Politica interna
Renzi accelera sul voto. D’Alema: allora liberi tutti. «L’accelerazione verso le urne serve al Pd», spiega Renzi a Rimini. «Ma senza un progetto ognuno sarà libero» sottolinea D’Alema. Matteo Renzi entra nella sala del Palacongressi dove si sta svolgendo l’assemblea degli amministratori locali ed è subito standing ovation. Alla fine si alzano in piedi anche Speranza e Stumpo, giunti a Rimini per dimostrare che gli intenti scissionisti di D’Alema non sono i loro. Il leader è convinto che la minoranza sia divisa tra chi vorrebbe seguire D’Alema e chi invece non intende lasciare il Pd. È un Renzi rilassato e tranquillo quello che fa il suo rientro dopo più di un mese di «quasi-silenzio», convinto che ormai «la sfida è tra noi e Grillo», e anche per questo non replica a D’Alema: «Non ci cado in questo gioco». (…) E così, mentre Massimo D’Alema lancia l’opa sulla scissione della sinistra dem, Matteo Renzi torna a confrontarsi con Roberto Speranza, una “linea rossa” a un passo dal baratro. Ma prevale un interesse comune: limitare gli effetti della scissione dalemiana. Ed evitare l’esplosione del Pd. D’Alema ha appena reclutato per una nuova battaglia i comitati del No al referendum. È pronto, raccoglie fondi per arrivare prima di Giuliano Pisapia a un nuovo partito alla sinistra del Pd. «Non abbiamo bisogno di richiamare i riservisti – picchia durissimo Debora Serracchiani – c’è chi lavora sempre alla scissione dell’atomo, senza produrre energia». Renzi fissa la linea: «Non lo attacco, anzi neanche lo nomino», promette.
Giustizia, scontro Davigo-Orlando. «Io – scandisce Piercamillo Davigo – certamente non voglio essere ricordato come il presidente dell’Associazione nazionale magistrati che ha abdicato sulla difesa dell’indipendenza della magistratura, e Lei, signor ministro, spero non voglia essere ricordato come quello che ha provato a violarla». «Non mi considero un nemico della magistratura, non mi pare si giustifichi l’accusa rivolta a me, al governo e al legislatore e, devo dire, anche agli organi di garanzia — gli ribatte il ministro della Giustizia, Andrea Orlando —: attenti all’insidia che i singoli soggetti della giurisdizione reagiscano alle difficoltà ripiegando in una dimensione corporativa, tentando sì di salvaguardare le proprie ragioni ma attraverso la delegittimazione di quelle degli altri, e la finale delegittimazione di tutto il sistema». Giovedì se le erano dette a distanza di 4 piani in Cassazione, ieri faccia a faccia all’inaugurazione a Milano dell’anno giudiziario. Sempre sullo stesso nodo. (…) È come se da tutt’Italia all’inaugurazione dell’anno giudiziario si sia levato all’unisono un grido di dolore per le carenze negli organici di magistrati e amministrativi che ha raggiunto il ministro della giustizia Andrea Orlando che era a quella di Milano. Spiega Orlando: «Credo che la carenza tra il personale amministrativo sia davvero la più grave. Siamo arrivati a una scopertura media di circa un quarto della pianta organica, 9.000 unità. Ma mentre le scoperture tra magistrati sono abbastanza uniformi, quella negli amministrativi riguarda prevalentemente alcune aree, soprattutto al Nord, dove hanno raggiunto situazioni patologiche». Piercamillo Davigo ha invece sottolineato che “Se passa il principio per cui gli esecutivi scelgono i magistrati c’è un vulnus costituzionale”, dice il rappresentante delle toghe dopo le polemiche col ministro Orlando sull’età pensionabile.
Economia e finanza
Visco: riforme avanti, niente scorciatoie. L’Italia deve proseguire con determinazione nelle riforme e non sottovalutare le conseguenze che l’incertezza politica nel realizzarle può avere sui mercati. È il monito del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, al congresso Assiom Forex. Visco ha invitato le autorità europee a rivedere le regole sui non performing loans e ha definito sufficiente il fondo da 20 miliardi per il Monte dei Paschi e le altre crisi bancarie. «Non ci sono scorciatoie», sottolinea Ignazio Visco ed il suo pensiero è rivolto alla difficile fase che attraversa il paese tra «incertezza politica» e rischio che Bruxelles metta l’Italia nella lista dei cattivi. «Stabilità e riforme sono elementi essenziali per lo sviluppo», osserva il governatore e non ci sono scorciatoie soprattutto in un paese come il nostro «gravato da un debito pubblico così pesante» e da «problemi strutturali così persistenti». Per il Governatore, che è entrato nell’ultimo anno del suo mandato, «ripensamenti, ritardi, resistenze – che non cambiano in alcuni settori, incluso quello bancario – rischierebbero di ripercuotersi sulle condizioni di mercato, vanificando i progressi realizzati durante la lunga crisi dalla quale, sia pure lentamente e con fatica stiamo uscendo». Quando alla fine del summit dei sette paesi dell’Europa del Sud, prima del rientro in Italia dalla due giorni iberica, viene chiesto al premier un commento alle osservazioni di Visco dall’Italia, Gentiloni tiene il punto ma senza alzare i toni. «Io non vedo rischi di ripensamenti e tantomeno di ritardi — afferma— il governo si è mosso e l’ha sempre fatto anche in contatto con la Banca d’Italia, molto tempestivamente, con decisione nel settore bancario e in attuazione delle riforme».
