Politica interna
Le intrusioni degli hacker note da tre mesi. Nessuno avvertì. Sarebbe bastato un semplice avviso: il cellulare del presidente del Consiglio Matteo Renzi ha subito un’intrusione, deve essere sostituito. E invece niente. Il capo della Polizia postale Roberto Di Legami ha scelto di non comunicare al capo della Polizia Franco Gabrielli quanto era stato scoperto dagli investigatori delegati all’indagine sull’attività illecita svolta da Giulio Occhionero e da sua sorella Francesca. Il silenzio è durato ben tre mesi. Tanto tempo è trascorso da quando, era il 5 ottobre scorso, gli investigatori dell’unità speciale «Cnaipic» hanno perquisito casa e ufficio dell’ingegnere nucleare, avendo la conferma che con la complicità della sorella fosse riuscito a rubare informazioni riservate da siti istituzionali e account di personalità, in particolare proprio di Renzi. E anche in precedenza — le verifiche sono state avviate nel marzo scorso — non si è ritenuto di allertare i vertici del Viminale, e dunque il governo, su quanto stava accadendo. Ecco perché martedì sera, nonostante il risultato straordinario dell’indagine, Gabrielli ha deciso di sostituire «con effetto immediato» Di Legami. Al posto di Di Legami è arrivata Nunzia Ciardi. Una decisione traumatica e inattesa. Dal dipartimento di Pubblica sicurezza trapelano motivazioni di una presunta sottovalutazione dell’indagine da parte di Di Legami. Fino a non informare i vertici della Ps. Di Legami finisce all’Ucis, Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale: si occupa di scorte. Eppure la sua carriera era lanciatissima. Promosso dal 1 gennaio 2016 dirigente superiore, da giugno 1999 per dieci anni aveva diretto l’ufficio “Criminalità organizzata” dell’Europol a L’Aia, Olanda. La Procura di Roma ha avviato indagini patrimoniali sui due arrestati e sui loro contatti più frequenti, nella convinzione di trovare transazioni all’estero.
Quello che Giulio Occhionero non dice, lo rivela il software spia da lui stesso progettato. Sottoposto al vaglio degli esperti di cybersicurezza, EyePiramid si dimostra essere un grimaldello tarato sull’Italia e sullo spionaggio di informazioni soprattutto di tipo economico e finanziario. Un malware, acquistato negli Stati Uniti e rimodulato personalmente da Occhionero, che, dunque, accredita la pista investigativa al momento più probabile: quella che vedrebbe i fratelli Giulio e Francesca Occhionero “spacciatori” a pagamento di notizie riservate riguardanti grandi operatori e aziende strategiche italiane su una rete internazionale occulta. E contemporaneamente spioni a uso e servizio di qualcuno in Italia: le mail trafugate contenevano alcune parole chiave postate dall’ingegnere, ed erano tutte in italiano.
Grillo ai fuoriusciti: pagate – Bruxelles, M5S perde pezzi. Grillo: pagheranno. Un piccolo smottamento. Marco Affronte e Marco Zanni hanno ufficializzato ieri il loro addio ai Cinque Stelle in Europa: si uniranno rispettivamente ai Verdi e al gruppo Enf (quello di Marine Le Pen e Matteo Salvini, ndr). La loro decisione ha provocato l’ira di Grillo, che sul blog ha attaccato: «Gravi inadempienze al rispetto del codice di comportamento prevedono la richiesta di pagamento della sanzione di 250.000 euro» prevista dal codice di comportamento. Il ricavato — precisa il garante — sarà devoluto per aiutare i terremotati dell’Umbria e delle Marche. In realtà ieri anche una terza eurodeputata è stata a un passo dal lasciare il Movimento. Daniela Aiuto ha fatto formale richiesta ai Verdi (poi smentita dall’interessata e confermata dagli ambientalisti), salvo poi cambiare idea all’ultimo minuto. Provvidenziale l’intervento del garante come ha rivelato la stessa Aiuto: «Ringrazio più di tutti Beppe Grillo. Le sue parole oggi mi hanno scaldato il cuore e dato nuovo vigore». ma i rumors di nuove fuoriuscite rimangono costanti. Sulla questione della sanzione chiesta da Grillo, i dem affondano il colpo. «Democrazia è essere eletti e scegliere in coscienza con chi stare. Pagare una multa a un’azienda privata si chiama in altro modo», scrive su Twitter Mauro del Barba. Invece il leghista Giancarlo Giorgetti precisa sibillino che i Cinque Stelle in procinto di passare all’Enf sono «meno di tre». Ezio Mauro sulle colonne di Repubblica sottolinea cghe “nel breve, ridicolo e clamoroso avanti e indietro tra gli antieuropeisti di Farage e i liberali di Verhofstadt si radunano infatti tutti i demoni irrisolti di un movimento perennemente allo stato gassoso che non riesce a consolidare alcunché, perché non avendo storia e tradizione (il che non è certo una colpa ) non ha nemmeno saputo costruirsi un deposito culturale di riferimento a cui ancorare le trovate estemporanee del leader, abituato ad uscire da una quinta per cambiarsi d’abito e ricomparire dall’altra con uno sberleffo”.
