrebbe riguardare un’eventuale decisione dei magistrati: “Se si impongono chiusure per altri motivi non c’è nulla da fare. I magistrati hanno solo fatto il loro dovere, ma non si può pensare di rimediare ai danni di 30 anni in pochi mesi. Serve tempo».
Bonifiche e risanamento, anticipa Gnudi, devono andare avanti in contemporanea. “Ma se riusciamo a risolvere il problema ambientale il più è fatto”. Del resto, l’Ilva “è una società efficiente dal punto di vista economico, con una posizione privilegiata dal punto di vista logistico al centro del Mediterraneo».