Economia e finanza
Via della seta, accordo quadro con la Cina. Senza rompere la solidarietà atlantica e quella europea il Governo italiano è determinato a proseguire e rafforzare la partnership strategica con la Cina. Lo stesso premier, Giuseppe Conte ha annunciato ieri di essere pronto ad andare in Cina in aprile per il secondo forum sull’iniziativa Belt and Road (Bri) ossia la nuova Via della Seta, megaprogetto che coinvolge oltre 80 Paesi in Asia, Europa ed Africa destinato a mobilitare investimenti per circa 900 miliardi di euro. «Naturalmente anche con gli Usa il dialogo è costante su un dossier così strategico – ha chiarito Conte – ci confrontiamo continuamente; il fatto di essere collocati comodamente nell’Alleanza Atlantica non ci impedisce però di fare scelte economiche e commerciali con la Cina per avere maggiori opportunità». Il premier ha inoltre spiegato che si tratta di un progetto importante di connettività infrastrutturale, che propone grande disponibilità da parte della Cina a coltivare uno scambio. Poste le opportune cautele, ritengo possa essere una grande opportunità per il nostro Paese». L’accordo prevede di stringere una collaborazione in una serie di ambiti: «Strade, ferrovie, ponti, aviazione civile, porti, energia e telecomunicazioni» recita una bozza del documento che fissa la cornice dei possibili accordi.
Bankitalia vede nero: rischi per l’economia. Ignazio Visco affonda la lama sulla gestione della politica economica italiana degli ultimi anni. «L’economia corre rischi concreti», ha ammonito il governatore della Banca d’Italia. «Col senno di poi, forse la politica di bilancio avrebbe potuto essere più prudente», ha osservato nel corso della presentazione del libro “Il sentiero stretto e oltre”, dell’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in collaborazione con Dino Pesole. Una stoccata che non individua con nome e cognome i responsabili ma che lascia chiaramente capire che errori ce ne sono stati, nella passata legislatura e anche in questa. Il governatore ridimensiona le tensioni apparse nel rapporto con l’esecutivo, da ultimo sulla nomina del vice direttore generale dell’istituto. Ma continua a metterlo in guardia sulla politica di bilancio. «Il sentiero è stretto e la coerenza tra il disegno di possibili misure e la loro concreta attuazione non è scontata». Visco sottolinea inoltre la necessità in Italia di una riforma tributaria strutturale a quarant’anni dall’ultimo intervento: «Credo che sia ora», sollecita.
Politica interna
Mattarella contro la tratta delle donne. Un 8 marzo dedicato alla lotta contro la tratta delle donne perché «tante, troppe nel mondo, provenienti dalla povertà più estrema, da contesti di guerra, da terre aride, finiscono nelle reti di crudeli trafficanti di persone». Al Quirinale Sergio Mattarella ha voluto che le celebrazioni fossero dedicate a un tema che molti italiani hanno davanti agli occhi, incrementato anche dai flussi di immigrazione irregolare, pezzi di inciviltà dentro le nostre società. E ha voluto ci fossero anche testimonianze dirette di due ex prostitute, una bulgara e una nigeriana, perché è bene non restare indifferenti e «dare alle cose il nome proprio: schiavitù. L’infame schiavitù del nostro secolo. Dove esiste la schiavitù, la civiltà è negata». «Sono lieto e orgoglioso della loro presenza al Quirinale», ha scandito Mattarella, dopo aver ascoltato commosso «i terribili racconti» di Stefania e Hope. Di fronte ai quali, ha sottolineato, non c’è realismo politico, né opportunismo che tenga. Una Giornata internazionale della donna organizzata in ogni dettaglio sul Colle, per dare forza al messaggio etico, politico e culturale che il presidente ha voluto inviare al Paese.
Tav, ultima mediazione sui bandi. Una decisione sulla Tav il premier Giuseppe Conte la prenderà. E la annuncerà entro domani. «C’è tanto teatro in queste ore – confida il presidente del Consiglio al suo staff sotto pressione nella trincea di Palazzo Chigi – ma vedrete che tutto si sistemerà». Sembra serenità, è soltanto rassegnazione: il via libera alla Torino-Lione è ormai inevitabile, anche se tra mille distinguo. A sera, mette nero su bianco la lettera che invierà a Telt, l’italo-francese incaricata di realizzare l’opera. Lo ha spiegato anche a Luigi Di Maio che converrà accontentarsi di una riduzione del danno: la revisione dei bandi che il consiglio di amministrazione della società ha in programma di sbloccare proprio lunedì 11. Salvini diffonde comunicati rassicuranti, «non apro la crisi, non ho nostalgie del passato». Intanto, spunta uno studio del tecnico grillino No Tav Ponti: lo stesso professore che ha bocciato la Torino-Lione con l’analisi costi-benefici dà parere positivo alla realizzazione dell’alta velocità in Svizzera.
Politica estera
Brexit. Bruxelles ha lanciato una ciambella di salvataggio a Theresa May, ma non basta per far galleggiare l’accordo negoziato tra la premier britannica e l’Unione Europea. Michel Barnier, il negoziatore capo Ue, ha offerto alla Gran Bretagna l’opzione di un’uscita unilaterale dall’unione doganale. «Il Regno Unito non sarà costretto a restare nell’unione doganale contro la sua volontà», ha detto. Il gesto è mirato a rendere accettabile alla maggioranza dei deputati britannici l’accordo concordato tra Londra e Bruxelles, che il Parlamento di Westminster voterà di nuovo martedì 12 mano, dopo averlo respinto con un margine di 230 voti in gennaio. È l’ultima chance di approvare l’intesa prima del 29 marzo, data prevista di Brexit. La “nuova” offerta di Barnier tuttavia è già stata rifiutata dalla premier britannica un anno fa, perché ha un cavillo pesantissimo: l’uscita unilaterale del negoziatore Ue si riferisce in realtà solo alla Gran Bretagna. L’Irlanda del Nord, invece, resterebbe legata all’Europa e in una sorta di mercato unico, fino alla quadra sul confine irlandese.
Orbán a un passo dall’addio ai popolari. Neppure il «cri de coeur» di Silvio Berlusconi sembra più in grado di scongiurare la cacciata di Viktor Orbán dalla famiglia popolare. «Forza Italia non voterà per la tua esclusione. Ti ho sempre difeso e sarò sempre dalla tua parte», ha detto l’ex premier in una telefonata all’amico ungherese, implorandolo di «accettare alcune delle richieste del Partito popolare». Ma il destino di Orbán e del suo Fidesz appare segnato. Il leader magiaro non ci pensa neppure a scusarsi per la campagna denigratoria contro l’Ue e il presidente della Commissione, Jean Claude Juncker, come gli ha chiesto il candidato di punta dei popolari alle europee, Manfred Weber. Anzi, passa al contrattacco. Il premier ungherese annuncia infatti di avere già un piano B: l’abbraccio con i conservatori polacchi dell’alleato Jaroslaw Kaczynski. Una mossa che potrebbe condizionare significativamente i movimenti in corso nella destra europea per costruire un fronte unico nel prossimo Parlamento Ue.