Politica interna
Sì all’euro e meno tasse, il piano dei 5 Stelle. Dal Corriere della Sera: “Meno burocrazia, più lavoro. Meno tasse (via l’Irap per le piccole e medie imprese). Reddito di cittadinanza. Ma soprattutto no al referendum sull’euro. Ecco il programma in venti punti del Movimento 5 Stelle. Presentato ieri da Luigi Di Maio a Pescara. Gentiloni: «Rispetto assoluto per gli elettori del Movimento, ma anche se i Cinquestelle avessero risultati significativi non avrebbero i numeri per governare»”. Gentiloni intervistato dal Foglio: “Oggi ci sono in Italia tre blocchi che si presentano alle elezioni candidandosi alla guida del paese. Centrodestra, centrosinistra, Movimento 5 stelle. Tre blocchi in teoria titolati a proporsi come guida del paese. A mio avviso, il blocco del centrosinistra è quello che questa rivendicazione può farla con maggiore coerenza. Se oltre a essere il più credibile e il più coerente sarà anche il più votato lo scopriremo presto (…) Penso che il rispetto agli elettori del Cinque stelle sia dovuto. Ma penso che la possibilità che il Movimento 5 stelle arrivi a guidare il governo non ci sia. Perché è una forza che se anche avesse risultati significativi (…) non avrebbe i numeri per governare”. Sul Centrodestra: “Berlusconi naturalmente fa leva sulla memoria storica degli italiani, ricordando che i suoi governi hanno sempre arginato i populismi. C’è però un dettaglio che segnalo e sul quale vorrei far riflettere. L’ultima volta che il centrodestra andò al governo le cifre furono queste: Berlusconi 37,2 per cento, Lega nord 8 per cento. In quel contesto l’idea di addomesticare la Lega poteva funzionare. Oggi le proporzioni sono incomparabili. Sono praticamente paritarie”. Sempre Il Corriere: “Il collegio è il numero 1 di Roma. E’ un collegio in bilico. Ma il premier Paolo Gentiloni è convinto di potersela giocare e punta al 30 per cento dei consensi. La strategia: “Niente comizi di piazza o tour nei mercati rionali, nessun comitato elettorale, appena tre o quattro iniziative pubbliche nel centro storico della Capitale e un uso più massiccio dei social”.
Scenari. Si segnala Paolo Mieli dalla prima del Corriere: “Su che tipo di combinazione governativa potremo contare dopo le elezioni? Prima: presumibilmente nessun partito o coalizione conquisterà la maggioranza assoluta dei voti (…) Seconda: se anche ci riuscisse il centrodestra (…), si tratterebbe di una maggioranza esigua, attraversata per di più da una gigantesca faglia politica e senza un plausibile candidato di Forza Italia (…) per la guida dell’esecutivo. Terza: (…) neanche uno dei leader indicati sulle schede otterrà l’incarico di formare il governo (…). Quindi? L’ipotesi più probabile è (…) un «governo del Presidente».
Dal Rapporto Demos: “Metà dei cittadini pensa che non servano i partiti e due su tre si schierano per l’uomo forte alla guida”. «I politicanti di mestiere mi fanno schifo». Così Silvio Berlusconi è intervenuto ieri sera all’Arena su La7. Al conduttore Massimo Giletti ha spiegato la sua rivoluzione fiscale. Sulla flat tax e le accuse lanciate da Renzi sulla presunta volontà del centrodestra di voler tagliare ai poveri per dare ai ricchi. «Non favoriremo i ricchi. Pagheranno tutti, anche gli evasori. Il Tesoro avrà introiti del 30% in più, avremo i soldi per aiutare i poveri con un aiuto di dignità di almeno 1000 euro al mese. Sarà una rivoluzione». Anche perché «io non ho mai fatto promesse, ho sempre assunto impegni. Ricorderà il contratto firmato a Porta a Porta. Di quei 5 punti, ne ho mantenuti 4 e mezzo. I soldi si trovano con questa rivoluzione del fisco. In Italia ci sono 5 aliquote, la più bassa è il 23%. La applicheremo a tutti. E aumenteremo le pene per chi evade riprendendo il modello degli Stati Uniti», ovvero la possibilità del carcere per chi evade. Sul M5S: “Ora, però, c’è un pericolo ancora più grave: la presa del potere da parte della setta pauperista e ribellista dei Cinquestelle che distruggerebbe l’Italia». Maurizio Martina intervistato dal Corriere: “«Facciamo proposte serie, non come chi parla di una flat tax che costerebbe almeno 60 miliardi e che, per il 40%, avvantaggerebbe soltanto quel 5% di contribuenti ricchi. Per noi si parte da famiglie, ceto medio e da chi sta peggio». «Proponiamo un assegno universale per i figli a chi ha un reddito inferiore ai centomila euro all’anno e che copra anche gli incapienti. Una cifra dai mille ai tremila euro all’anno, da modulare anche in base all’età dei figli». Costo e copertura: «Circa 8 miliardi». Altri punti qualificanti di programma: «Salario minimo legale per chi non ha un contratto nazionale». Sulle candidature dei ministri: «È giusto che chi ha governato si presenti al giudizio dei cittadini»”.
