Politica interna

 

Ignazio Marino: Giornata di assoluzioni quella di ieri, con l’ex governatore del Piemonte Roberto Cota (Lega) scagionato dall’accusa di peculato per il processo denominato “Rimborsopoli” e con Ignazio Marino, ex sindaco di Roma, che ha ricevuto l’assoluzione per le accuse di falso e utilizzo di soldi pubblici per cene private. La vicenda di Marino è stata l’occasione per riaccendere la miccia all’interno del Pd, con la Sinistra del partito che ha attaccato Renzi e i suoi uomini per aver scaricato a suo tempo il sindaco. Orfini ha così chiarito che “la sfiducia a Marino era tutta politica” e quindi basata sui suoi scarsi risultati nel governare Roma, che David Ermini (Pd) ha definito “un’agonia sotto l’aspetto dell’amministrazione”. Ignazio Marino, che si era precedentemente schierato per il No al referendum, partirà ora in tour per appoggiare la bocciatura della riforma mentre le prime indiscrezioni lo vorrebbero come futuro candidato alla segreteria del Pd.

 

Boschi – Salvini: La campagna referendaria ha subito un’accelerazione dopo lo scontro televisivo tra il ministro promotore della riforma Maria Elena Boschi (Pd) e il segretario della Lega Matteo Salvini. Il politico leghista ha subito cercato l’affondo con un attacco al padre di Boschi sulla questione Banca Etruria, a cui il ministro ha risposto che il referendum non è su suo padre, che comunque “sta pagando perché da noi non si fanno favoritismi”. I toni si sono alzati quando Salvini ha dato della “signorina” a Boschi che, infastidita, le ha affibbiato un “giovanotto”. Salvini ha sostenuto che “la riforma non è il male e Renzi non è un dittatore, ma è pasticciata”, invitando a non prendere alla leggera un cambiamento della costituzione. A questo punto il segretario del Carroccio ha allargato il campo attaccando la crescita del debito pubblico e gli 11mila migranti sbarcati in settimana, provocando l’irritazione della conduttrice Lilli Gruber che in un fuori onda ha ricordato gli accordi per una puntata incentrata sul referendum.

 

Politica estera

 

Nobel per la pace: Nonostante la bocciatura dell’accordo per la tregua con le Farc, Juan Manuel Santos ha ricevuto il premio Nobel per la pace “per gli sforzi risoluti” con cui ha portato avanti la trattativa e per aver continuato il lavoro dopo il fallimento della votazione. Anche per questo il Comitato del Nobel ha ammesso di aver premiato non la pace, ma una promessa di pace. Nelle prime dichiarazioni pubbliche Santos ha dedicato il premio alle vittime del conflitto, descrivendolo come “un mandato per continuare a lavorare per la pace”. Nessuna polemica dal leader delle Farc Rodrigo Londoño alias Timochenko, candidato a sua volta al Nobel, che ha dichiarato che “il premio più importante è la giustizia sociale in Colombia”.  

 

Iraq: Il lancio di diversi missili da parte dell’Isis nella zona della diga di Mosul, interessata da lavori di manutenzione da parte della ditta Trevi di Cesena, ha messo in allarme il contingente italiano presente a protezione dei lavoratori. In risposta all’attacco, aerei canadesi hanno bombardato la base da cui provenivano i missili per neutralizzare la minaccia. I razzi, atterrati in luoghi nelle vicinanze della diga senza causare vittime, potrebbero rappresentare un diversivo in vista di un attacco massiccio dei terroristi a Mosul. Nella regione si sono verificate tensioni nell’ultima settimana, con il tentativo di strage fallito nel villaggio di Taniye da parte di due kamikaze e l’uccisione di alcuni peshmerga curdi tra cui un comandante.

Economia e Finanza

 

Draghi: Il governatore della Bce ha spazzato via ogni dubbio: il Quantitative Easing non rallenterà prima di marzo e potrebbe essere prolungato ulteriormente. Secondo Draghi finché non si raggiungerà l’obiettivo del 2% di inflazione il “bazooka” non verrà fermato. L’ex governatore di Bankitalia ha inoltre ribadito l’importanza del Quantitative Easing, che offre “una finestra unica di opportunità per l’attuazione delle riforme strutturali”. Viene quindi confermata la strategia che la Bce ha finora adottato, finalizzata alla creazione del contesto ideale per stimolare la crescita delle economie nazionali. La giornata è stata caratterizzata anche dalla dichiarazione  di fiducia di Padoan, per cui in quanto Italia “tra due anni saremo in testa al treno della crescita Ue”. Probabile che martedì 11 ottobre il ministro italiano presenterà in Parlamento un rapporto Deficit-Pil aggiornato al 2,2%, con la speranza dell’approvazione dell’Ufficio parlamentare del bilancio e il successivo invio a Bruxelles.   

 

Sterlina: Due minuti di panico sui mercati per la valuta britannica, che ha perso il 6,1% (da scambi 1,26 dollari per sterlina a 1,18) sul dollaro in centoventi secondi, scatenando l’isteria dei venditori sui mercati asiatici. L’allarme è velocemente rientrato dopo la verifica della presenza di un errore umano (chiamato nel gergo “fat finger”, dito grasso) o di un algoritmo impazzito che avrebbe valutato in maniera eccessiva le dichiarazioni del presidente francese Hollande, che in giornata aveva definito l’uscita della Gran Bretagna una “hard Brexit”. La sterlina si è così risollevata, ma restano dati preoccupanti riguardo la valuta britannica, che nell’ultima settimana ha perso il 5% e da quel 24 giugno che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue è scesa del 15% rispetto al dollaro. In conseguenza alla svalutazione del pound si prevede una crescita dell’inflazione nazionale entro novembre al 2,6% contro lo 0,7% di luglio.