Politica Interna
Vertice Di Maio – Salvini. Non sono bastate quattro ore di confronto, nel chiuso di Palazzo Chigi e con la mediazione di Giuseppe Conte, per districare i nodi che rischiano di strozzare la maggioranza. Dopo giorni di tensioni, accuse e sospetti incrociati, Luigi Di Maio e Matteo Salvini hanno fatto il punto sull’azione del governo, passando in rassegna i dossier più divisivi. Almeno sul metodo, i due vicepresidenti del Consiglio si sono trovati d’accordo: «Dobbiamo ripartire dal contratto di governo». I fronti di scontro restano molti, ma sulla cornice della manovra economica l’intesa c’è. II deficit al 2,4% per ora non si tocca. Di Maio definisce le misure dell’esecutivo Conte «irrinunciabili», Salvini invece evita di mettere nero su bianco la maggiore flessibilità del Carroccio rispetto alle richieste dell’Europa. Alle quattro, quando il lungo incontro è finito da pochi minuti, il leader della Lega fa uscire una nota in cui — per siglare la tregua – si richiama al contratto dell’alleanza gialloverde. Non c’è alcun rischio di rottura: «Siamo positivi e lavoriamo come Lega e M5S in sintonia per la crescita e il cambiamento del Paese». II termine sintonia stride con il lungo elenco di questioni su cui gli azionisti della maggioranza si stanno accapigliando: la Tav e il Tap, il decreto fiscale e il destino degli istituti di credito, la Bce e la manovra, i giornali, la sicurezza, la Rai… Ma Salvini, forte dei sondaggi che lo premiano, indossa i panni del pompiere e fa filtrare che i rapporti con l’alleato sono solidi, che l’orizzonte del governo resta la legislatura. «Non abbiamo parlato di Rai, è una questione che stanno risolvendo Salini e Foa», ha detto Salvini al termine del vertice.
Salva-banche, il piano anti spread. Patto nel governo. – Grandi opere, è caos nel governo. Conte si scusa, colpa mia il sì al Tap – Tav, Di Maio chiede aiuto a Salvini “Blocco dei lavori o imploderemo” – Colpo a Merkel, crolla Cda e Spd in Assia. Boom dei Verdi – Bolsonaro sbanca, così il Brasile svolta a destra
Rai. Non c’è più solo il Tg1 a bloccare la partita della Rai ora c’è anche una nuova richiesta di Matteo Salvini a frenare la corsa al ribaltone. Il vicepremier leghista per dare il via alle nomine in viale Mazzini chiede infatti agli alleati di promuovere Casimiro Lieto, uno degli autori de La Prova del cuoco, alla direzione di una rete. Al momento senza successo: l’ad Salini non raccoglie, e del resto la contropartita sarebbe la richiesta al capo della Lega di rinunciare a Gennaro Sangiuliano al Tg2. Sono ore decisive. Il vertice di ieri a palazzo Chigi tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini non è bastato a sciogliere gli ultimi nodi che da mesi bloccano la tv pubblica. Ma per la prima volta nella maggioranza c’è ottimismo. La partita dovrebbe concludersi entro questo pomeriggio, in tempo per far arrivare i curricula dei candidati ai consiglieri Rai che devono riceverli 48 ore prima del cda, convocato per mercoledì pomeriggio. Salvo un nuovo rinvio. A poche ore dalle nomine il tentativo della maggioranza giallo verde è non intestarsi il ribaltone. Nel frattempo il Pd riapre la querelle sull’accesso agli atti della Vigilanza sulla elezione di Marcello Foa a presidente e avverte: negare ai parlamentari la visione delle schede è un precedente pericoloso. Forte di un parere legale che conferma che la disciplina dell’accesso ai documenti amministrativi per la Camera dei deputati risponde a un apposito regolamento, che riconosce ai parlamentari il diritto di accesso ai documenti amministrativi (con pochissime eccezioni come i documenti coperti dal segreto di Stato), il democratico Michele Anzaldi ha presentato un’istanza a Roberto Fico sulla votazione in Vigilanza di Marcello Foa a presidente della Rai.
Politica Estera
Elezioni regionali in Germania. L’Assia infligge un’altra, dura sconfitta alla Cdu della cancelliera Angela Merkel e ai suoi alleati della Spd. Ma se l’Unione cristiano-democratica rimane tuttavia il primo partito e continuerà in qualche modo a governare il Land, i socialdemocratici subiscono un tracollo storico scendendo addirittura sotto la barra del 20%, il peggior risultato del Dopoguerra. Come in Baviera due settimane fa, la crisi dei due partiti popolari beneficia i Verdi, che registrano una nuova avanzata. Continua anche a crescere la popolarità dei populisti dell’Afd, che con l’Assia conquistano l’ultimo parlamentino regionale con il 13,7% dei voti. In crescita sia i liberali della Fdp, che la sinistra antagonista della Linke. Se il terremoto di Wiesbaden non ha la stessa intensità di quello bavarese di due settimane fa, nondimeno il suo sciame sismico si farà sicuramente sentire anche a Berlino.
