Economia e Finanza
Il Def. Probabilmente ci sarà un riferimento sia agli sgravi alle famiglie sia ai primi passi di una flat tax. Lo promettono Luigi Di Maio e Matteo Salvini, per una volta d’accordo, in vista dell’approvazione oggi pomeriggio del Def, il Documento di economia e finanza che traccia le previsioni economiche del governo. Ma dal Mef arriva una frenata, all’insegna della prudenza finanziaria: anche se il Def è solo un documento programmatico, non lo si può caricare di troppe promesse, vista la delicatissima situazione economica e la congiuntura che attraversa il Paese. E’ anche un balletto di parole quello che si svolge intorno al documento che dovrebbe essere approvato oggi. Il vicepremier grillino dice che sarà «garante» della misura cara alla Lega, che la flat tax «entrerà» nel documento, «ma con il coefficiente familiare come avevamo chiesto, affinché della riduzione non ne possa beneficiare chi è già ricco, ma le famiglie che ne hanno realmente bisogno». «Si può fare per gradi a partire dall’anno prossimo, stiamo pensando a una soglia di reddito familiare di 50 mila euro», precisa il vicepremier leghista. Con il via libera al Def prende corpo un fitto calendario di appuntamenti che da qui al prossimo autunno porranno i conti pubblici del nostro paese al centro delle valutazioni “tecniche” e “politiche” di Bruxelles. Per questo, pur tenendo conto dei limiti insiti in un documento dal profilo prettamente programmatico, quello di oggi si presenta come un passaggio tutt’altro che marginale.
Rimborsi bancari. Alla fine ha la meglio l’opzione del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. L’incontro tra il governo e le associazioni dei risparmiatori truffati dalla banche si conclude con l’accettazione del meccanismo di rimborso predisposto nei giorni scorsi da Tria: l’accesso automatico al ristoro vale solo per i risparmiatori con un reddito inferiore a 35 mila euro o un patrimonio mobiliare fino a 100 mila euro, tutti gli altri casi saranno esaminati da una commissione nominata dal ministero dell’Economia. Questa duplice modalità di indennizzo collegate alle vicende di Banca Etruria, Banca Marche, CariFerrara, CariChieti, Popolare di Vicenza e Veneto Banca stabilisce un rimborso forfettario diretto per i truffati con redditi medio bassi, circa il 90% dei casi, e un arbitrato nel restante 10% dei casi. I 35mila euro che apriranno le porte all’indennizzo diretto ai risparmiatori colpiti dai crack bancari saranno riferiti al reddito Irpef 2018 e non all’Isee. Il parametro alternativo sarà quello dei 100mila euro di investimenti in titoli, anche questo riferito al 2018; che si calcolerà, nuovo dato emerso ieri al tavolo, senza includere i titoli bruciati nei default e ora al centro della partita-rimborsi. Nel conto, insomma, entreranno solo i depositi e gli altri investimenti.
Politica Interna
Il rapporto Lega – M5S. C’è da chiedersi come mai lo scontro tra M5S e Lega sia a intermittenza totale o diplomatizzato. Risponde certamente a una tattica elettorale. Le due forze di maggioranza si devono distinguere tra loro e soprattutto il vicepremier Luigi Di Maio dalla Lega di Matteo Salvini per non regalargli voti. Ma anche quest’ultimo, oltre a criticare i suoi alleati, deve rivendicare le cose buone che l’esecutivo gialloverde avrebbe fatto: se non altro per giustificare il proprio ruolo e quello del suo partito. Alla base di questo approccio confuso, tuttavia, si nota una preoccupazione più di fondo. Nel momento in cui M5S e Lega decidono di dirsi «la verità», finiscono per sottolineare comportamenti e scelte altrui che ciascuno disapprova. Per questo alla fine ricorrono a una fraseologia meno diretta. Non è solo questione di tenuta del governo: quello andrà avanti almeno fino alle Europee; e se fosse per Di Maio e Salvini anche dopo. II problema è di rapporto con l’elettorato. I fronti tra Movimento e Lega sono sempre aperti, nonostante Luigi Di Maio — alludendo alla sua lettera di ieri al Corriere — chiarisca: «Ci siamo detti tutto, ora dobbiamo lavorare».
