Politica interna
Autonomie, verso il rinvio Luca Zaia, che su questa partita si gioca un pezzo di credibilità personale, la mette in modo malizioso: «Questa è la politica del carciofo, via un petalo al giorno per arrivare al cuore. Ma stiano attenti perché poi resta la punta». Dal plebiscito veneto che ha detto sì all’autonomia differenziata sono passati due anni. Il governatore leghista – e con lui il collega lombardo Attilio Fontana – non sanno più che inventarsi per rassicurare la base elettorale. La soluzione alle richieste del Nord non c’è ancora, ma la battaglia dei due presidenti ha raggiunto l’obiettivo di mettere il problema al centro dell’agenda politica. Per Matteo Salvini – inventore della Lega nazionale – è una faccenda difficile da gestire. E Giuseppe Conte, premier di fatto designato dai Cinque Stelle, non può non tenere conto delle obiezioni dell’altro partner di governo, i cui voti sono sempre più concentrati al Sud. Da Palazzo Chigi fanno sapere che dai due vertici tecnici previsti per oggi – uno con gli esperti del Tesoro, l’altro con i due ministri Erika Stefani (Regioni) e Alberto Bonisoli (Cultura) non usciranno conigli dal cappello. Il nodo – lo spiega bene Zaia – «sono i soldi». Il Nord vuole poter trattenere più gettito fiscale nei suoi confini, e il timore di Conte – il quale ha sul tavolo una nota poco rassicurante dei suoi uffici giuridici – è quello di un travaso di fondi da Sud a Nord. Ecco perché l’aria che si respira a Palazzo è quello dell’ennesimo rinvio. Il consiglio dei ministri già annunciato per giovedì quasi certamente slitterà, anche perché Conte ha preso l’impegno di un confronto con i due governatori ribelli. Lo scenario più probabile è un’intesa di massima che rinvii i nodi al dibattito parlamentare. Lo si intuisce dalle parole dei vertici pentastellati, del presidente della Camera Roberto Fico e di Luigi di Maio: «Se qualcuno gioca a spaccare l’Italia non lo permetteremo. L’autonomia va fatta, ma la dobbiamo scrivere bene. E dobbiamo ascoltare i governatori che chiedono dialogo».
Caso Siri, rese note nuove intercettazioni di Arata Il faccendiere Francesco Paolo Arata, consulente della Lega in materia di energia, si vantava di aver parlato direttamente con Salvini dell’incarico di governo per Armando Siri, l’amico che doveva sbloccare un fiume di finanziamenti: «Salvini non sa dove mettere Armando – diceva al figlio Francesco, il 23 maggio 2018- poi io gli ho detto che deve fare il vice ministro con la delega all’energia e lui lo ha chiesto a Salvini e Salvini ha chiamato anche casa nostra ieri». La Dia di Trapani precisa che non risultano conversazioni intercettate fra Arata e Salvini, ma nelle 300 pagine dell’ultimo rapporto depositato ai pm di Roma, il 6 maggio, emerge comunque un quadro inquietante di pressioni nei giorni della formazione del governo gialloverde. Ma emergono anche contatti tra Arata, che è stato deputato di Forza Italia, e Gianni Letta La telefonata da Arcore «Armando l’ho fatto chiamare io da Berlusconi – diceva soddisfatto Arata – cazzo non c’era riuscito, devo dire che Letta è sempre un amico… sono andato lì… gliel’ho detto… dico chiama… chiama Armando… perché Armando… dice… sai se non mi sostiene Berlusconi».In una intercettazione si ascolta Marco Perini, collaboratore di Siri, dire ad Arata padre: «So che oggi Armando ha ricevuto una telefonata da Arcore». E lui commentava: «Quindi è stato utile l’intervento che abbiamo fatto». Poi, raccontava l’incontro con Letta: «Mi ha detto, non l’ho ancora fatto, allora intervengo subito. Ci mancherebbe altro, è una persona che stimiamo molto».
