Economia e finanza
Abe a Roma in vista del G-20. A poco più di un mese dal tour europeo del presidente cinese Xi Jinping iniziato proprio in Italia, la visita a Roma del suo alter ego regionale, l’altrettanto assertivo premier giapponese Shinzo Abe, traccia la road map di un nuovo interesse geopolitico del vecchio continente che, evidentemente, guarda sempre più a est. «Italia e Giappone ribadiscono la comune volontà di sostenere un multilateralismo efficace, basato sul’Onu, sull’attuazione degli accordi di Parigi sul clima, sulla lotta al protezionismo e sul sostegno a un sistema di scambi commerciali equo e aperto facente perno sul Wto» sintetizza il presidente del Consiglio Conte sorridendo al collega che annuisce alla menzione del prossimo G20 di Osaka. Di buon mattino ieri a Roma il primo ministro giapponese ha avuto un colloquio informale con il vicepremier italiano nell’albergo che lo ospitava. Fonti della Lega hanno indicato che c’è stata una «piena condivisione» sui temi di politica economica, sociale e controllo dell’immigrazione. Del resto, ormai da qualche tempo, Salvini a chi gli fa notare il peso del debito pubblico sull’Italia, risponde ripetendo una battuta: “Japan model, Japan model”, sottolineando così che il Giappone sopravvive e cresce nonostante il debito pubblico elevato.
Salva-Roma dimezzato. Non è vero che il Salva-Roma, come sostengono i 5 Stelle, è stato «solo» dimezzato: il pressing della Lega dell’altra notte in Consiglio dei ministri ha infatti letteralmente svuotato il provvedimento inserito nel Decreto crescita che avrebbe dovuto mettere l’ente guidato da Virginia Raggi al riparo da una quasi scontata futura crisi del debito. Di sette commi che componevano l’articolo 38, intitolato «Debiti enti locali», ne sono infatti rimasti in piedi appena due, il primo e l’ultimo. Il primo disponeva la fine della gestione straordinaria a partire dal 2021 ed il trasferimento al Campidoglio della gestione di tutto il debito storico della Capitale (12 miliardi), mentre l’ultimo autorizzava l’amministrazione comunale a concedere anticipazioni allo stesso commissario per far fronte a temporanee carenze di liquidità già previste per il 2020-2021 a causa del disallineamento tra entrate ed uscite. E il saldo è negativo per il Campidoglio per 340 milioni perché fra i crediti ci sono i 600 milioni del salva-Roma 2014, promessi con legge dello Stato a carico del commissario ma mai arrivati al Comune.
Per ora, sostiene il premier Conte «è stato definito un percorso sul quale il Parlamento potrà intervenire». «Non servono soldi ma un’amministrazione più efficiente», ribatte il leader leghista Matteo Salvini.
Politica interna
Duello su Siri, deciderà il premier. La palla del caso Siri passa in mano al premier Conte. Deciderà lui sulla permanenza al governo del sottosegretario leghista, indagato per corruzione, non prima di averlo ascoltato e incontrato. A metterlo in chiaro è lo stesso presidente del Consiglio, precisando che «esiste un principio di etica pubblica, per cui è possibile prendere una decisione politica anche prima di una sentenza definitiva». Conte sentirà dunque Siri prima della sua partenza per la Cina, lo incontrerà al suo ritorno «guardandolo negli occhi» e poi prenderà le sue decisioni «tenendo conto del principio di innocenza a cui come giurista sono molto sensibile». Anche se il presidente del Consiglio non fa mistero di considerare «legittima» la posizione dei 5 stelle, che con il vicepremier Di Maio tornano a chiedere le dimissioni di Siri: «Sulla legalità non facciamo passi indietro. C’è una gran bella differenza tra garantismo e, diciamola così, paraculismo». Salvini è imbufalito: «Chi parla di Lega deve sciacquarsi la bocca, con la mafia non abbiamo nulla a che vedere».
