Economia e finanza
Tav, via ai bandi. Lunedì il Cda di Telt darà il via libera alla procedura di gara per la realizzazione di 45 chilometri del tunnel di base della Tav sul lato francese che partirà con la pubblicazione degli «avis de marchés», ovvero quello che in Italia chiamiamo manifestazioni d’interesse. Ad accompagnarli ci sarà la cosiddetta «clausola di dissolvenza», che permetterà alla società «in qualunque momento di non dare seguito alla procedura » senza che questo comporti penali. Il via libera è arrivato venerdì notte con una lettera scritta da Giuseppe Conte a mezzanotte e indirizzata ai vertici di Telt, la società italo-francese che realizza l’opera. Un escamotage del premier che per ora evita la crisi. La frase chiave è quella in cui Conte scrive che è «necessario da un lato evitare di assumere impegni di spesa gravanti sull’erario italiano e, dall’altro, adoperarsi per non pregiudicare gli stanziamenti finanziari posti a disposizione dall’Ue». In sostanza, evitare di assumere impegni finanziari e giuridici per un’opera «la cui corrispondenza all’interesse pubblico non appare affatto scontata». Ma nello stesso tempo evitare di perdere la tranche di 300 milioni messi a disposizione dall’Europa. L’importante, secondo Conte, è che “i capitolati di gara non partiranno senza l’avallo del mio governo e del governo francese” e che, al momento, ci si “limiterà esclusivamente a svolgere attività preliminari”.
Via della seta, i timori dell’amministrazione Usa. In un colloquio con «La Stampa», esponenti dell’amministrazione Trump lanciano un preciso avvertimento al governo italiano, esortandolo a non firmare, in occasione del prossimo viaggio nel nostro Pase del il presidente cinese Xi Jinping, la Belt and Road Initiative. «Siamo molto preoccupati – dicono – che quando il presidente cinese Xi visiterà Roma, l’Italia firmi la Belt and Road Initiative, perché legittimerebbe un progetto politico, inviando il messaggio sbagliato a Pechino». L’adesione alla Bri – aggiungono – minerebbe la collaborazione tra le aziende americane e italiane, e «l’interoperatività della Nato», mettendo in sostanza a rischio la nostra funzionalità nell’Alleanza. Le preoccupazioni del governo Usa nascono dal timore che la «Belt and Road Initiative» abbia in Europa un’agenda economica che cela la volontà di creare in realtà un network di alleanze politiche capace di trasformare più Paesi dell’Occidente in tasselli di una ambiziosa sfera di influenza globale di Pechino. Il memorandum di intesa in discussione fra Roma e Pechino, infatti, include settori come le ferrovie, le linee aeree e la cultura, destinati a creare una vasta dipendenza del nostro Paese da investimenti diretti cinesi.
Politica interna
Tav, permangono i contrasti nella maggioranza Grazie a un’opera di cosmesi giuridica, la lettera inviata dal premier Giuseppe Conte al direttore generale di Telt, Mario Virano, ha centrato l’obiettivo, non scontato alla vigilia, di permettere a Luigi Di Maio e a Matteo Salvini di salvare la faccia sulla Tav. In un colloquio con il direttore del Fatto Quotidiano, il premier esprime la sua soddisfazione per la risposta di Telt, «che conferma come si possano avviare le dichiarazioni di interesse senza far partire i bandi di gara per alcuni mesi, senza il rischio di penali odi altri oneri per lo Stato e senza perdere gli eventuali finanziamenti europei, che servirebbero solo se l’opera andasse avanti». Il compromesso permette ora di cantare vittoria a Luigi Di Maio («Questione risolta, andiamo avanti») e anche al presidente della Camera, Roberto Fico: «La battaglia del M5S contro la Tav è identitaria non ideologica». Poi, però, è partita la propaganda grillina che ha infastidito i leghisti: «C’è il rinvio dei bandi» (Laura Castelli e Mario Sibilia); «Sono felice che Salvini abbia cambiato idea» (Stefano Buffagni); «Rispettato il contratto» (Danilo Toninelli) . Così Matteo Salvini ha dovuto ribadire che «non c’è nessuno che vince o che perde» ma anche che «la Tav si deve fare». E Armando Siri (Lega) si è rallegrato perché «il finanziamento Ue è salvo». Matteo Salvini, parlando con il Corriere della Sera,doce di pensare a una «via parlamentare» per risolvere i contrasti con i Cinquestelle: «già in passato è stata utile a definire le proprie posizioni. Si ricorda del Global compact, il trattato sull’immigrazione? Noi eravamo contrari e i 5 Stelle favorevoli. In Parlamento si è trovata la soluzione».
