– Senato, l’ultima trattativa Boschi-minoranza
– L’Italia cresce. Renzi: <E’ solo l’inizio>
– Squinzi: <Sui contratti il capitolo è chiuso>
– Fmi: ripresa mondiale in frenata
– Italia, sui raid anti-Isis decide il Parlamento
Politica interna
 
Senato: la maggioranza, al termine di una giornata definita dal presidente Grasso “intensa, faticosa e di tensioni” ha portato a casa l’approvazione dell’articolo 7 e dell’articolo 10, superando indenne due voti segreti pur scendendo a 153/154 voti, mentre le opposizioni salivano fino a 136. Opposizioni che dichiarano di sentirsi ormai “ostaggio della maggioranza” e decidono di adottare la tattica della resistenza passiva, cioè restare in aula votando gli emendamenti ammessi ma senza parlare ed intervenire nel dibattito. La giornata si era aperta però su toni più concilianti, con i forzisti che ritiravano i loro pochi emendamenti e Calderoli che rinunciava a i suoi 35mila, ma quando Maria Elena Boschi ha detto no a tutti gli emendamenti delle opposizioni e si è rimessa all’aula sui tre voti segreti ammessi da Grasso il clima è tornato a farsi incandescente.  
 
FI – Lega: al termine dell’incontro di Arcore Salvini e Berlusconi hanno firmato un comunicato nel quale si afferma che “sulle questioni politiche c’è stata piena sintonia su tutto”, smentendo così i dissapori che si sarebbero, secondo alcune voci, manifestati domenica sera nel corso del colloquio. Inoltre il comunicato a doppia firma, distribuito alle agenzie di stampa e postato sui profili Facebook di entrambi, sembra essere la spia che indica come la nuova alleanza fra Forza Italia e Lega sia stata varata. Berlusconi ha preso le distanze dal recente passato, affermando che qualsiasi cosa accada i due partiti devono correre insieme, dalle prossime comunali alle politiche fino al referendum sulla Costituzione. Salvini si è detto d’accordo anche perché nell’incontro di domenica non si sarebbe parlato di primarie, che a Milano infatti non ci saranno; il nome del candidato sindaco uscirà da una rosa di nomi che i due politici hanno compilato, escludendo Paolo Del Debbio ed inserendo, anche se in ultima posizione, il nome dello stesso leader della Lega.      
 
 
Politica estera
 
Isis: secondo il ministro della Difesa Pinotti l’ipotesi che gli aerei italiani partecipino ai bombardamenti su postazioni del califfato in Iraq “dovrà in ogni caso passare dal Parlamento”. Il presidente della commissione Difesa del Senato Latorre ha chiarito che una richiesta per la partecipazione attiva dei nostri caccia alle missioni è stata fatta da Baghdad, adesso sta al governo valutarla ed informare le Camere. Anche il presidente della Repubblica è intervenuto sull’argomento, nel corso di un’intervista rilasciata a un’agenzia moscovita, sostenendo che la minaccia del terrorismo va affrontata con una collaborazione internazionale, attraverso strategie ed azioni comuni. Il ministro degli Esteri Gentiloni ha ribadito che nessuna decisione è stata presa sull’utilizzo dei nostri aerei, ma la cautela dell’esecutivo non ha evitato il divampare delle polemiche, Grillo ha chiesto un dibattito parlamentare mentre Brunetta ha accusato il governo di “brancolare nel buio” in politica estera.     
 
Siria: la crisi siriana sembra ogni giorno di più avvicinare il mondo ad un conflitto che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk ha definito “di portata mondiale”. La speranza è che Russia e Stati Uniti riescano a sedersi intorno ad un tavolo, mettendo nero su bianco un progetto di solida cooperazione militare e spegnendo le fiamme divampate intorno all’intervento di Mosca in appoggio al regime di Assad. Contro la Russia, accusata di violazione dello spazio aereo turco, si sono pronunciati ieri sia la Nato, il cui segretario generale ha ripetuto che i raid hanno colpito opposizione e civili e non l’Isis,  che il presidente Erdogan. Il segretario alla difesa statunitense ha sottolineato la necessità che Putin prenda immediato contatto con il Pentagono per avviare nuovi colloqui sulle attività di Mosca in Siria.
 
 
Economia e Finanza
 
Fmi: la crescita mondiale rallenta e l’organismo internazionale rivede al ribasso le sue previsioni economiche per tutti i Paesi, con l’eccezione dell’Italia. Certo il nostro tasso di sviluppo è nei posti di coda della lista, ma rispetto alle stime elaborate dagli economisti dell’organizzazione di Washington è l’unico ad avere sorpreso crescendo più del previsto. Le cifre non giustificano trionfalismi, il Pil mondiale crescerà pur sempre del 3,1% nel 2015 e del 3,6% nel 2016, mentre in Italia la ripresa negli stessi periodi sarà dello 0,8% e dell’1,3%, ma secondo Fmi questi dati rappresentano un miglioramento dello 0,1% delle potenzialità del nostro Paese. Evidente la soddisfazione del premier che azzarda un “L’Italia è tornata ed è solo l’inizio”, anche se le previsioni del Fmi sono comunque inferiori a quelle fatte dal governo; ma gli economisti riconoscono che l’ottimismo di Renzi non è infondato ed affermano che l’Italia potrebbe nei prossimi due anni crescere più della Germania. Ed anche il direttore esecutivo del Fmi in Italia, Carlo Cottarelli, vede rosa sul futuro economico dell’Italia, anche grazie all’aiuto del calo del prezzo del petrolio e delle manovre della Bce.
 
Squinzi: il presidente di Confindustria, al termine dell’incontro di ieri a Milano con 40 associazioni di categoria impegnate nei rinnovi contrattuali dei prossimi mesi, chiude decisamente sulla possibilità di riforma dei contratti affermando che non c’è più margine di trattativa con i sindacati, che “rinunciano a tutte le nostre aperture”. Squinzi ha proseguito sostenendo di essersi reso conto dell’impossibilità di portare avanti qualsiasi confronto con le organizzazioni dei lavoratori; ha voluto chiarire che, al contrario di quanto sostiene la Cgil, non è nei piani di Confindustria la riduzione dei salari né il blocco delle trattative né la richiesta di una moratoria. Il gesto di Squinzi è forte ma non del tutto inatteso, dopo che il tavolo con i sindacati era saltato nei giorni scorsi quando Cgil e Uil si sono dette disponibili ad avviare il confronto su nuove regole solo dopo il rinnovo dei contratti in scadenza. Di fronte a questo impasse si attende ora l’intervento del governo, che aveva dato alle parti sociali tre mesi di tempo per riscrivere le regole del gioco.