Il Regionalismo ”differenziato” – ovvero l’ampia autonomia richiesta da Veneto, Lombardia ed EmiliaRomagna avallata dalla ministra Erika Stefani (nella foto) – non piace troppo nemmeno alla Corte dei conti, che ieri è stata audita sul tema dalla Commissione per il federalismo fiscale: né la Costituzione, né la legge del 2009 consentono, dicono i giudici contabili, “una diversa modalità di finanziamento delle materie aggiuntive (concesse alle Regioni, ndr), né la loro sottrazione al meccanismo di perequazione interregionale previsto dalla legge”.
Insomma, non solo il sistema deve essere “solidale” tra aree ricche e povere, ma non si può nemmeno arrivare a venti modelli di trasferimento fiscale per accontare Zaia e soci: intanto le competenze andrebbero passate alle Regioni solo quando c’è un vantaggio per i cittadini, e poi “talune materie, di competenza sia concorrente, sia esclusiva, definite come devolvibili, non sembrano così facilmente ‘spacchettabili’, come ad esempio ‘il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario’: appare necessaria una riflessione”. Di più: servirebbe “un’analisi costi benefici”. Altra carne al fuoco per domani, all’ennesimo vertice di governo.