Politica interna
Aumentano i consensi alla lista della Bonino. E intanto Berlusocni pensa alla piazza. Chi ha avuto occasione di sentire il clima del quartier generale renziano racconta di un certo nervosismo perchè la scommessa del leader Pd – cioè tenere “più Europa” della Bonino sotto il 3% – sta traballando. Ad Arcore, invece, il tifo del Cavaliere sui centristi va in direzione opposta: puntare al superamento della soglia. La legge elettorale prevede che le liste tra l’1% e il 3%, conferiscano i loro voti in proporzione ai partiti della coalizione. E’ proprio questa norma che rende differenti le scommesse di Renzi e del Cavaliere rispetto alla logica della coalizione. Con questo meccanismo, infatti, il Pd da solo ingloberebbe tutti i consensi della lista Bonino se non dovesse saltare l’asticella. E riceverebbe in “omaggio” circa tre punti in più, con la possibilità di centrare l’obiettivo di Renzi di diventare il primo gruppo parlamentare e guidare le danze del dopo voto. Diverso è il gioco Berlusconi perché diversa è la coalizione del centro-destra, nel senso che i voti dei centristi – sempre se la lista restasse sotto la soglia – verrebbero distribuiti tra i partiti della coalizione, quindi anche a Salvini. E questo non è interesse del Cavaliere che ha creato la quarta gamba proprio per rafforzare l’asse moderato Ieri la polemica nel centrodestra è stata sulla premiership. L’accordo di coalizione prevede che il partito che otterrà più voti avrà il diritto di proporre il premier. La Meloni annuncia che chiederà a Berlusocni, «appena lo sentirò», di indicare il candidato a Palazzo Chigi di Forza Italia. Berlusconi, che non può ricoprire cariche pubbliche fino al 2019 per effetto della legge Severino, ha sempre detto che «abbiamo tanti nomi in mente», e fatto esplicitamente quello di Antonio Tajani fra gli altri. E per Paolo Romani, capogruppo azzurro, dovrebbe essere più che sufficiente: «Noi non siamo tenuti a dare risposte a nessuno. Abbiamo un leader, che è il nostro candidato, e che per ragioni di correttezza e cortesia la signora Meloni potrebbe evitare di tirare in ballo». Parole molto nette che fanno capire quanto lo stesso ex premier sia irritato per queste uscite, anche se in questo momento il suo obiettivo è solo quello di «vincere». Per questo l’idea che sta maturando nel suo entourage è che — a differenza di quanto si prevedeva — Berlusconi nell’ultima parte della campagna elettorale faccia anche uscite pubbliche: come e dove è allo studio, ma non è esclusa la partecipazione alla manifestazione del Carroccio a Milano il 24 «purché non sia strettamente di marchio leghista e per la premiership di Salvini».
M5S, un buco da 1,4 milioni. II timore è che un paio di «mele marce», come le chiama Luigi Di Maio, diano l’avvio a una caduta a valanga, che trascina nel fango di false dichiarazioni, trucchetti contabili e escamotage da prima Repubblica un drappello ben più ampio di parlamentari a 5 Stelle. Perché se sono veri i calcoli che si fanno in queste ore il buco del tesoretto versato nel fondo del microcredito avrebbe raggiunto la cifra di 1 milione 401 mila euro. Non proprio spiccioli, pur considerando che sono soldi versati volontariamente e considerando che sono tornati indietro 25 milioni di euro. Alla cifra di 1,4 milioni mancanti nel tesoretto del fondo si arriva sommando diverse voci: 530mila versati dai consiglieri di quattro regioni, 606mila dei parlamentari europei e altri da parlamentari fuoriusciti o espulsi che hanno comunque continuato a versare: Non è detto che tutta questa cifra sia stata sottratta indebitamente dai portavoce 5 Stelle. Perché in alcuni casi (vedi Paola Pinna) il versamento sarebbe stato fatto altrove. E perché dai vertici M5S arriva un’ammissione sconcertante: «Abbiamo sbagliato i calcoli». Perché il sito tirendiconto è nato dopo le prime restituzioni, trascritte su file excel e poi ricopiate sul sito. Errori umani, di calcolo, che si sommano alla cresta ammessa da alcuni parlamentari. Che hanno falsificato i dati e mostrato ricevute di bonifici annullati subito dopo. Sebastiano Messina, scrive su Repubblica che quello che sta venendo a galla rivela però un uso sistematico del trucco per aggirare la regola fondamentale del codice grillino, ovvero il taglio degli stipendi dei parlamentari. Il monolite che Grillo ha lasciato in eredità a Di Maio ha una crepa che si allarga di ora in ora, perché si scopre che nel circolo dei puri c’erano degli impuri (due di sicuro, ma forse otto o dieci, forse addirittura di più: lo sapremo presto). Si scopre insomma che loro non sono poi così diversi dagli altri, quando sul tavolo c’è del denaro. E non basta dire, come fa il giovane candidato premier, che lui caccerà tutte le mele marce. Perché ormai le mele marce sono in corsa per il prossimo parlamento, sotto la bandiera a cinque stelle.