Politica estera
La Spd divisa salva Merkel. Il Corriere della Sera: “La Grosse Koalition si farà. La Spd, riunita a Bonn, l’ex capitale della Germania Ovest, ha detto sì all’accordo con la Cdu. Il partito di Schulz si è espresso con una maggioranza del 56% a favore del sì. Viene così scongiurato il rischio di un ritorno anticipato alle urne e si avvia la trattativa con Angela Merkel per formare un nuovo governo. Ma la Spd esce divisa e Schulz non esce benissimo dalla prova di forza”. Michael Roth, il viceministro degli Esteri accetta di commentare con Repubblica il sospiratissimo “sì” alla Grande coalizione. D.: “II congresso Spd ha votato a favore della terza GroKo. Che ne pensa?” R.: «Per me è un grande sollievo. È stato un risultato di misura, ma chiaramente a favore del prosieguo dei negoziati per una Grande coalizione. È una grandissima opportunità per l’Europa e per rendere il nostro paese molto più sociale, anche se il percorso che abbiamo davanti ora è molto diffiicile».
Gentiloni e Macron: un trattato a due per rilanciare l’Europa. La Stampa: “II dado è tratto. A pochi giorni dall’annuncio del rafforzamento dell’asse Roma-Parigi, il premier italiano Paolo Gentiloni e il presidente francese Emmanuel Macron hanno inviato ai sei saggi convocati per lavorare al cosiddetto «Trattato del Quirinale» la lettera d’incarico con cui si definiscono ambiti, compiti e fini del rinnovato rapporto d’amicizia. L’impegno, assunto ufficialmente durante l’ultima visita in Italia dell’inquilino dell’Eliseo, assume così una prima configurazione concreta in vista della formalizzazione definitiva pianificata per il prossimo bilaterale che si terra in Italia nella seconda metà del 2018. Il Gruppo dei saggi – che sul fronte nostrano corrispondono ai nomi di Franco Bassanini, Marco Piantini e Paola Severino – avrà dunque alcuni mesi a disposizione per tracciare la road map verso il traguardo. La road map su industria, innovazione e cultura”.
Davos/Brexit. Il Corriere della Sera: “L’anno scorso applaudirono Xi Jinping, l’uomo forte del partito comunista cinese, come si fa con chi rappresenta la migliore speranza (…) I banchieri, i manager e gli investitori del World Economic Forum nel 2017 avevano accolto il leader di Pechino fra le nevi di Davos neanche fosse l’avvocato dei loro valori: mercati aperti, commercio internazionale, flussi di capitali (…) È seguito un anno (…) Ma è incredibile quanta differenza facciano dodici densissimi mesi (…) Gli stessi che un anno fa si emozionavano per Xi, oggi iniziano ad apprezzare una riforma fiscale americana che sembra talmente pensata per loro, che forse sono loro stessi ad averla scritta”. Repubblica: “A livello globale il 2017 ha portato un incremento della ricchezza. Siamo cresciuti, il Pil mondiale è salito. Dovremmo stare tutti un po’ meglio. Non è così perché l’82% di questo aumento è andato a finire solo nelle mani dell’1% della popolazione. La denuncia arriva da Oxfam, che presenterà il nuovo Rapporto 2018 a Davos”.
Il Sole 24 Ore: “Un accordo ispirato a quello con il Canada, con alcune modifiche. Potrebbe essere questo il punto di partenza per il negoziato sulla futura relazione tra la Ue e Londra che prenderà il via a marzo. Una soluzione che permetterebbe di limitare gli effetti collaterali del divorzio. Per l’Italia l’impatto previsto è una riduzione dell’export Oltremanica tra i 350 e i 370 milioni annui”.
