Politica interna
Renzi – Questa mattina Matteo Renzi si recherà al Quirinale, convocato dal presidente Giorgio Napolitano. Un giorno importante per Renzi, che nell’attesa dell’incarico di governo sfoggia un ottimismo non di facciata e commenta: “Lasciamo che tutti si sfoghino in queste ore. La partita vera comincia dopo e si giocherà nei primi tre mesi, con le proposte concrete”. Dopo il prevedibile conferimento dell’incarico, cominceranno le consultazioni ufficiali. Colloqui che non saranno incontri lampo, perché i problemi sono tanti. Difficile che il giuramento avvenga prima di venerdì. Renzi sta piazzando le pedine del suo governo e il compito appare più arduo del previsto. Difficile far quadrare l’esigenza di un vento di novità con le richieste dei partiti. Renzi è però sicuro che tutto si appianerà, anche perché è convinto che Alfano, che preme per avere tre uomini nella squadra di governo e un patto scritto alla tedesca, non possa tirare troppo la corda. L’obiettivo di Renzi è quello di “fare la rivoluzione” nei primi tre mesi di governo, e “solo allora si capirà perché abbiamo accelerato”.
Governo – La squadra di governo è ancora tutta nella testa di Renzi. Così dicono negli ambienti vicini al futuro premier. Il braccio di ferro di ieri tra Renzi e Alfano ha rallentato le trattative sui nomi, ma intanto il profilo del “Renzi 1” si fa più nitido. Sarà un esecutivo fortemente politico, con un mix di figure collaudate e nuovi innesti di forte impatto sull’opinione pubblica. Si dice che Renzi abbia chiamato Gino Strada per offrigli la Salute e che il fondatore di Emergency abbia declinato. Questa mattina il leader democratico vedrà a Roma il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, per proporgli di entrare in squadra. Per il posto allo Sviluppo economico, oltre a quello di Montezemolo, circolano i nomi di Mauro Moretti, Maurizio Lupi e del manager Franco Bernabé. Alla Giustizia sembra sfumata l’ipotesi di nominare Michele Vietti e si afferma Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano, gradita alla magistratura e non sgradita all’avvocatura. Agli Esteri resta ben salda Emma Bonino. Per l’Interno è duello tra Angelino Alfano, che non vuole rinunciare alla poltrona, e Dario Franceschini, fortemente voluto da Renzi. Per Maria Elena Boschi si pensa alla Cultura o ai Rapporti con il Parlamento, ma anche a un incarico importante alla presidenza del Consiglio.
Alfano – Angelino Alfano usa parole dure nei confronti di Silvio Berlusconi e Forza Italia e si candida di fatto a contenderne il primato a destra, a guidare lui la “rivoluzione liberale” lasciata cadere dall’ex premier. L’analisi del ciclo berlusconiano fatta dall’ex delfino del Cavaliere è spietata: “Diciamolo con franchezza, se ci siamo rotti le scatole noi di sentire, dopo venti anni, le stesse cose, figuriamoci i sette milioni di italiani che non hanno più votato Forza Italia e Pdl”. Un cambio di passo dettato dall’esigenza di far valere il proprio peso nella stesura del programma di governo e nella definizione del numero dei ministri, ma anche per rispondere a quell’accusa berlusconiana di essere il leader di un partito di “utili idioti, stampella di un governo della sinistra”. Alfano risponde alle accuse polemicamente, parlando di un “Berlusconi irriconoscibile” che, negli ultimi anni, “si è circondato di troppi inutili idioti”.
Primarie – Alla vigilia della nascita del nuovo governo, il Partito democratico torna alle urne per eleggere i suoi segretari in 14 regioni, dal Piemonte alla Sicilia. Ovunque, però, l’affluenza scende, in alcuni casi anche di oltre il 50%. La scarsa partecipazione lascia sul campo malumori, polemiche e qualche dubbio a proposito delle consultazioni introdotte in Italia da Romano Prodi nel 2005. Da allora le primarie sono state utilizzate ampiamente a livello nazionale e locale. Sia Alessia Morani, responsabile giustizia del partito, che Stefano Fassina, rappresentante della minoranza, concordano nel dire che “occorre fare una riflessione sullo strumento delle primarie e mettere mano allo statuto”.
Politica estera
Egitto – La bomba che ieri nel Sinai ha ucciso quattro turisti nord coreani e ne ha feriti altri quindici è rimbombata minacciosa fino al Cairo, dove nelle stesse ore l’ex presidente Morsi affrontava il terzo processo per spionaggio e terrorismo. Dopo la feroce repressione dei Fratelli Musulmani, l’esercito egiziano ha lanciato una dura repressione contro gli islamisti del Sinai. La risposta finora si era limitata all’attacco di caserme o stazioni di polizia, ma la bomba di ieri segna un’escalation. Il Sinai è ora il teatro sul quale si gioca la credibilità di un esercito incaricatosi di normalizzare il Paese, di riconciliarsi con l’islam non islamista e di rilanciare l’industria turistica.
Nigeria – Ancora un massacro di cristiani in Nigeria. Ieri un commando di uomini armati ha attaccato il villaggio di Izghe, nello stato orientale del Borno, incendiando case al grido di “Allah è grande” e facendo scempio degli abitanti con il machete: 90 i morti. Pare che la strage sia stata una reazione ai bombardamenti dell’esercito contro le postazioni di Boko Haram, la setta affiliata ad Al Qaeda che vuole l’applicazione letterale della sharia.
Economia e Finanza
Saccomanni – Il ministro dell’Economia del governo Letta, Fabrizio Saccomanni, rivendica fino in fondo i risultati ottenuti dall’esecutivo e offre un consiglio al suo successore: “Credo che la continuazione delle cose fatte sia importante, e si può cercare di accelerare il passo. Ma stiamo attenti: quando si cambia il passo, spesso si rischia di rimanere fermi, pensando a quale passo si possa assumere”. Intervistato ieri da Maria Latella di SkyTg24, il ministro ha preso atto della richiesta di cambiamento venuta dal Paese: “C’è una scelta politica che è stata fatta, il Paese ha chiesto di accelerare il passo della politica economica”. Il ministro comprende “l’esigenza di vedere dei risultati”, ma capisce “molto meno il non voler leggere che certi risultati ci sono stati”. In primis l’aver portato un Paese, la cui economia era in contrazione del 2 per cento, a una crescita dello 0,1%. L’arrivo della ripresa, piega Saccomanni, si deve anche a una serie di misure di politica economica prese dal Governo: ad esempio i 22 miliardi di debiti della Pa restituiti ai creditori finali, gli ecobonus che hanno fatto crescere le spese per ristruttuarzioni da 16 a 25 miliardi, nonché le misure di sostegno all’occupazione. Saccomanni risponde anche alle critiche degli industriali: “Confindustria ha tutto il diritto di chiedere, ma deve anche indicare cosa il mondo delle imprese può fare per superare gli squilibri strutturali”.