Le elezioni europee. Vecchie conoscenze, ma anche volti nuovi della politica per la corsa alle candidature alle Europee che si chiudono mercoledì 17 aprile, in vista di una campagna elettorale lunga 40 giorni. Che si concluderà con il voto domenica 26 maggio. II Partito Democratico ha già scoperto molte carte: Franco Roberti — magistrato, ex procuratore nazionale antimafia, poi assessore alla Legalità della giunta campana — sarà il capolista dei democratici nella circoscrizione Sud. Un nome pesante legato alle politiche della sicurezza e dell’antimafia, quello di Roberti, tirato fuori dal neo segretario Nicola Zingaretti per arginare l’annunciata marcia trionfale del ministro dell’Interno Matteo Salvini che punta ora anche ai voti del Sud. Con i capolista mirati al Nord (Giuliano Pisapia a Ovest e Carlo Calenda a Est), con David Sassoli e Simona Bonafè (Centro) e con il medico di Lampedusa Pietro Bartolo (Isole), la prima squadra del Pd-Siamo europei è quasi al completo. Nel frattempo Matteo Salvini lancia i sovranisti europei.
Politica Estera
Il voto in Israele. I sei milioni di israeliani che oggi potranno recarsi alle urne per rinnovare i 120 membri della Knesset, il Parlamento, sulla scheda troveranno una quarantina di partiti, una dozzina dei quali realmente in grado di superare lo sbarramento del 3,25% previsto dalla legge: solo due, secondo le previsioni, otterranno più di 10 deputati. Il Likud di Netanyahu e il Partito Blu e Bianco di Gantz di centrodestra: i sondaggi li danno testa a testa. Molti sostenitori di Benjamin Netanyahu non vogliono credere ai presunti scandali che stanno mettendo in difficoltà il primo ministro, al potere in Israele da 10 anni. Quando parlano dell’elezione di oggi, la più incerta degli ultimi 20 anni, preferiscono puntare il dito su due piatti forti: la sicurezza e l’economia. Difficile contraddirli: da quando Netanyahu è tornato al Governo, nel 2009, Israele ha vissuto un decennio di prosperità. L’economia di questo Paese di quasi nove milioni di abitanti ha registrato performance invidiabili per molti Paesi industrializzati.
Libia. I combattimenti si intensificano alle porte di Tripoli. Ieri le forze del generale Haftar che assediano la capitale libica hanno lanciato un raid aereo contro l’aeroporto di Mitiga controllato dal governo di unità nazionale del premier Sarraj. Un consigliere comunale di Tripoli, Ahmed Wali, parla di strage sfiorata perche l’attacco sferrato da un caccia è avvenuto «mentre stava per decollare un aereo con 200 persone a bordo diretto in Arabia Saudita per il pellegrinaggio alla Mecca». L’Italia però resta in Libia. Lo fa con circa 500 uomini: i dipendenti dell’ambasciata italiana, i marinai della nave officina alla fonda nel porto di Tripoli e i circa 400 tra medici militari e logistici che lavorano ancora nell’operazione Ippocrate, all’ospedale di Misurata. E l’Italia resta anche capofila in Europa e a fianco dell’Onu per un’azione polltico-diplomatica volta a far ritirare Haftar ed avviare la conferenza di Gadames il 14 aprile, primo passaggio per un percorso che porti a nuove elezioni. Un’azione congiunta e coordinata quella messa in campo anche ieri dal premier, Giuseppe Conte, dell’ambasciatore italiano a Tripoli Giuseppe Buccino (che ieri ha incontrato il presidente del Governo di unità nazionale Fayez al Serraj) e dell’Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza della Ue, Federica Mogherini. Ma il quadro resta sempre molto critico