Bolsonaro in Brasile. È confermata la svolta a destra in Brasile. Sarà Jair Bolsonaro, 63 anni, ex capitano dell’esercito, il presidente per quattro anni a partire dal prossimo 10 gennaio. Al ballottaggio ha sconfitto Fernando Haddad, candidato del Partito dei lavoratori ed erede di Lula, per un margine di oltre 10 punti, il 55,1% contro il 44,9. «Cambieremo il destino del nostro Paese», ha detto. Lo scenario di una svolta conservatrice, con una piattaforma molto esplicita soprattutto sul piano dei costumi, meno definita sull’economia, si andava delineando da qualche settimana, dopo che Bolsonaro aveva fatto il pieno di voti moderati al primo turno, annientando nelle urne i rappresentanti dei partiti tradizionali. Le previsioni non sono state smentite. I primi risultati arrivano poco dopo le 19, le 23 in Italia. Sono quelli degli exit poll. La folla che si è radunata sotto casa di Jair Bolsonaro esplode in un boato.
Economia e Finanza
La Manovra. Nella settimana che si apre il governo cercherà di chiudere il testo del disegno di legge di Bilancio in modo da presentarlo finalmente in Parlamento. La manovra è stata infatti approvata nelle linee guida il 15 ottobre dal consiglio dei ministri ma l’articolato non è stato ancora inviato alle Camere, cosa che sarebbe dovuta avvenire entro il 20 ottobre. Ovviamente il ritardo che sta accumulando il governo comprime i tempi dell’esame parlamentare che dovrà concludersi entro il 31 dicembre con l’approvazione del disegno di legge di Bilancio nell’identico testo alla Camera e al Senato. La manovra contiene interventi per circa 37 miliardi di euro nel 2019, coperti per 22 miliardi di euro con un aumento del deficit, che raggiungerà il 2,4% del Pil, e per 15 miliardi di euro da tagli di spesa (6,9 miliardi) e maggiori entrate (8,1). Al momento non è ancora chiaro se le misure principali della manovra, «reddito e pensioni di cittadinanza» fino a 780 euro al mese (9 miliardi il costo della misura) e «quota 100» per consentire il pensionamento con 62 anni d’età e 38 di contributi, entreranno direttamente nel disegno di legge di Bilancio o saranno oggetto di provvedimenti collegati o di emendamenti durante l’esame in Parlamento. Ma la riforma delle pensioni si sgonfia. Dovrebbe riguardare meno persone del previsto. Ecco perché il governo sprizza ottimismo. L’Europa e gli investitori internazionali – è il ragionamento – quando capiranno che la controriforma Fornero graffia meno del previsto, smetteranno di attaccare l’Italia. I tecnici hanno già fatto di conto. Su 6,7 miliardi stanziati nel 2019, ad esempio, potrebbero esserne usati solo 5.
Grandi opere. Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, mette “la faccia” sul caso Tap. «Mi dispiace – dice – che i parlamentari pugliesi siano stati criticati e contestati. Se “colpa” deve essere, attribuitela a me». Una difesa necessaria dopo la rivolta dei parlamentari e dei consiglieri regionali pugliesi che hanno attaccato il premier e il suo portavoce, Rocco Casalino, nel merito. E soprattutto nel metodo: hanno comunicato la notizia prima alla stampa che a loro. Conte va anche in soccorso del vicepremier Luigi Di Maio che aveva parlato di penali miliardarie, quando invece penali non esistono. «Chi sostiene che lo Stato – dice Conte – non sopporterebbe alcun costo o costi modesti non dimostra di possedere le più elementari cognizioni giuridiche. Se il governo italiano decidesse adesso, in via arbitraria e unilaterale, di venire meno agli impegni sin qui assunti anche in base a provvedimenti legislativi e regolamentari, rimarrebbe senz’altro esposto alle pretese risarcitorie dei vari soggetti coinvolti nella realizzazione dell’opera e che hanno fatto affidamento su di essa». Ma la strada per bocciare la Torino-Lione sembra ormai tracciata. Pur di calmare i bollenti spiriti di un «Movimento 5 Stelle» che fatica sempre di più a ingoiare bocconi amari sull’altare dell’accordo governativo Di Maio-Salvini, il leader della Lega pare disposto a sacrificare la Tav, la linea ferroviaria di Alta velocità, il corridoio meridionale del collegamento tra l’Ovest e l’Est dell’Europa. In cambio del «sì» al gasdotto che passerà in Salento e, probabilmente, al Terzo Valico tra Genova e il Nord europeo, il prezzo del cedimento leghista, pur di salvare un’alleanza di governo traballante, potrebbe essere valutato da Salvini come il male minore.