di SIMONA D’ALBORA
Nella domenica da cancellare bisogna raccontare una storia che renda il cuore meno pesante per i 950 migranti che hanno trovato la morte nel canale di Sicilia. E allora è con un sorriso, accompagnato da un po’di amarezza, che si ascoltano racconti di solidarietà e fratellanza. Accade a Palermo, in quella città capoluogo che da sola sembra reggere il peso dell’emergenza dei migranti in fuga, si perché la Sicilia, nei primi due mesi del 2015 ha accolto lei sola il 21% dei migranti, in fuga dai paesi di origine, tradotto in numeri si tratta di 13.999 esseri umani, tra uomini donne e bambini, non una fredda percentuale, ma volti, storie, cuori che battono nella speranza di una vita migliore.
Questi volti, queste storie mai raccontate, questi cuori si possono vedere in giro per Palermo smarriti e spaventati per il futuro incerto che hanno scelto pur di sfuggire a un passato costellato da sofferenza e fame. E così i cittadini palermitani si mobilitano per aiutarli, cucinano per loro e nelle vie del centro distribuiscono cous cous e bottigliette d’acqua per non farli sentire abbandonati. Una gara di solidarietà che ha coinvolto associazioni e semplici cittadini, commossi dalle condizioni dei migranti, dal loro sguardo perso e dalle storie di guerra, povertà e fame che hanno raccontato. Molti di loro sono giovani, dormono per le strade e indossano abiti sporchi. Il loro unico sogno non è il centro di accoglienza ma fuggire, trovare un luogo dove stabilirsi e iniziare una nuova vita. Ovunque andranno, porteranno con loro il grande cuore di Palermo.