«Non per fare il buffone, ma Aldo Moro lo potevo veramente salvare. Allora, con la mia organizzazione, eravamo fortissimi, anche su Roma». Poi però, proprio da Roma, arrivò il contrordine, recapitatogli da Enzo Casillo, il «braccio destro» latitante che circolava con una tessera dei servizi segreti in tasca: «Mi disse che i suoi amici avevano detto di farci i fatti nostri, di non interessarci di Moro… Erano politici di alto grado… La Democrazia cristiana, comunque…». Ma chi, in particolare? «Mi sembra di parlare male, adesso che è morto. Gava, comunque». Lo scrive il Corriere della Sera oggi in edicola. Il salto all’indietro di Raffaele Cutolo, settantacinquenne boss della Nuova camorra organizzala detenuto dal 1979, si arricchisce di nuovi particolari. E nell’ultimo interrogatorio, reso tre mesi fa ai pubblici ministeri di Roma, sostiene che a bloccare l’intervento per liberare il presidente della Dc seque strato dalle Brigate rosse, nella primavera del 1978, fu nientemeno che Antonio Gava, leader
democristiano di sangue partenopeo e futuro ministro dell’Interno. Glielo rivelò Casillo in persona, «che a me mi doveva dire tutto, ogni virgola».