Politica estera
Monito Ue alla Turchia sul fermo della nave Saipem. Rischia di diventare un caso diplomatico la vicenda della nave Saipem che avrebbe dovuto effettuare ricerche di idrocarburi nelle acque di Cipro ma che è stata bloccata da navi della marina militare turca «La Turchia deve evitare ogni frizione che possa minacciare o anche azioni dirette contro – uno Stato membro della Ue», ha affermato un portavoce della Commissione. Un ammonimento ribadito poi dal presidente del Consiglio europeo Tusk dopo una telefonata col presidente cipriota Anastasiades. La imbarcazione utilizzata per conto dell’Eni aveva dovuto interrompere II viaggio dopo l’intimazione a non proseguire perché sarebbero in corso attività militari nell’area di destinazione. Area dove in realtà il gruppo ha in programma trivellazioni contestate da Ankara È solo l’ultimo caso di tensioni sui giacimenti offshore nel Mediterraneo meridionale. L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, si è detto sorpreso: «Abbiamo già perforato dei pozzi in analoghe condizioni e non ci è successo assolutamente niente». La mossa di Ankara arriva dopo che l’Eni aveva annunciato una scoperta di gas nel blocco 6, proprio nel tratto di mare rivendicato dai turco-ciprioti. La nave di perforazione si trova al largo di Cipro per compiere attività legittime, nel rispetto dei contratti commerciali con Eni e Total e degli accordi internazionali che definiscono i confini delle acque territoriali, ma è di fatto divenuta ostaggio di una rischiosa partita diplomatica, che oltre ad Ankara e Nicosia coinvolge la Grecia, l’Egitto e, sempre di più, l’Italia e l’Unione europea (di cui anche Cipro fa parte). Un vaso di coccio insomma, costretto alla paralisi al costo di 600mila dollari al giorno.
Oxfam, lascia la vice «Provo vergogna» L’Ue: fondi a rischio. Lo scandalo dei festini con prostitute ad Haiti rischia di travolgere la britannica Oxfam, una delle più grandi organizzazioni internazionali per la cooperazione e gli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Ieri si è dimessa la numero due, Penny Lawrence, che ha detto di «vergognarsi» per l’accaduto e si è assunta la piena responsabilità per l’insabbiamento dell’inchiesta interna sui fatti del 2011. Ma intanto è la stessa esistenza di Oxfam a venir messa a rischio: ieri la ministra britannica per la cooperazione, Penny Mordaunt, ha convocato i responsabili dell’organizzazione e ha minacciato di tagliare i generosi finanziamenti pubblici: l’hanno scorso Oxfam ha ricevuto dallo Stato 32 milioni di sterline, quasi 40 milioni di euro. La Mordaunt ha intimato alla charity di mostrare «leadership morale» e di consegnare tutte le informazioni relative all’uso di prostitute da parte dei cooperanti. Anche l’Unione europea ha chiesto massima trasparenza a Oxfam e ha minacciato di «smettere di finanziare qualsiasi partner che non si attenga ad alti standard morali».
«Quello che è successo è molto grave, ma si tratta di casi isolati e non abbiamo nascosto niente», risponde Roberto Barbieri, direttore della Oxfam Italia, interpellato da Repubblica. C’è stato un cover-up” da parte della Oxfam? «Assolutamente no. Non abbiamo mai occultato nulla. È una triste vicenda che avevamo scoperto e punito con il licenziamento del personale coinvolto, notificandola alla Charity Commission, la commissione che sovraintende agli aiuti umanitari nel Regno Unito». La Lawrence si è domessa «èerché è una persona molto seria. L’errore di non accorgersi che il dirigente delle operazioni di Haiti era già stato coinvolto in comportamenti analoghi in precedenza in Ciad è avvenuto sotto la sua supervisione. Per questo ha dato le dimissioni. Non per un insabbiamento che non c’è stato».
