Politica interna
Il Pd verso le Regionali – Da La Spezia, in tour elettorale per sostenere la candidata Pd Raffaella Paita, Matteo Renzi non risparmia critiche a nessuno, avversari e contestatori interni. Primo bersaglio è Silvio Berlusconi che il premier attacca frontalmente: con tutto il tempo che è stato a Palazzo Chigi, dice Renzi, se aveva tutte queste belle idee, perché non le ha realizzate? Poi è il turno di Beppe Grillo che il presidente del Consiglio definisce «il biglietto vincente della lotteria che è stato perduto»: ha avuto l’occasione di cambiare l’Italia ma ha rinunciato. Infine, critica la minoranza dem perché le divisioni interne rischiano di avvantaggiare il centrodestra (come potrebbe succedere proprio in Liguria). Il premier resta ottimista sull’esito del voto, anche se il suo bilancio iniziale 6-1, considerando che si vota in 7 Regioni, si è ridotto a un più prudente 4-3.
Forza Italia verso le Regionali – Silvio Berlusconi arriva ad Assisi dichiarando di avere ben chiaro in testa come affrontare la questione euro, ma l’argomento della giornata per il leader azzurro è un altro: il governo e il premier Renzi. Per Berlusconi è lui l’antagonista: se Forza Italia dovesse conquistare quattro Regioni, dice l’ex Cavaliere, verrà mandato a casa dai suoi stessi amici del Pd. Berlusconi rilancia la sfida dall’Umbria, regione rossa da 50 anni che potrebbe però riservare sorprese: la presidente dem uscente Catiuscia Marini vacilla di fronte all’avanzata di Claudio Ricci, candidato forzista assolutamente anomalo, soprannominato con simpatia “zio Fester” e che, con medesima simpatia, si paragona a Yoda di Star Wars.
Politica estera
Spagna – Il giorno dopo la débâcle del Partido Popular a livello nazionale, il marchio più netto della svolta è impresso a Barcellona, dove l’”indignata” Ada Colau è destinata a diventare il primo sindaco donna della città catalana. Podemos non è riuscito a diventare il secondo partito del Paese, ma con l’appoggio dei socialisti può scalzare il Pp, che ha perso oltre due milioni e mezzo di voti, in molte amministrazioni. E preparare così la battaglia in vista delle elezioni politiche che si terranno tra appena 6 mesi. Secondo il premier Matteo Renzi, i risultati del voto in Spagna e in Polonia, dove ha vinto la destra nazionalista, pur soffiando in direzioni opposte impongono all’Europa un cambiamento verso una minore austerity.
Emergenza immigrazione – La distribuzione dei migranti in Europa riguarderà solo gli arrivi successivi all’approvazione definitiva delle nuove misure, sarà limitata solamente a 24 mila persone in due anni e ad alcune nazionalità. Alla vigilia della riunione europea su questo tema, Juncker fa un passo indietro e dalla bozza di documento sparisce il termine “quote”. Il piano di accoglienza gela così le aspettative di chi sperava in un aiuto più deciso da parte dell’Unione europea.
Economia e Finanza
Grecia – Atene fa una parziale retromarcia sul tema scottante del rimborso del debito al Fmi. Il portavoce del governo greco, Gabriel Sakellaridis, dichiara che il Paese ha necessità urgente di trovare un accordo con i creditori internazionali per risolvere i suoi problemi di liquidità, ma che pagherà gli impegni come meglio potrà. La precisazione arriva dopo quanto detto dal ministro dell’Interno Nikos Voutsis domenica scorsa, secondo il quale Atene non avrebbe rimborsato al Fondo nessuna delle quattro rate in scadenza a giugno. A Washington però restano scettici: le misure proposte dal governo di Atene che servirebbero a sbloccare nuovi finanziamenti sono ancora insufficienti. Secondo Yanis Varoufakis, ministro delle Finanze ellenico, lo stallo delle trattative è dovuto alle continue richieste di austerità da parte della ex Troika, che impedirebbero al Paese di riprendersi.
Effetto Jobs act – Il meccanismo della decontribuzione sembra funzionare per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. Ma, per adesso, il sistema incentivante pare essere utilizzato soprattutto per sostituire assunzioni che una volta venivano fatte con contratti a termine o con l’apprendistato. È quanto emerge dai dati diffusi dal ministero del Lavoro che registra un saldo positivo di 210 mila unità tra nuovi contratti di lavoro e quelli cessati. Soddisfatto il ministro Poletti, anche se per avere un quadro più chiaro si dovrà aspettare la consueta indagine Istat.