Pd, il rinnovamento di Zingaretti Nicola Zingaretti intende affidarsi a volti nuovi e a giovani per promuovere il rinnovamento del Partito democratico. Sono destinati a guidare “Forum tematici” e dipartimenti e ad allargare il campo del partito verso i comitati civici. Anche in Direzione, l’età media verrà tenuta bassa grazie all’innesto di diversi under 40. A partire dallo spezzino Brando Benifei, 34 anni, il più giovane europarlamentare italiano, o l’ex tesoriere dei Giovani Democratici, il torinese Andrea Pacella, anche lui 34 anni, o il segretario dei Gd del Lazio Luca Fantini, fino a Giovanni Crisanti, classe ’99, eletto all’Assemblea nazionale. E ancora, in squadra ci saranno Irene Zappalà, 29 anni, consigliera comunale a Nova Milanese, la triestina Caterina Conti, già nel gruppo dei 20 “millennials” della Direzione targata Matteo Renzi e Roberto Stasi, segretario del Pd di Londra, animatore dei comitati di Piazza Grande in Uk. Più delicato il discorso sullo staff. La ricognizione delle professionalità interne al partito è affidata al neo tesoriere Luigi Zanda. A lui il compito di capire di quante risorse potrà disporre la struttura del segretario in un Pd che ha da poco messo in cassa integrazione 171 dipendenti.
Politica estera
Venezuela, le conseguenze del blackout fanno salire la tensione. Sono quattordici i morti in Venezuela a causa del blackout negli ospedali. Il blackout, che ha paralizzato tutto il Paese, lasciando al buio milioni di persone, anche per 40 ore in alcune zone, ha causato tredici vittime in un ospedale di Maturin, capitale dello Stato Monegas (Nord-Est). A denunciarlo I sanitari che hanno rotto il silenzio imposto dal regime. . Ieri Caracas era divisa in due: Da una parte la «marcia bolivariana anti-imperialista» convocata da Nicolas Maduro. Dall’altra la manifestazione dei sostenitori di Juan Guaidó, la prima da quando il presidente ad interim è rientrato in Venezuela. Nessuno scontro, come si temeva alla vigilia, soltanto qualche momento di tensione tra le migliaia di manifestanti dell’opposizione e la polizia schierata in assetto anti-sommossa. Nicolas Maduro ha denunciato che il blackout è stato causato da una serie di «attacchi cibernetici, elettromagnetici e fisici», in una operazione di «sabotaggio criminale» organizzata dagli Stati Uniti e messa in atto con la complicità di «sabotatori golpisti infiltrati» nell’ente elettrico nazionale. ll suo rivale Juan Guaidò ha chiamato i suoi simpatizzanti all’unità e alla mobilitazione di piazza «per denunciare chi resta il vero responsabile della crisi della luce, della benzina, dell’acqua, degli ospedali e che ha nome e cognome: Nicolas Maduro!»
Corea del Nord, timore di nuovi lanci missilistici A una settimana dal fallimento del vertice di Hanoi tra Trump e il leader nordcoreano Kim Jong-un, esperti statunitensi interpellati dalla Cnn sono convinti che la Corea del Nord possa preparare un nuovo lancio missilistico. Grazie alle immagini satellitari scattate il 22 febbraio dalla società DigitalGlobe si notano movimenti sospetti di diversi veicoli in alcuni siti nordcoreani vicini al confine Nordovest con la Cina. Il luogo del possibile lancio sarebbe quello di Sohae: uno dei siti che avevano già subito un parziale smantellamento e che, in seguito all’accordo mancato in Vietnam, sarebbe stato rimesso in sesto in tutta fretta. Trump ha commentato che «sarebbe molto, molto deluso dal presidente Kim» se riavviasse il sito. «È un report del tutto preliminare, vediamo cosa succede. E alla fine sarà risolto», ha aggiunto.