Economia e finanza
Scenario italiano. Oggi la stima preliminare dell’Istat sul Pil del primo trimestre dovrebbe evidenziare il ritorno al segno positivo dopo due periodi consecutivi di calo. Il probabile +0,1% (trainato dal buon rimbalzo della produzione industriale) rappresenta un sospiro di sollievo per il governo, anche se le criticità rimangono comunque ben presenti, come evidenziato ieri dal Centro studi di Confindustria. Attesa per la reazione dei mercati, rimasti tiepidi dopo la “grazia” concessa da Standard&Poor’s. Un’inversione di tendenza sarebbe di certo salutata con favore. “Qualunque sia il dato diffuso oggi sono del parere che l’economia italiana si trovi in una situazione migliore di quella del 2012-13, epoca dell’ultima recessione”, sostiene per esempio François-Xavier Chauchat, capo economista di Dorval Asset Management. Intanto entra in extremis nel decreto crescita la riorganizzazione del Fondo sviluppo e coesione da 60 miliardi, dedicato agli investimenti pubblici e al riequilibrio territoriale. Il ministero del Sud e l’Agenzia per la coesione territoriale cercano in questo modo almeno un parziale rimedio a una situazione ormai cronica: il Fondo ha infatti percentuali di spesa che per il periodo 2014-2020 sono pari ad appena l’1,5% delle risorse programmate.
Bankitalia. Questa sera il Consiglio dei ministri dovrebbe sciogliere il nodo nomine su Bankitalia e Ivass. Il premier, Giuseppe Conte, sembrerebbe intenzionato a proporre l’assenso su tutte le scelte per il nuovo Direttorio effettuate dal Consiglio superiore. Quali decisioni usciranno dalla riunione prevista in serata, dopo il rientro di Conte e dei due vice premier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, dalla missione a Tunisi, non è tuttavia scontato. La soluzione scongiurerebbe il rischio di mettere in stallo il funzionamento sia della Banca d’Italia, sia dell’Istituto di vigilanza sulle assicurazioni, il cui presidente è il Direttore generale della stessa Bankitalia. Nel caso invece la mediazione di Conte non andasse a buon fine si aprirebbe formalmente un conflitto istituzionale senza precedenti, in cui sarebbe chiamato ad intervenire il Capo dello Stato. La tradizione di indipendenza della Banca d’Italia è sempre stata una garanzia in più nel Paese a più alto debito del mondo dopo la Grecia. Un dettaglio da non trascurare in una fase politica in cui al governo c’è una maggioranza che ha aumentato la spesa senza preoccuparsi delle reazioni dei mercati internazionali.
Politica interna
Tensioni nel governo. Oggi l’atteso faccia a faccia tra Matteo Salvini e il premieri Giusepe Conte, nel quale probabilmente il leader leghista ribadirà l’intenzione di non cedere alle “pulsioni giustizialiste” del M5S sul caso Siri. Assente Luigi Di Maio, che ha preferito raggiungere Tunisi direttamente ieri sera da Varsavia, dove si è trattenuto due giorni per tessere le sue alleanze in vista delle Europee. Il caso del sottosegretario ai Trasporti Armando Siri finito sotto inchiesta per corruzione resta in cima alle “emergenze” irrisolte. Il senatore leghista potrebbe essere ascoltato la settimana prossima dai pm di Roma che conducono l’indagine. Solo dopo ci sarà il chiarimento politico col premier Conte, mentre Di Maio continua il pressing per le dimissioni. Ma il caso Siri non è l’unico fronte di tensione tra Lega e M5S: il governatore del Veneto, Luca Zaia, va infatti all’attacco dell’alleato di governo sulla questione autonomia: “I Cinque Stelle con tutti i loro dubbi e distinguo vogliono forse portare all’agonia il progetto dell’autonomia? Perché questo è il modo migliore per creare un cadavere eccellente”. Intanto nel M5S si apre il fronte di chi si dice disposto ad accogliere l’invito al dialogo di parte del Pd (esplicitato da Delrio): categorico il no di Di Maio, che invece considera il movimento alternativa alle attuali forze di sinistra.