Economia e finanza
Imprese e famiglia nella sfida PD-M5S. La Stampa: “No tax area per redditi sotto i 10 mila euro, riduzione cuneo fiscale e riduzione «drastica» dell’Irap per le piccole e medie imprese, diminuzione delle aliquote Irpef per non scontentare il ceto medio. Nel mondo di Di Maio il modello è la Trumpnomics. II leader sta attento anche a non far passare la proposta sul reddito di cittadinanza come una misura assistenzialista, che è l’accusa più frequente ricevuta da Matteo Renzi (…) Nell’Italia governata dai grillini ci saranno un milione di auto elettriche entro il 2020, l’uscita dal petrolio nel 2050, una banca di investimento, il ministero del Turismo sarà staccato dai Beni culturali (…) eliminerà la riforma Fornero sulle pensioni e quella sulla Buona Scuola, e (…) annuncia 17 miliardi per importare il modello francese di welfare sulle famiglie, per convincere gli italiani a tornare a procreare (…) un programma mastodontico, ambizioso, senza le venature anti-Ue”. Stefano Lepri sulla Stampa: “La famiglia e la piccola impresa sono punti di riferimento per tutti e tre i programmi, ovviamente con formule differenti (…) Ma ancor più risalta quanto sia difficile oggi in Italia delineare soluzioni a breve termine per il problema davvero più grosso, che i giovani devono perlopiù adattarsi a impieghi precari e anche quando conquistano un posto fisso sono pagati, a parità di mansioni, meno dei loro genitori a suo tempo. Comune a tutti e tre gli schieramenti è l’impegno di dare più competitività alle imprese, in modo che possano creare più lavoro. Una parte sostanziosa dei costi che gravano sulle imprese si chiama per l’appunto oneri previdenziali (…) Tornare ad aumentare le spese per le pensioni, abolendo la legge Fornero, è invece ricetta sicura per scaricare in futuro nuovi oneri o sulle imprese o su tutti i contribuenti. Sembra contar poco, questo, per partiti che paiono soprattutto intenti a conquistare l’elettorato anziano”.
PA/Debito/Rivoluzione digitale. Dopo 8 anni di blocco si è rinnovato il contratto degli statali. «Non è una mancia preelettorale – risponde il ministro Madia al Corriere – ma il frutto di un lavoro complesso di 4 anni. Dal primo giorno il governo Renzi si è proposto di rimuovere il blocco dei contratti che per noi era un’ingiustizia. Su questo rivendico coerenza perché lo dicevo anche quando stavo all’opposizione. Ovviamente, non si poteva fare in un giorno. Prima abbiamo ridotto i comparti da 11 a 4 e poi abbiamo dovuto cambiare la legge Brunetta, che avrebbe reso impossibile il rinnovo dei contratti». Il contratto degli statali riguarda 245 mila lavoratori mentre restano in attesa più di 3 milioni di dipendenti di scuola, sanità, enti pubblici e sicurezza. Ce la farete prima delle elezioni?, è la domanda. “Si lavora senza soste (…) Ci vorrà il tempo necessario ma vogliamo fare presto”. “Una partecipata su tre chiuderà o subirà un processo di fusione o razionalizzazione”. Ma sulla riforma della pubblica amministrazione secondo l’indagine del Forum Pa, per il 29% dei dipendenti pubblici non è cambiato nulla e un altro 50% dice che gli effetti della riforma non sono apprezzabili. Il fronte del debito: “E’ il problema apparentemente irrisolvibile che si cerca di scansare dal dibattito politico (…) Certo, il 2017 dovrebbe regalarci per la prima volta, secondo il Tesoro, una sua flessione in rapporto al Pil, anche se la Commissione europea non ci crede. Sta di fatto che, nonostante i possibili progressi, quel rapporto resta pur sempre uno dei più alti del mondo, caparbiamente al di sopra del 130 per cento”. Dall’Osservatorio di Carlo Cottarelli: il Tesoro prevede un aumento del debito pubblico che si spiega solo in parte con l’accumularsi del deficit. C’è un “di più”. E’ possibile che pesino i costi dei derivati e il sostegno alle nostre banche. Il Messaggero: “La relazione finale della Commissione d’inchiesta ormai pronta. Intesa Pd, FI, M5S e Lega Superprocura per i reati finanziari, norme a tutela dei risparmiatori, azione preventiva di Consob”. Infine dalla prima del Sole 24 Ore: “Transazioni in criptovalute, prestazioni di servizi tramite web, piattaforme di collaborazione disintermediate. L’innovazione digitale rompe gli schemi e costringe fisco e diritto a inseguire i nuovi fenomeni. «II Sole 24 Ore» ricostruisce i fronti ancora aperti e le possibili soluzioni”.