Politica Interna
I fondi della Lega sequestrati. La botta è forte. Ai piani alti e nelle ramificazioni periferiche della Lega si avverte un nervosismo senza precedenti. Perché ora — dopo la decisione dei giudici di Genova di autorizzare la Procura a confiscare somme fino a un totale di 49 milioni, come restituzione per la truffa subita dallo Stato tra il 2008 e il 2010 ad opera del Carroccio di Bossi e Belsito — «il partito di Salvini non ha più la possibilità di spendere un euro» senza infrangere una sentenza. D’ora in poi, è la preoccupazione che assilla i vertici della Lega, stipendi, spese per le feste territoriali, fondi per la propaganda sarebbero «congelati» in assenza di una specifica autorizzazione del pubblico ministero. «Il sequestro di 49 milioni di euro è la sentenza più politica che ci sia mai stata», si sfoga il sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento, Guido Guidesi. «E allucinante – sbotta – che quelli del Pd ci attacchino gridando: “Ridate i soldi”. Non si rendono conto del precedente che è stato creato, che quella sentenza interviene sul processo democratico del Paese». Il sequestro cautelativo di una somma così ingente con una sentenza di primo grado, di cautelativo ha ben poco visto che, nei fatti, ha un effetto immediato: priva un partito delle risorse necessarie per affrontare le prossime elezioni europee o regionali. Insomma, interviene subito, appunto, sul processo democratico e colpisce in primo luogo quelli che sono la parte lesa delle ruberie dell’ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, cioè gli elettori della Lega.
La legge anticorruzione e il crollo del ponte. A sera il consiglio dei ministri dà il via libera al disegno di legge «spazzacorrotti», il testo caldeggiato dal M5S e dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Esulta il premier Giuseppe Conte: «Per essere credibili in Italia dobbiamo creare un ambiente, una regolazione di forte contrasto alla corruzione. Questo è il primo di una serie di passaggi che dovranno restituire al nostro Paese competitività». Più enfatico il vicepremier Luigi Di Maio, che rimarca come «la lotta alla corruzione farà risparmiare miliardi di euro allo Stato, che potremo utilizzare per le imprese e per le persone senza lavoro, per la scuola, la sanità e i servizi pubblici». Il Guardasigilli Alfonso Bonafede (M5S) sventola la bandiera del «Daspo a vita per condanne superiori ai 2 anni» da applicare agli imprenditori che proveranno a corrompere i pubblici ufficiali. Tecnicamente si tratta dell’interdizione dai pubblici uffici che, sebbene definita «a vita», avrà la durata massima di 15 anni. E nel frattempo arrivano notizie da Genova per quanto riguarda le indagini sul ponte crollato: «Le manutenzioni sul viadotto Morandi erano carenti…». Lo scrivono i magistrati nell’avviso di garanzia con il quale, per il crollo che il 14 agosto scorso ha fatto 43 vittime, chiamano in causa, indagano 20 dirigenti di Autostrade per l’Italia e del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, con i suoi due bracci operativi che sono il Provveditorato alle Opere pubbliche della Liguria e l’Ufficio territoriale ispettivo.
Politica Estera
Trump. Caccia alla «gola profonda» nell’amministrazione Trump, dopo la pubblicazione sul «New York Times» di un editoriale anonimo, in cui un membro del governo rivela di far parte della «resistenza interna» che cerca di boicottare il capo della Casa Bianca. Il presidente ha gridato al tradimento, chiedendo al giornale di rivelare la fonte, mentre stavolta anche la first lady Melania è intervenuta in suo aiuto. Uno dopo l’altro, i leader dell’amministrazione hanno smentito di essere gli autori, ma il nuovo colpo si somma al libro imbarazzante in via di pubblicazione a firma Bob Woodward, «Fear», e soprattutto aggiunge un tassello molto grave e preoccupante: all’interno del governo c’è chi ha discusso l’ipotesi di invocare il venticinquesimo emendamento della Costituzione, che consente di rimuovere il capo della Casa Bianca quando non è più in grado di svolgere le sue funzioni. Luci accese fino a notte fonda alla Casa Bianca. E caccia grossa al «sabotatore», ma intanto altri «infedeli» parlano coi giornali dicendo di pensarla come lui o raccontando che Trump è un vulcano in eruzione e che nella West Wing, l’ala degli uffici principali, tira aria di meltdown, di tracollo.
