Economia e finanza
Assemblea Confindustria L’Italia tra vent’anni: la visione «di un Paese migliore, da costruire con il coraggio delle scelte di oggi». Con la consapevolezza che «possiamo farcela» anche grazie alla nostra industria. È il messaggio di Vincenzo Boccia dal palco dell’assemblea di Confindustria. Il presidente degli imprenditori si è rivolto alla politica: «Deve raccogliere la sfida per il nostro futuro oggi, subito». Serve il coraggio di decidere, come recita il video proiettato prima del discorso, che descrive l’Italia in cui vivrà, tra 20 anni, un bambino nato il 22 maggio. In platea il capo dello Stato Mattarella, accolto da una lunga ovazione; presenti anche il premier Conte e il ministro dello Sviluppo Di Maio. Occorre, ha detto Boccia, ridurre «deficit e debito, rassicurando i mercati finanziari senza compromettere la crescita». Il suo intervento è stato contrassegnato da critiche dirette alle misure del governo, per esempio l’eco-bonus, o alle tante dichiarazioni disinvolte dei membri dell’esecutivo. «Le parole di chi governa non sono mai neutre: influenzano le decisioni di investitori, imprenditori, famiglie. Le parole che producono sfiducia sono contro l’interesse nazionale», osserva Boccia. Ma il cuore dell’intervento è l’apertura a una stagione di collaborazione. «Costruiamo insieme un piano triennale, credibile e ambizioso, che ci permetta di trattare con i partner europei un aggiustamento graduale, serio e strutturale, affiancato a misure per sostenere la difficile fase congiunturale». Confindustria propone «al governo e alle opposizioni di collaborare insieme» con l’obiettivo di «evitare un autunno freddissimo per la nostra economia». L’elenco delle proposte non è nuovo: riduzione del costo del lavoro, un piano shock per le infrastrutture, tempi più rapidi per la giustizia, un salto di qualità nella pubblica amministrazione e il pagamento dei debiti di quest’ultima nei confronti delle imprese.
Crescita, le stime dell’Istat L’economia nazionale potrebbe crescere quest’anno dello 0,3%, in forte rallentamento rispetto al +0,9% del 2018, e sostanzialmente solo grazie al traino della domanda interna netta, mentre i contributi della domanda estera e della variazione delle scorte sarebbero pari a zero. È quanto prevede Istat nell’analisi diffusa ieri, uno scenario che pur tagliando di un punto pieno le stime del novembre scorso offre ora una prospettiva migliore sia delle stime governative (+0,2% il quadro programmatico Def) sia della Commissione Ue (+0,1%). Le ipotesi degli analisti scontano due rischi al ribasso: un’ulteriore contrazione del commercio internazionale e un aumento dell’instabilità finanziaria. Variabile quest’ultima che porterebbe con sè un peggioramento delle condizioni di credito a imprese e famiglie. Se invece tutto filasse liscio, in un quadro di politica monetaria ancora accomodante, un aumento dello 0,5% dei consumi e dello 0,3% degli investimenti determinerebbe la crescita prevista (nel Def gli investimenti farebbero +1,4%). «La crescita è meno forte di quanto auspicato ma più forte di quanto atteso» ha affermato il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, a margine della ministeriale Ocse a Parigi. Due giorni fa l’Ocse aveva previsto una crescita zero per l’Italia, contro il -0,2% di qualche mese prima: «Se tutta l’Europa, come previsto, avrà una ripresa nel secondo semestre – ha aggiunto Tria – avremo una crescita maggiore anche per l’Italia. Si è visto in passato che mese dopo mese venivano abbassate le previsioni di crescita, ora vediamo che mese dopo mese vengono aumentate le previsioni di crescita». Mentre il premier, Giuseppe Conte, ha parlato di stime prudenziali del governo: «Siamo fiduciosi che i provvedimenti adottati e in cantiere e i nuovi strumenti consentiranno all’economia di poter crescere, siamo fermamente convinti che l’Italia possa farcela».