Politica estera
Trump: «La Russia dietro gli hacker». Una conferenza stampa, la prima da presidente eletto, con un’agenda fitta per un’amministrazione dalle grandi ambizioni. Donald Trump ha ammesso che la Russia è responsabile di assalti informatici alle elezioni americane, ma ha soprattutto gettato acqua sul fuoco dell’ultimo scandalo moscovita che lo riguarda: ha respinto categoricamente i sospetti – senza prove in America e smentiti dal Cremlino – di essere un Manchurian Candidate. Che Vladimir Putin abbia cioè informazioni compromettenti – personali, imprenditoriali e politiche – con le quali potrebbe ricattarlo. Quando arriva il momento di commentare il dossier sulle sue presunte avventure sessuali e i suoi affari a Mosca, Trump riprende il filo del dialogo a distanza con il presidente russo: «Sono sicuro che la Russia rispetterà molto di più il nostro Paese di quanto sia accaduto prima. Ma per me è “un asset”, un valore positivo, sentire che Putin mi apprezza. E’ un’occasione che forse coglieremo o forse no. Possiamo combattere insieme l’Isis che è stato creato dal vuoto lasciato dal ritiro delle nostre truppe». E il colpo più affilato alla politica di Barack Obama. Trump in sostanza è riuscito, con l’abilità tipica del businessman, a trasformare un danno potenzialmente devastante sul piano dell’immagine (il dubbio materiale segreto in mano di Putin) in un vantaggio: la questione della guerra all’hackeraggio diventa un tema centrale su cui concentrarsima è evidente che bisogna portare Vladimir Putin al tavolo e anche il leader cinese Xi Jinping. Questo fa riprendere quota al tema “compartimentalizzazione” con Mosca e alla possibilità che Putin possa essere di nuovo incluso nel G7, già all’appuntamento italiano di Taormina.
L’Euoropa e i migranti. Un migliore controllo delle frontiere esterne dell’Unione è diventata la priorità dei Ventotto nella gestione dei flussi migratori. Il governo maltese, che dal i gennaio è presidente di turno della Ue, ha spiegato che solo confini sicuri potranno contribuire alla ricerca di un compromesso sull’annosa questione del ri-collocamento dei rifugiati in Europa. In questo senso, anche il nuovo impegno italiano al rimpatrio dei migranti ritenuti illegali potrebbe facilitare un’intesa. «Pensiamo di poter avere una maggiore convergenza fra le posizioni dei paesi sulla condivisione della responsabilità solo una volta che saremo riusciti a garantire una migliore protezione delle frontiere esterne», ha detto ieri il premier maltese Joseph Muscat durante una conferenza stampa congiunta con il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker qui a La Valletta. Muscat si è però voluto cauto sui progressi a breve. La presa di posizione è stata fatta propria anche dall’ex premier lussemburghese: «Stiamo nuotando nella stessa direzione. Stiamo aumentando la presenza della guardia costiera europea a tutti i confini e nel Mediterraneo». Si tratta, ha lasciato intendere, della condizione per creare consenso sulla solidarietà e la redistribuzione dei migranti in tutta Europa. I Ventotto si sono impegnati in via straordinaria a redistribuire in tutta Europa 160mila rifugiati arrivati in Italia e in Grecia. Intervistato dal Messaggero il Commissario europeo Dimitris Avramopoulos dice che «il ministro Minniti può contare sul mio pieno supporto per quanto riguarda la sua strategia globale sul tema dell’immigrazione. In questi ultimi anni l’Italia si è fatta carico di grandi responsabilità».