Mattarella e il 25 aprile: il secondo Risorgimento. Che cosa pensi dei revisionisti, dei nostalgici, di tutti quelli dalla memoria corta o ansiosi di calare il sipario sulla Resistenza e sugli altri miti fondanti della nostra Repubblica, Sergio Mattarella ce lo dirà oggi da Vittorio Veneto, intorno a mezzogiorno, dal palco del teatro Lorenzo Da Ponte. Riavvolgerà il nastro della storia e spiegherà perché, dopo 74 anni, ha ancora senso celebrare la Liberazione, e come mai ne conversi molto più di quanto si possa immaginare. Già ieri ne ha fornito qualche anticipazione, incontrando al Quirinale gli esponenti delle associazioni combattentistiche e d’Arma, accompagnate dalla ministra della Difesa Elisabetta Trenta. La tesi presidenziale è che il 25 aprile significò riscatto e rinascita. Riscatto dal regime fascista e rinascita dalle rovine lasciate dalla guerra. Il 25 aprile resta insomma un momento fondante della Repubblica, «il nostro secondo Risorgimento». Sergio Mattarella parla dieci minuti ma sono parole scelte con cura, proprio mentre il ministro dell’Interno Salvini derubrica il 25 aprile «a un derby fascisti-comunisti», annunciando che per lui è più importante la lotta alla mafia.
Politica estera
Bengasi prepara la marcia contro i soldati italiani. Nel cuore delle basi del maresciallo Khalifa Haftar, l’ostilità per le scelte di campo considerate filo-tripoline del governo italiano solleva passioni e accuse davvero pesanti. Per domani si stanno organizzando a Bengasi e Tobruk cortei di protesta contro Roma. Soprattutto, dopo le richieste di sostegno e aiuto a Roma da parte della coalizione della Tripolitania che fa capo a Fayez Sarraj, anche le forze in Cirenaica che stanno con l’uomo forte di Bengasi chiedono all’Italia di essere ascoltate, accusandola persino di sostenere il terrorismo assieme a Turchia e Qatar. E lo fanno in queste ore con un appello dai toni forti di denuncia contro le «mosse pro Tripoli» italiane e, come scrivono, contro la «presenza di soldati italiani con compiti poco chiari e sicuramente non di carattere umanitario». Intanto, nel pieno degli scontri incrociati alle richieste internazionali di cessate il fuoco, il ministro degli Esteri italiano Moavero Milanesi ha scritto alla Commissione Ue chiedendo la predisposizione preventiva delle misure di sostegno previste dai Trattati in caso di «flussi anomali dalla Libia». «La questione migratoria può essere vista in modi diversi da quelli che spesso possono sembrar prevalere» spiega il ministro italiano ammettendo possibili eccessi nella preoccupazione. E però, aggiunge, è bene essere preparati.
Kim Jong-un va da Putin. La Russia ha riservato a Kim Jong-un un’accoglienza in pompa magna. Dopo un lungo viaggio sul suo treno blindato color verde carro armato, il dittatore della Corea del Nord è arrivato ieri a Vladivostok, dove oggi incontrerà per la prima volta Putin e discuterà con lui della questione nudearenordcoreana. Dopo i due vertici interlocutori con Trump (il secondo un fiasco in verità), Kun vuole ora dimostrare che può contare su Mosca per alleviare le sanzioni imposte a Pyongyang per i suoi test missilistici e nucleari Putin vuole invece consolidare il ruolo del Cremlino come interlocutore chiave per la penisola coreana. Per la prima volta nei nuovi panni di leader giramondo, Kim affronta un viaggio all’estero senza il suo braccio destro, il 74enne ex capo dello spionaggio, negoziatore con l’America. Dall’intelligence della Corea del Sud arriva una mezza spiegazione: Kim Yong-chol è stato rimosso dalla guida del Dipartimento del fronte unito, l’organismo che a Pyongyang si occupa delle relazioni con Seul e di quelle con Washington. Kim Yong-chol, alter ego del segretario di Stato Usa Mike Pompeo nel dialogo nucleare, avrebbe pagato il fallimento del vertice di Hanoi con Trump.