Il piano per evitare la procedura d’infrazione “Reverse charge, accise, tax expenditure: Padoan prepara le misure ma aspetta il premier”. Sul piano tecnico, il ventaglio delle possibili soluzioni per attuare l’aggiustamento da 3,4 miliardi dei nostri conti pubblici chiesto dalla commissione europea è pronto, e si concentra soprattutto sul lato delle entrate. Le ipotesi studiate in questigiorni spaziano da un ampliamento del reverse charge (da contrattare comunque a Bruxelles come mostra la bocciatura del 2015 sull’estensione dell’inversione contabile alla grande distribuzione) fino a un mini-ritocco dell’Iva, attivando una quota delle clausole di salvaguardia sospese fino a fine anno dalla legge di bilancio. Si risolverebbe in un aumento di entrate anche la riapertura del dossier eterno delle «tax expenditures», cioè la giungla delle detrazioni fiscali da razionalizzare, mentre sulla colonna delle spese è più cornplicato ipotizzare misure ad effetto immediato. A mancare, però, è la decisione politica, senza la quale il lavoro sulle ipotesi rimane accademico. I tecnici del ministero dell’Economia sono al lavoro sul ventaglio di possibili misure che il ministro Pier Carlo Padoan presenterà all’inizio della settimana al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ma la strada, oltre ad essere stretta e in salita, in un periodo pre-elettorale, è quasi obbligata. Per recuperare risorse nel 2017 non ci saranno tagli pesanti alla spesa pubblica e nuove tasse, capaci di deprimere la già non brillante attività economica, ma si lavorerà al margine. Indicando nello stesso tempo le misure previste nel prossimo anno per il sostegno dell’economia. Per l’immediato si punta su un aumento delle entrate il più possibile indolore, ad esempio con una nuova stretta sull’evasione e l’erosione dell’Iva e, nel medio termine, su nuovi tagli alla spesa pubblica.
Politica estera
Trump, stop all’immigrazione. II presidente americano Trump con un ordine esecutivo ha bloccato per 90 giorni il rilascio dei visti ai cittadini di sette paesi islamici (Siria, Libia, Iraq, Iran, Somalia, Yemen, Sudan). Per i rifugiati il blocco, defmito una misura antiterrorismo, è di 120 giorni. Peri siriani resta fino a nuovo ordine. Dimezzati a 50mila gli ingressi nel 2017. La decisione ha provocato il caos in diversi aeroporti. Immediata è stata la ritorsione dell’Iran che ha bloccato l’ingresso dei cittadini statunitensi. «Oggi lacrime macchiano il volto della Statua della Liberta», ha detto il leader dei senatori democratici Chuck Schumer. «È una messa al bando dei musulmani», ha denunciato la collega Elizabeth Murphy. «Non accetterò mai lezioni sulla leadership morale degli Stati Uniti da chi oggi resta in silenzio», ha aggiunto il parlamentare Chris Murphy. Il pacchetto è scattato su scala globale, innescando caos e dimostrazioni in alcuni scali, a New York e San Francisco. Avvocati sono accorsi per assistere le persone bloccate, alcune rimaste in un limbo. Associazioni per i diritti civili hanno promosso passi in quanto ritengono i provvedimenti incostituzionali. In sciopero i tassisti della Grande Mela, molti dei quali sono musulmani. Diversi passeggeri che erano già su un volo Il Cairo-New York non sono potuti partire. Stessa situazione in Canada e Olanda. Un setaccio dove sono finiti studenti, traduttori iracheni che avevano aiutato le truppe americane, detentori di carta verde e viaggiatori con la doppia nazionalità (europea e di un Paese arabo).
Russia-Usa, lotta comune all’Isis. “II presidente americano parla al telefono con Putin di Isis , Ucraina e Siria, ma Hollande frena sulla cancellazione delle sanzioni a Mosca”. La giornata “contro” i rifiigiati di oggi si è sovrapposta a quella della Memoria, i perseguitati di ieri, gli ebrei, nell’Olocausto nazista. E il calcio alla diplomazia internazionale – mettendo in discussione con i profughi anche impegni morali e politici internazionali – si è giustapposto al giorno della diplomazia delle telefonate programmato da Trump. Su questo – un tour de force di cinque chiamate ai quattro angoli del globo – Trump avrebbe probabilmente preferito attirare l’attenzione del mondo dopo il vertice di successo con la leader britannica Theresa May. E le telefonate ci sono state. Con Putin, nel primo colloquio dalla sua elezione, Trump ha discusso anzitutto di cooperazione in Siria per sconfiggere lo Stato lslamico. Il Cremlino ha fatto sapere che la conversazione è stata «positiva». Donald Trump e il suo omologo Vladimir Putin concordano sulla necessità di avviare «una relazione da pari a pari». La «grande relazione» con Mosca prende dunque il via con una conversazione durata 30 minuti dove si è parlato soprattutto della necessità di «dare priorità alla lotta al terrorismo» creando un «reale coordinamento contro lo Stato Islamico». Prima di salutarsi, i due si ripropongono anche di «riprendere i legami economici»: mettendo le basi per un futuro incontro. E quindi l’abbandono delle sanzioni? Alla fine del colloquio, un comunicato ufficiale del Cremlino ne ha confermato la sostanza: «I due presidenti si sono detti favorevoli a stabilire un reale coordinamento tra le azioni russe e americane per sconfiggere l’Isis e altre organizzazioni terroristiche in Siria». Trump ha pronto anche un decreto per chiedere che il Pentagono gli presenti entro 30 giorni un piano per distruggere l’Isis.