La Turchia tira diritto e la guerra cresce d’intensità alla periferia di Tripoli. Con 325 voti favorevoli e 184 contrari il parlamento di Ankara ha approvato ieri pomeriggio la mozione fortemente voluta dal presidente Recep Tayyip Erdogan per inviare truppe in Tripolitania a sostegno del governo di Accordo Nazionale guidato da Fayez Sarraj contro l’assedio sempre più serrato delle forze militari agli ordini dell’uomo forte della Cirenaica, Khalifa Haftar. Non ci sono cifre ufficiali, ma negli ultimi tempi lo stesso Erdogan aveva accennato alla disponibilità di spedire almeno 5.000 soldati regolari. Potrebbero affiancarsi 1.600 volontari-mercenari siriani arruolati tra i miliziani sunniti emigrati a partire dal 2011 in Turchia per fuggire alla repressione di Bashar Assad e già utilizzati come elementi combattenti da Erdogan per affrontare i curdi nelle enclave siriane di Afrin e Rojawa. Un’operazione che certo rischia di far salire ancora di livello la guerra di Libia. Ma in cui la Turchia gioca con velocità le sue carte. Un unico freno potrebbe venire da Vladimir Putin, il presidente russo che Erdogan prevede di incontrare l’8 gennaio a Istanbul. Per il resto sia le proteste dell’Egitto che quelle degli altri Paesi arabi al momento non sembrano essere un vero freno per i piani della Turchia. E la stessa missione dei ministri Ue a Tripoli proposta da Luigi Di Maio si sgonfia: un membro del Consiglio presidenziale ha detto al ministro degli Esteri tedesco: «Se venite a Tripoli senza idee, senza proposte per bloccare l’assalto militare al nostro governo è inutile che ci veniate…». Dopo l’accordo di difesa del 27 novembre fra Ankara e Tripoli, il governo di Fayez al Serraj aveva chiesto ufficialmente alla Turchia sostegno militare contro l’attacco del generale Khalifa Haftar.