Sovranisti. Un fronte unico progressista contro le destre. È l’idea che circola tra Bruxelles e le capitali di mezza Europa per reagire all’orbànizzazione dei popolari Ue. Una diga che partirebbe da Tsipras passando per socialisti e verdi raggiungendo i liberali e infine Macron. Con un messaggio: le elezioni di maggio si giocheranno tra europeisti e sovranisti. Se il percorso resta accidentato, una scossa l’ha data la candidatura in quota Ppe di Manfred Weber come successore di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione Ue. Un nome vissuto dal centrosinistra come possibile ponte tra il tradizionale mondo conservatore e quello che si va formando intorno all’ultradestra sovranista incarnata da Orbàn, Salvini, Afd e i polacchi di Kacyinski. La destra — che usa l’eufemismo di “sovranismo” come patente di legittimità — cresce a macchia d’olio nei sondaggi del Nord del continente, non meno che a Est e a Sud. Alle elezioni di domenica in Svezia, le previsioni dicono che la nazionalista Sverige Demokraterna (Sd) si potrebbe piazzare tra il terzo e il primo posto. Forse i socialdemocratici vinceranno, ma la crescita delle destre potrebbe mettere a dura prova il futuro governo.
Economia e Finanza
Intesa sull’Ilva. Con uno scatto notturno, salendo da 10.300 a 10.700 assunzioni come base di partenza, la trattativa su Ilva si è sbloccata portando ieri alla firma dell’accordo. Entro il 14 settembre si svolgerà il referendum con i lavoratori e se ci sarà esito positivo dal giorno dopo inizierà l’era di Arcelor Mittal, capofila della cordata Aminvestco. La gara non sarà annullata a questo punto, ha confermato il ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio, sostenendo la tesi del mancato «interesse pubblico concreto e attuale». La procedura si chiude formalmente oggi (acquisito un ultimo approfondimento dell’Ambiente) e si attende la pubblicazione del parere dell’Avvocatura dello Stato. La ventilata riconversione dell’impianto – uno dei punti inclusi nel contratto di governo – non ci sarà e bisognerà vedere la reazione del territorio e degli ambientalisti. «Vareremo una legge speciale per Taranto dice Di Maio». «Metteremo risorse nella legge di bilancio» aggiunge il ministro. I lavoratori Ilva manterranno i diritti acquisiti incluso l’articolo 18, condizione prevista anche dal precedente governo. Luigi Di Maio dichiara: «Guardi, abbiamo ottenuto il miglior risultato possibile con le peggiori condizioni possibili. Avevo davanti una gara illegittima che però non poteva essere annullata e un contratto sottoscritto da un anno e tenuto segreto. Sono stati ottenuti miglioramenti sia sul piano occupazionale sia su quello ambientale».
Verso la manovra. Le parole rassicuranti sul bilancio pronunciate negli ultimi giorni dagli uomini alla testa del governo hanno tranquillizzato i mercati, ma non hanno diradato tutte le nubi. Non quelle che continuano ad addensarsi tra Roma e Bruxelles. Certo in Italia il cambio di direzione attorno alla prossima legge di Bilancio, benché per ora solo a parole, è piuttosto evidente. «Una manovra nel segno della crescita nella stabilità», la definisce ora il premier Giuseppe Conte. «Non sfidiamo l’Europa, rassicureremo i mercati», aggiunge il vicepremier Luigi Di Maio. «Rispetteremo i vincoli», dice l’altro vicepremier Matteo Salvini. A Bruxelles sono in molti a chiedersi cosa vogliano dire esattamente queste parole. Se il loro significato fosse quello che indicava Salvini stesso giorni fa — un obiettivo di deficit «di poco sopra» al 2% del Prodotto interno lordo — allora i problemi dell’Italia con la Commissione Ue potrebbero non essere risolti. Quest’anno infatti dovrebbe chiudersi con un disavanzo fra l’1,6% e l’1,9% del Pil, quindi superare la soglia del 2% nel 2019 implicherebbe almeno due problemi. Sul piano simbolico, quella scelta renderebbe l’Italia l’unico Paese dell’area euro che aumenta il deficit, anziché ridurlo durante la ripresa. C’è poi un altro problema anche più serio, perché far salire il deficit oltre il 2% del Pil comporta un peggioramento di quello che gli addetti chiamano il «saldo strutturale». Alla vigilia del negoziato con Roma sulla prossima manovra di bilancio, Jean Claude Juncker, presidente della Commissione europea si dice «rassicurato» dalla posizione del governo italiano, propenso ad applicare il programma con gradualità e senza strappi alle regole. Pierre Moscovici, il vicepresidente incaricato degli affari economici, che tra domani e sabato incontrerà a Vienna, a margine dell’Ecofin informale, il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, proprio per cominciare a parlare dei numeri della manovra, mantiene però una linea severa. «Le regole devono essere rispettate. C’è flessibilità e l’Italia ne ha tratto beneficio, è nel loro interesse ridurre il debito pubblico».