Economia e Finanza
Nel “Def” dei partiti ricette incerte su debito e surplus. Un tasso di crescita che rimane invariato nel più “prudente” degli scenari, quello targato Pd, e che invece sale a ritmi più o meno intensi a colpi di politica economica negli altri casi; perché spinto dalle riduzioni fiscali, centrali soprattutto nelle diverse Flat Tax del centro-destra, oppure dagli investimenti pubblici «ad alto potenziale», che giocano da protagonisti nei programmi di Liberi e Uguali e Movimento 5 Stelle. Le privatizzazioni escono praticamente di scena, con l’unica eccezione di Forza Italia, ma il «combinato disposto» di misure e analisi di contesto produce in tutti i casi riduzioni più o meno rapide del debito. II passivo torna al 100% in dieci anni negli obiettivi del Partito democratico, impiega la metà del tempo per fare lo stesso percorso nei progetti di Forza Italia, e scende in fretta anche secondo gli altri partiti. Il tutto, sempre, grazie all’ottimismo che anima tutti gli scenari, e a calcoli complicati da cifrare in modo solido a preventivo sugli effetti delle diverse proposte, fiscali e non. Il risultato è che tutti i «Def dei partiti» sono più espansivi rispetto all’ultimo Def ufficiale, aggiornato nell’autunno scorso dal governo: ma fanno scendere il debito a ritmi generalmente più intensi rispetto alle previsioni “bollinate”. Intervistato dal Sole 24 Ore Maurizio Lupi, coordinatore di Noi con l’Italia non ha dubbi che il suo partito supererà «lo sbarramento del 3%» ma garantisce che con i suoi voti la cosiddetta quarta gamba del centrodestra risulterà «decisiva» per far prevalere l’area moderata della coalizione e conquistare la maggioranza di governo. E sulla flat tax dice: «Bisogna partire gradualmente. Noi proponiamo di passare subito a 3 aliquote portando la mediana al 27% e allo stesso tempo estendere la no tax area. Sto parlando di una manovra da 2 punti di Pil, che è dunque realizzabile. È inutile fare promesse se poi non si possono mantenere!». Dario di Vico, sul Corriere della Sera ritiene che i temi dell’impresa siano stait rimossi dai partiti: «Il tasso di conoscenza dei problemi dell’economia moderna di cui potrà godere il prossimo Parlamento si prevede ai minimi storici».
Ministeriali, arretrati entro febbraio. E da oggi via all’Ape volontaria. Arretrati alla fine di questo mese e aumenti definitivi con lo stipendio di marzo. Si è concluso anche formalmente – con la firma finale presso l’Aran, l’agenzia pubblica che si occupa della contrattazione – il rinnovo per 240 mila dipendenti pubblici delle amministrazioni centrali. L’intesa raggiunta a fine dicembre diventa quindi definitiva dopo i passaggi alla Ragioneria generale dello Stato e alla Corte dei Conti: prevede per i lavoratori dei ministeri delle agenzie fiscali e degli altri enti l’incremento medio di 85 euro al mese. L’una tantum con gli arretrati avrà invece un valore compreso tra i 370 e i 712 euro, relativi agli aumenti (parziali) già maturati dal 2016 in poi. da 1.274 a 1.344. A questo punto dopo l’accordo già raggiunto per scuola e università (che a sua volta dovrà essere formalizzato) e quello per militari e forze di polizia (da tradurre in un decreto del Presidente della Repubblica) restano da definire i rinnovi di altri due pezzi molto importanti della macchina amministrativa pubblica: autonomie locali, ovvero Regioni e Comuni, e sanità. Per il primo comparto, nel quale si trovano poco meno di 500 mila lavoratori, i tempi dovrebbero essere piuttosto stretti: dopo che il ministero dell’Economia ha dato il via libera all’integrazione dell’atto di indirizzo per domani è fissato un appuntamento all’Aran che potrebbe sfociare in un’intesa già entro la settimana. Intanto dopo mesi di attesa decolla anche la versione volontaria dell’Ape, il prestito pensionistico oneroso che consente di lasciare il lavoro con 3 anni e 7 mesi di anticipo rispetto ai requisiti previsti dalla legge. Da oggi infatti sul sito dell’Inps è in funzione il simulatore sui costi del prestito, in modo tale da consentire a ogni interessato di valutare la convenienza o meno di questo strumento, scegliere la durata del prestito e l’importo dell’anticipo e quindi la rata che andrà restituita e di conseguenza la pensione residua a cui si avrà diritto una volta maturati i requisiti pieni. L’ok definitivo all’Ape dovrà però arrivare dall’Inps cui spetta vagliare la sussistenza di tutti i requisiti e quindi concedere il nullaosta ed al tempo stesso comunicare l’importo minimo e massimo che si può chiedere.