Economia e finanza
Il G7 accende un faro su Libra. Tutti contro Libra: la criptovaluta annunciata da Facebook riesce a mettere d’accordo i Sette Grandi, al contrario divisi su una lunga serie di temi. Tanto che il vertice dei ministri delle Finanze, iniziato ieri nella fiabesca cornice di Chantilly, potrebbe chiudersi oggi con un comunicato congiunto sulla moneta del social network creato da Mark Zuckerberg. Complice anche la difficoltà di trovare un accordo sull’altro grande tema in discussione, la web tax, il padrone di casa, il ministro delle Finanze Bruno Le Maire, ha fatto delle criptovalute il punto centrale del vertice. I ministri hanno espresso la «necessità di agire rapidamente. Nessuno può accettare che multinazionali con oltre un miliardo di utenti si trasformino in Stati privati, dotandosi di una moneta capace di competere con valute sovrane» ha detto Le Maire, il quale ha evocato «rischi di riciclaggio e per la lotta al finanziamento del terrorismo». Parigi ha chiesto a Benoit Coeuré, membro del board della Bce, di costituire una task force e un rapporto preliminare è atteso per oggi. «I ministri delle Finanze e i banchieri centrali hanno tutti serie preoccupazioni» su Libra, ha detto il tedesco Olaf Scholz, per il quale serve «un’azione rapida».
Manovra. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte accoglie la proposta di Luigi Di Maio di tenere a Palazzo Chigi una serie di workshop con tutte le parti sociali in vista della manovra, per un confronto sulle proposte economiche per il Paese. L’idea è stata avanzata ieri da Di Maio sulle pagine del Sole 24 Ore e ha trovato concorde il premier Conte. Verrà pubblicato un calendario di incontri e tutti i ministri parteciperanno. Primi tavoli su Fisco, Sud e salario minimo. Lo scorso lunedì era stato Matteo Salvini a convocare al ministero dell’Interno 43 sigle tra sindacati e associazioni datoriali per discutere della prossima manovra. Il presidente di Confindustria, Boccia: «La prima Flat tax dovrebbe essere sul mondo del lavoro. Noi abbiamo proposto il taglio del cuneo fiscale». Le priorità per il Paese in vista della prossima legge di bilancio su cui concentrare tutte le risorse per il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sono due: riduzione del cuneo fiscale e rilancio delle infrastrutture. E sui due punti «tutte le associazioni d’impresa e tutti i sindacati sono d’accordo». Boccia avverte che «il clima da campagna elettorale continua non è utile al Paese», ma più che alle continue fibrillazioni che agitano il governo è alla sostanza che punta. A suo parere oggi le parole d’ordine devono essere «meno debito, meno deficit e più crescita».
Politica interna
Il premier in Senato sul Russiagate.A riferire sul Russiagate in Aula al Senato andrà mercoledì prossimo non Matteo Salvini, ma Giuseppe Conte. Quanto basta per scatenare lo scontro tra la Lega e il premier. Conte cala la sua carta di buon mattino, accogliendo la richiesta che le opposizioni di Pd e Leu avevano inoltrato anche a lui. E negando nei fatti la tesi del vicepremier leghista, ossia che si tratti di «fantasie» che non giustificano un’informativa. La distanza tra il presidente e il suo vice è massima. La mossa di Conte serve a a rimarcarla, in nome delle linee guida che aveva indicato lunedì scorso: la «trasparenza nei confronti dei cittadini» e la «fedeltà agli interessi nazionali». «Ho una concezione sacrale del Parlamento e delle istituzioni», afferma il premier. E a chi gli chiede di commentare il rifiuto di Salvini, risponde così: «Sono il presidente del Consiglio, la massima autorità di Governo». La mossa del premier marcia parallela al perdurante silenzio del segretario della Lega nonché vicepremier, Matteo Salvini, secondo il quale «in Parlamento ci si va a riferire sulle cose vere e non sulla fantasia….».
«D’altronde, – aggiunge il ministro – Conte ribadisce ogni giorno che è il presidente del Consiglio. Io non mi alzo la mattina dicendomi: ‘Matteo, sei ministro dell’Interno’. Detto questo, andrò in Parlamento a ribadire quello che ho sempre detto».