Economia e Finanza
Niente referendum sull’art. 18: voto più lontano. Ha vinto la linea che può definirsi più ortodossa perché respinge l’idea di un referendum «creativo», non solo abrogativo come previsto dalla Costituzione ma propositivo di fatto; ha perso quella più flessibile che avrebbe aperto la strada a un quesito «manipolativo» della legge ma comunque ammissibile, secondo lo spirito della Carta e in base a precedenti pronunce della stessa Consulta. Con una maggioranza di otto voti contro cinque, la Corte costituzionale ha detto no alla consultazione popolare sul Jobs act e l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Decisione tecnico-giuridica ma dagli evidenti risvolti politici, che ovviamente non sono stati nemmeno sfiorati nelle oltre due ore di discussione fra i giudici costituzionali riuniti in camera di consiglio. Un «no», pesantissimo, sull’articolo 18 e due «si» su voucher e appalti: è questo il risultato della pronuncia della Corte Costituzionale che ieri era chiamata ad esprimersi sull’ammissibilità sui tre quesiti referendari proposti dalla Cgil. A questo punto la legge prevede che gli italiani siano chiamati a votare tra il 15 aprile ed il 15 giugno, a meno che non ci sia un ricorso ad elezioni anticipate, in questo caso verrebbero tutto rinviato di un anno, o che governo e Parlamento non modifichino nel frattempo le leggi oggetto di contestazione e la Cassazione dia poi il suo benestare. All’udienza di ieri mattina erano presenti 13 giudici su 14, mancava infatti il giudice Alessandro Criscuolo. Dopo aver ascoltato a porte chiuse gli avvocati del comitato promotore del referendum, il professor Vittorio Angiolini e l’avvocato Amos Andreoni, e l’Avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per conto della presidenza del Consiglio, i giudici si sono ritrati in camera di consiglio e dopo un’ora e mezza hanno emesso la loro sentenza. Il risultato è stato quello che tutti si attendevano, anche se fino all’ultimo il parere sull’articolo 18, oggetto da settimane di forti frizioni tra i giudici, è stato in bilico. Nel caso fosse passato anche quest’ultimo quesito, che l’avvocatura dello Stato aveva definito «manipolativo», per il governo sarebbero stati guai perché in caso di vittoria dei si avrebbe assestato un colpo pesante al Jobs Act che tra tutte è la riforma chiave del governo Renzi rispetto al quale Gentiloni agisce in continuità.
Debito, l’ora del «quarto» rating Dbrs e gli effetti sui fondi della Bce. Nei giorni scorsi si sono svolte delicate teleconferenze fra il Tesoro, la Banca d’Italia da una parte e gli analisti di Dbrs dall’altra. Neppure questi ultimi, probabilmente, avrebbero mai immaginato di contare tanto in questo fragile interregno italiano fra una legislatura e l’altra. Dbrs è un’agenzia di rating con sede a Toronto, Canada, che ha la quarta più grande quota di mercato nell’oligopolio di aziende che valutano l’affidabilità dei debitori nei mercati finanziari internazionali. Ieri ha riunito il comitato che deve valutare la Repubblica italiana, perché entro oggi pomeriggio dovrà comunicare la sua decisione al governo. Al pubblico e al mercato sarà annunciata venerdì in serata, dopo la chiusura dei mercati in Europa. Difficile prevedere in anticipo quale sarà. Di sicuro però quella decisione peserà, in proporzione, molto più della piccola quota di mercato che ha Dbrs nel mondo.
Intanto c’è da registrar il minimp messo a segno ieri nella prima asta di BoT annuali del 2017. Sulla scia del record al ribasso registrato nella prima emissione di quest’anno di Buoni semestrali, emessi il 28 dicembre 2016 ma con data di regolamento 2017 e collocati a -0,317%, ieri il BoTa 12 mesi ha consentito al Tesoro di finanziarsi per 7 miliardi al tasso negativo senza precedenti di -0,25%, quindi incassando un premio e non pagando (come la normalità imporrebbe) un interesse. La parte a brevissima scadenza della curva dei rendimenti dei titoli di Stato nell’area dell’euro sta continuando a scendere, a seguito della decisione della Bce di acquistare bond governativi con vita residua di un anno nel programma Pspp (Public Sector Purchase Programme): e per l’Italia ultraindebitata, è un vero bonus.