Politica interna
Conte e Salvini al Quirinale: rinvio per i decreti Finisce con una comunicazione alla stampa di pochi minuti il braccio di ferro dentro il governo sul decreto Sicurezza caro alla Lega: dopo essere stato più di un’ora al Quirinale, a colloquio con Sergio Mattarella (che successivamente ha visto anche Matteo Salvini) e aver parlato con i suoi due vice, il premier comunica che i due decreti, compreso dunque quello sulla famiglia caro a Di Maio, slittano alla prossima settimana, dopo il voto per le Europee. «Ho sentito Salvini e Di Maio e abbiamo convenuto che è complicato tenere un Consiglio dei ministri domani o dopodomani», annuncia il premier Giuseppe Conte. «Non mi do fuoco se rinviamo di una settimana», commenta a stretto giro Salvini. Conte ha anche premura di difendere il ruolo esercitato dal capo dello Stato in questi due giorni: Mattarella non ha fatto alcuna invasione di campo è il senso delle sue parole.Di mattina Conte interviene all’assemblea di Confindustria, dove assieme a Di Maio riceve un’accoglienza tiepida, almeno rispetto a quella riservata a Mattarella. In ogni caso il premier si dice convinto che nella seconda metà dell’anno lo scenario economico possa migliorare: «Siamo ferocemente determinati. Siamo fermamente convinti che l’Italia possa farcela, che tutti noi possiamo farcela. Riportiamo il Paese nell’orizzonte che gli spetta, un orizzonte di crescita, di sviluppo sostenibile».
Elezioni europee, nubi sulla tenuta del Governo C’è il premier Giuseppe Conte nel mirino di Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Ecco la strategia che filtra a tre giorni dal voto. Se le urne assegneranno alla Lega il primato, con ampio distacco dal M5S, allora l’unica alternativa al voto anticipato sarà la sostituzione del presidente del Consiglio. Con un leghista. «Così non si può andare avanti – è l’avviso di sfratto che lancia il sottosegretario alla presidenza davanti alla stampa estera – Salvini per sua natura nel Palazzo non ci vorrebbe stare. Ma se arriva il plebiscito credo che dovrà farsi carico dell’onere e dell’onore di rivestire un ruolo superiore rispetto a quello ricoperto oggi». E un gradino sopra il vicepremier c’è solo la poltrona dell’avvocato pugliese. Una soluzione “alla Renzi”, insomma, che defenestrò Letta senza passare per le urne. Qualche ora dopo, stavolta lontano dai riflettori, Giorgetti si spinge oltre. «Sono pronto a fare un passo indietro e a dimettermi se le cose non cambieranno, se il governo non comincerà a fare le cose che la gente si aspetta».
Politica estera
Elezioni europee, oggi il voto in Gran Bretagna il voto europeo di oggi in Gran Bretagna (con i seggi che si aprono anche in Olanda) annuncia un cataclisma sull’intero sistema politico britannico. Il partito di Theresa May nei sondaggi viene punito per come ha gestito la Brexit. Il nuovo partito di Nigel Farage, il Brexit party, che ha un unico punto all’ordine del giorno: portare a termine il divorzio dalla Ue. è riuscito a drenare i consensi di tutti quelli che avevano votato per la Brexit e si sono sentiti traditi dall’establishment politico. Nelle ultime concitate ore prima del silenzio elettorale c’è un’unica certezza, quella dei sondaggi, che darebbero Nigel Farage come il trionfatore del turno elettorale europeo. I numeri parlano di un risultato tra il 30 e il 37%, mentre Theresa May tenta di sedare la «rivolta» di una parte del governo e dei deputati conservatori, scatenata dall’annuncio della premier di un’apertura alla possibilità di un voto parlamentare per permettere di tenere un secondo referendum, nel caso in cui il suo accordo fosse approvato. Nella giornata di ieri si sono addirittura inseguite voci di dimissioni di May, che avrebbero dato un ulteriore colpo a un partito che secondo i sondaggi è destinato già a percentuali umilianti: attorno al 12%. Ma la Brexit ha scompigliato le carte anche a sinistra. I laburisti sono rimasti imprigionati nelle loro contraddizioni, incapaci di assumere una posizione chiara sull’Europa. E allora i voti dell’elettorato antiBrexit stanno migrando: in primo luogo verso i liberaldemocratici, il partito tradizionalmente europeista alleato di Macron, che vengono dati ormai al 19 per cento, molto avanti al Labour, fermo al 13.
Elezioni in Indonesia Sei morti e oltre 200 feriti, scene da guerra civile nella capitale Jakarta, decine di veicoli dati alle fiamme, un’irruzione tentata negli uffici della commissione elettorale, decine di migliaia di poliziotti a pattugliare le strade: le elezioni in Indonesia hanno riportato il Paese a un clima che non si vedeva dai tempi della caduta del dittatore Suharto, nel 1998. Le urne hanno premiato il presidente uscente Joko Widodo, con il 55,5%dei voti. L’avversario, l’ex generale ultranazionalista Parabowo Subianto, si rifiuta di riconoscere la sconfitta, si è autoproclamato vincitore; ha avanzato la richiesta di un’indagine indipendente sulle elezioni, sulle quali aleggia un giallo: più di 500 scrutatori sono morti durante il processo elettoralee denuncia brogli elettorali. morti durante il processo elettorale