Lite gialloverde sulla nomina di von der Leyen. Non ci sta la Lega a passare per traditore degli interessi nazionali. La narrazione imposta dal premier Conte e dai 5S, secondo cui il no a Ursula von der Leyen avrebbe indebolito l’Italia e compromesso la possibilità di ottenere un commissario di peso nel governo Ue, ha fatto andare su tutte le furie gli uomini del Carroccio. «Siamo al ribaltamento della realtà, sono loro ad aver tradito gli italiani che il 26 maggio hanno votato per noi e per i 5S con l’obiettivo di cambiare l’Ue e si sono ritrovati alla presidenza la candidata di Merkel, Macron e Pd». Non hanno gradito i colpi sparati ad alzo zero dai grillini. Quel post pubblicato al mattino sul blog delle Stelle per svelare i termini del presunto patto stretto anche «dai Paesi di Visegrad per condizionare ogni decisione futura in Europa. Poi la Lega, all’ultimo secondo, ha deciso di sfilarsi. Pur di colpire noi, hanno scelto di condannarsi all’irrilevanza». È sempre più in salita e insieme confusa la scelta di un candidato italiano per la nuova Commissione europea, dopo la scelta della Lega di piazzarsi all’opposizione e di non sostenere la von der Leyen. Toccherà a Giuseppe Conte sbrogliare una matassa che per ora è fatta di accuse incrociate fra i due partiti. I nomi che circolano sono quelli del sottosegretario Giancarlo Giorgetti, la ministra Giulia Bongiorno, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Di sicuro all’Italia è arrivata l’indicazione di fornire due nomi, un uomo e una donna, perché la von der Leyen ha dichiarato di volere una Commissione con una parità di genere.
Politica estera
Commissione Ue. Il voto di fiducia che la nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha strappato martedì sera a Strasburgo non è stato solo risicatissimo e peggiore delle attese. Ha anche messo in luce la spaccatura del Parlamento europeo e degli stessi gruppi parlamentari, così come nuove tensioni con il Consiglio. La legislatura si presenta difficile, a cominciare dal voto di fiducia che in autunno l’assemblea dovrà concedere al collegio dei commissari. «È stata la fiera delle menzogne», nota un funzionario parlamentare. Tre gruppi avevano deciso dopo lunghi tira-e-molla di dare il proprio sostegno alla signora von der Leyen: in tutto popolari, socialisti e liberali totalizzano 444 deputati sui 747 parlamentari registrati. Nel voto di fiducia, a scrutinio segreto, la nuova presidente della Commissione ha ottenuto appena 383 voti a favore, rispetto a una maggioranza di 374. Molti deputati non hanno rispettato la promessa di votare a favore. Ottenuta la presidenza, ora sono ventisei le caselle da completare (27 in caso di rinvio della Brexit) con almeno tredici donne. Ursula von der Leyen ha soltanto due mesi tempo (pausa estiva inclusa) per mettere a punto la sua squadra con le pedine che le saranno fornite dai governi Ue. Non sarà semplice trovare uno schema di gioco equilibrato e funzionale. La prossima presidente della Commissione europea si insedierà il 1° novembre, però il team von der Leyen dovrà essere pronto con almeno un mese di anticipo. Già dal 30 settembre partiranno le audizioni dei commissari davanti agli eurodeputati e il 22 ottobre a Strasburgo ci sarà la votazione finale sull’intero esecutivo Ue.
Kurdistan, ucciso diplomatico turco. Un agguato a bruciapelo, che non ha lasciato scampo e che potrebbe dare vita a una crisi diplomatica fra Turchia e il governo regionale del Kurdistan. Ieri mattina in un ristorante di Erbil, una delle località più importanti in territorio nord iracheno, un killer in abiti civili è entrato in un ristorante sulla strada dell’aeroporto, uccidendo un iracheno e un diplomatico in servizio al consolato turco nella città. Una terza persona coinvolta, anche questa irachena, è ricoverata in ospedale in condizioni gravi. Stando a quanto riferito dal proprietario del ristorante, tutto si è svolto nel giro di pochi minuti. L’assassino, che forse aveva dei complici, è entrato nel locale con due pistole in mano, aprendo il fuoco contro il diplomatico turco e coinvolgendo anche il tavolo di fianco, dove erano seduti i due iracheni. La notizia ha sconvolto tutti. La Turchia e la Regione autonoma curda del Nord Iraq hanno sempre trattenuto relazioni amichevoli, fin da quando questa è stata creata, nel 2005. L’area intorno a Erbil ospita le roccaforti dei militanti curdi del Pkk, bombardate regolarmente da Ankara e attaccate da maggio anche sul terreno dalle forze speciali turche nell’Operazione Artiglio, entrata ora nella sua seconda fase. Durissima la condanna della Turchia. Il portavoce del presidente Recep Tayyip Erdogan, l’ambasciatore Ibrahim Kalin, ha promesso una “risposta appropriata”.