Economia e finanza
Autonomie, la proposta delle imprese Nell’infuocato dibattito sul progetto di riforma del governo scende in campo la Confindustria: una maggiore autonomia «può accrescere le condizioni di competitività dei territori e costituire l’occasione per le Regioni virtuose di incrementare l’efficienza complessiva del sistema pubblico» ha detto Stefan Pan, vicepresidente della confederazione e responsabile per le politiche di coesione territoriale. Le Confindustrie regionali hanno adottato una linea comune, «articolata in varie proposte, per rendere il trasferimento delle funzioni coerente con i valori costituzionali e le esigenze del mondo produttivo» spiega Pan. E il presidente di Confindustria Boccia ha annunciato che «a breve» il documento sarà pubblico, «nella speranza di dare un contributo ad una vicenda che non deve indebolire il Paese e deve essere nell’interesse di tutti»
Reddito di cittadinanza, i dati dell’Inps Le domande non accolte di reddito di cittadinanza non sono solo un quarto, come comunicato sin qui dall’Inps. Ma molte di più, quasi il 40%: Lo rivela lo stesso Istituto di previdenza con i dati aggiornati e diffusi ieri mese per mese. Su 1,4 milioni di richieste presentate – da marzo al 15 luglio quelle accettate risultano poco più di 895 mila. La differenza – 505 mila, sopra il mezzo milione – va divisa tra i rifiuti veri e propri per mancanza di requisiti (il 25-27% circa) e tutte le domande sospese. Il grosso di queste richieste congelate viene da famiglie straniere, le più permeabili ad alti indici di povertà assoluta, alcune anche con la cittadinanza italiana, bloccate da paletti resi molto stringenti dal Parlamento in sede di conversione in legge del decretone istitutivo del reddito di cittadinanza. Paletti poi finiti in una circolare Inps altrettanto rigida, incluso il recupero della documentazione nei paesi di origine. La probabilità che queste domande da congelate diventino rifiuti veri e propri è quindi molto alta.
Politica estera
Migranti, nuovo scontro Macron – Salvini È ancora botta e risposta a distanza sui migranti tra il vice-premier italiano Salvini e il presidente francese Macron dopo la conclusione del vertice dei ministri dell’Interno europei svoltosi ieri a Parigi per un secondo tempo supplementare dopo la riunione, assai poco risolutiva, di Helsinki. Salvini non è andato, come già aveva anticipato giovedì nella capitale finlandese, dove il suo omologo Castaner si era impegnato con i colleghi in un nuovo incontro a stretto giro. Ma Macron, che porta a casa un primo accordo di massima tra 14 Paesi membri su temi che comprendono anche la redistribuzione attacca l’«assente ingiustificato» e gli manda a dire quante cose si possano fare anche senza di lui. Salvini si era dichiarato subito indisponibile al nuovo summit per «lo scarso preavviso», salvo poi precisare in una lettera inviata domenica a Castaner la propria contrarierà sostanziale alla bozza franco-tedesca per quella menzione specifica del «primo porto sicuro di approdo» che penalizzerebbe i Paesi di sbarco, alias Italia e Malta. Si ridiscuta il documento, il reiterato dictat del titolare del Viminale: oppure non se ne fa nulla. Salvini ha poi replicato alle esternazioni del presidente francese: «quella riunione – ha detto – è stata un flop, l’Italia non prende ordini: se Macron vuole discutere di immigrati venga pure a Roma». Difficile immaginare posizioni più distanti. Il leader leghista rifiuta l’approccio «efficace e umano» rivendicato da Parigi e Berlino perché, sostiene, condannerebbe l’Italia e la sua nuova alleata mediterranea Malta ad essere «l’hotspot d’Europa». Su queste basi aveva inviato ieri nella capitale francese una delegazione tecnica incaricata di affossare qualsiasi tentativo di documento condiviso.
Golfo, si inaspriscono le tensioni Il governo di Teheran annuncia di aver arrestato 17 iraniani, identificati come agenti della Cia sotto copertura. L’operazione è stata condotta nelle scorse settimane, ma l’Iran ha deciso di renderla nota soltanto ieri, in pieno scontro con gli Stati Uniti e la Gran Bretagna. La squadra si sarebbe infiltrata «in infrastrutture sensibili» come basi militari e installazioni nucleari. Obiettivo: raccogliere informazioni, senza sabotare le attività. Donald Trump ha subito commentato la notizia con un tweet: «È tutto falso, completamente falso. Sono solo ulteriori bugie e propaganda». Per il presidente americano «questo regime religioso sta fallendo miseramente e non ha idea di che cosa fare. La loro economia è morta e andrà anche peggio. L’Iran è nel caos più totale». Nel corso della giornata, parlando con i giornalisti nello Studio Ovale, Trump ha aggiunto che adesso «sarà difficile negoziare». Al momento la diplomazia sembra spiazzata dai continui incidenti nello Stretto di Hormuz. Alla linea di scontro tra Usa e Iran si è aggiunta quella tra Londra e Teheran. Ieri il gabinetto di Theresa May ha esaminato le possibili contromisure da adottare, dopo che i pasdaran hanno sequestrato una petroliera britannica nel Golfo Persico. L’idea è quella di affiancare una scorta militare alle navi cargo in transito per lo Stretto. In un primo momento si era parlato di «coalizione europea», ma il ministro degli Esteri Jeremy Hunt suggerisce un’altra formula: «Proporremo alla Camera dei comuni di costituire una più ampia alleanza di Paesi, compresi quelli che hanno un approccio differente dal nostro rispetto all’accordo nucleare». Chiaro il riferimento agli Stati Uniti, che hanno ripudiato il protocollo sull’energia atomica. E in effetti solo l’intesa angloamericana può produrre qualche risultato, con la Quinta Flotta già pronta nelle acque del Bahrein. Tutte le altre ipotesi sembrano velleitarie