Diciotto campionamenti sui ventisei eseguiti lungo le coste della Sicilia presentano una carica batterica elevata, superiore alle soglie stabilite dalla legge. Per 15 di questi punti, principalmente alle foci di fiumi, torrenti e scarichi, il giudizio è di “fortemente inquinato”. Una situazione che evidenzia un deficit depurativo che non risparmia nessuna provincia siciliana, sicuramente già noto (la Sicilia è all’ultimo posto in Italia per scarichi civili trattati in maniera adeguata) e che rischia di compromettere non solo le bellezze naturali di questa regione, ma la stessa economia turistica. I fondi disponibili ci sono e non sono stati quasi per nulla utilizzati, per questo chiediamo a Regione e comuni, sia costieri che dell’entroterra, di fare fronte comune per risolvere finalmente l’emergenza depurativa di questa terra.
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I prelievi e le analisi di Goletta Verde sono stati eseguiti dal laboratorio mobile di Legambiente nei giorni 8, 9, 11 e 12 luglio scorso. I parametri indagati sono microbiologici (Enterococchi intestinali, Escherichia coli) e abbiamo considerato come “inquinati” i risultati che superano i valori limite previsti dalla normativa sulle acque di balneazione vigente in Italia (Dlgs 116/2008 e decreto attuativo del 30 marzo 2010) e “fortemente inquinati” quelli che superano di più del doppio tali valori.
“L’obiettivo del monitoraggio di Goletta Verde è quello di individuare i punti critici di una regione e le pressioni inquinanti che ancora gravano sulla costa, analizzando il carico batterico che arriva in mare prevalentemente dalle foci di fiumi, canali o scarichi non depurati – spiega Rossella Muroni, direttrice generale di Legambiente -. Il nostro, è bene ribadirlo, è un monitoraggio puntuale che non vuole sostituirsi ai controlli ufficiali, né assegniamo patenti di balneabilità, ma restituiamo comunque un’istantanea utile per individuare i problemi e ragionare sulle soluzioni. In Sicilia continuiamo a riscontrare criticità, nuove o già note, che è ormai necessario risolvere. Al centro della nostra analisi ci sono gli scarichi non depurati che arrivano in mare, problema su cui occorre dare un segnale di forte responsabilità e concretezza negli interventi. Occorre ragionare in una scala più ampia dei semplici confini comunali o territoriali”.
“Tutti i governi regionali che si sono succeduti hanno fallito quello che poteva rappresentare una priorità per il rilancio ambientale ed economico di questa terra. Il paradosso è che sul fronte della depurazione i fondi erano disponibili, ma non si è stati in grado fino ad ora a spenderli – commenta Gianfranco Zanna, direttore Legambiente Sicilia -. Prova ne è la recente decisione del Governo centrale di commissariare gli interventi previsti nell’ambito della depurazione e del completamento delle reti fognarie, ben 31 di queste opere riguardano la Sicilia, per cercare così di recuperare i fondi ed evitare che oltre il danno arrivi anche la beffa. Le segnalazioni che ci arrivano dai cittadini, molte delle quali non siamo riusciti a verificare direttamente ma abbiamo subito inoltrato alle autorità preposte, dimostrano che la situazione in tante aree dell’isola è diventata insostenibile, con scarichi che finiscono in mare e rischiano di compromettere ulteriormente la già difficile situazione in cui versa la nostra economia. Sulla sostenibilità ambientale, sulla qualità del mare e delle coste, si gioca una scommessa che la Sicilia deve assolutamente vincere se si vuole garantire un reale futuro ai nostri territori”.
Recentemente, sulla base dello Sblocca Italia, il Governo ha elaborato la lista dei primi interventi da sottoporre a commissariamento per cercare di recuperare i fondi della delibera Cipe del 2012. La lista comprende i maxi depuratori di Acireale (133,7 milioni di euro) e Misterbianco (205 milioni) a Catania, 12 interventi ad Augusta (Siracusa) per 37,7 milioni. Si tratta soltanto di un primo passo, visto che la delibera metteva a disposizione della Sicilia un totale di oltre 1 milione 158mila euro.