Voto in Sicilia. Nei 34 comuni siciliani dove si eleggeva il sindaco, la Lega ha raccolto mediamente il 10 per cento. Tanto, se si pensa che partiva da zero e una volta da queste parti Salvini sarebbe stato accolto a sassate; ancora poco, tuttavia, per dichiarare l’annessione del Profondo Sud alla Padania, e soprattutto numeri deludenti alla luce della campagna elettorale condotta dal vicepremier in prima persona. I suoi candidati sono approdati al ballottaggio in due soli comuni: a Mazara del Vallo e a Gela, dove il leghista Giuseppe Spata sfiderà una strana alleanza tra Forza Italia e Pd, nata a sostegno di Lucio Greco. La vendetta salviniana contro i seguaci del Cav si è consumata a Caltanissetta (unico capoluogo di provincia domenica alle urne): la destra priva dei leghisti non è riuscita a eleggere direttamente il sindaco per un nonnulla, col risultato che dovrà vedersela al ballottaggio con i grillini. Domenica, invece, il M5S sembra avere rallentato la sua marcia. Il Movimento ha perduto i sindaci a Gela e Bagheria, pur conquistando il ballottaggio a Caltanissetta e a Castelvetrano. La questione, però, non è tanto la misura del risultato dei due alleati di governo. Quanto, piuttosto, l’immagine del loro rapporto. Sempre più competitivo, in parte conflittuale.
Politica estera
Spagna. In Spagna quasi certamente il nuovo governo non arriverà prima del voto europeo del 26 maggio. I 123 seggi conquistati da Pedro Sánchez non sono i 176 necessari per la maggioranza assoluta, ma è anche vero che le destre assieme arrivano a 147, quindi per avere la maggioranza relativa basterebbero al partito socialista appena 25 deputati in più. E 42 si sono già offerti, quelli di Unidas Podemos di Pablo Iglesias, il partito antisistema degli Indignados. Le misure proposte dai Socialisti in accordo con Podemos si focalizzano “sulla coesione sociale e su una redistribuzione delle risorse più equa, dopo i disastri provocati dalla recessione e dall’austerity”. Sanchez intende rivedere il sistema fiscale e dare sostegno alle fasce più deboli della popolazione. Il suo programma prevede di alzare le tasse peri redditi più alti e per le grandi imprese e anche di introdurre una tassa sui grandi patrimoni. Inoltre dalle urne sono uscite rafforzate le forze indipendentiste catalane e basche. Un messaggio di cui i socialisti dovranno in qualche modo tenere conto.
Isis. Abu Bakr al-Baghdadi, leader dell’Isis, riappare quasi 5 anni dopo l’ultimo messaggio del 2014, quando raccolse l’eredità di Al Zarqawi. Appesantito ma all’apparenza in buona salute, Al Baghadi è seduto a gambe incrociate su cuscini a fiori, la barba è tinta con l’henné come abitudine dei salafiti, le pareti spoglie per non fornire troppi elementi a chi osserva. Parla in arabo, accento iracheno, il tono è pacato, l’indice si alza verso il cielo solo un paio di volte. Al-Baghdadi è nascosto in qualche rifugio in mezzo al deserto fra la Siria e l’Iraq, incita alla guerra santa e alla vendetta sui nuovi fronti aperti dall’Isis, in particolare in Africa e nello Sri Lanka. Le immagini diffuse ieri sono considerate autentiche dagli analisti specializzati. Di certo arrivano in un momento cruciale. Anche se il califfato fisico è distrutto, l’Isis ha mostrato di essersi riorganizzato in modalità Al-Qaeda, un gruppo del terrore mondiale capace di portare attacchi devastanti in ogni angolo del pianeta.