Politica interna
Salvini-Berlusconi: i due leader parteciperanno entrambi alla chiusura della campagna elettorale del candidato milanese del centro destra, ma non si incontreranno e saranno con Parisi ad orari diversi. Salvini arriverà a Milano alle 19, quando Berlusconi sarà ancora a Roma per tirare la volata ad Alfio Marchini; il Cavaliere non sarà a Milano prima delle 21.30, quando il segretario leghista avrà già fatto rientro a Varese. Al di là dell’incontro mancato in chiusura di campagna, la distanza fra i due uomini politici è emersa anche ieri, dopo che Berlusconi ha ribadito la disponibilità di Forza Italia ad un governo di unità nazionale nel caso di prevalenza dei no al referendum costituzionale di ottobre. Salvini invece esclude qualsiasi accordo e chiede che “gli italiani votino” perché “non ne possiamo più di presidenti non eletti, Monti, Letta, Renzi…”. Poi però il segretario leghista ha attenuato i toni dicendo che “con Forza Italia si può lavorare bene, certo non dove ci sono salti all’indietro”; da parte sua Berlusconi ha confermato di non avere alcuna intenzione di proporsi come premier di un centrodestra riunito.
Amministrative: Renzi garantisce che “non ci saranno ripercussioni politiche” e che, vada come vada, il governo, il Pd ma anche gli altri partiti non saranno terremotati dall’esito del voto per le comunali di domenica; “Non ci sarà nessun segnale politico, si vota per i sindaci”, ha sottolineato il premier, impegnato però anche lui nel rush finale per trainare i candidati dem; oggi infatti sarà a Napoli, e poi in Emilia. Alle urne sono chiamati 13 milioni di elettori in 1.342 comuni, di cui 25 capoluoghi; si voterà a Milano, Torino, Bologna, Trieste, Roma, Napoli, Cagliari. Il voto si svolgerà in un unico giorno, domenica, dalle 7 alle 23. Preoccupazione maggiore per tutte le forze politiche in campo quella dell’astensionismo, tanto che le ultime ore di campagna sono state una caccia agli indecisi. A Roma si profila una partita a tre fra Raggi, Giachetti e Meloni, Milano vedrà il derby Sala – Parisi, a Bologna grande favorito Merola, a Torino Fassino punta alla riconferma, come a Napoli De Magistris.
Politica estera
Germania-Turchia: a dispetto di tutte le minacce di Ankara, il Parlamento tedesco ha approvato una risoluzione che appone il marchio di “genocidio” al massacro della minoranza cristiana degli armeni, perpetrato dall’impero ottomano cent’anni fa. La votazione del Bundestag, passata con un solo voto contrario e una astensione, ha scatenato l’ira del governo turco e gli strali del presidente Recep Tayyip Erdogan; l’ambasciatore a Berlino è stato subito richiamato in patria, mentre l’incaricato di affari dell’ambasciata tedesca in Turchia è stato convocato al ministero degli Esteri. Ankara minaccia gravi ripercussioni nelle relazioni bilaterali, proprio in un momento delicatissimo per l’accordo con la Ue per il rimpatrio dei profughi, che potrebbe naufragare del tutto. Né la cancelliera Merkel né il suo vice Gabriel hanno partecipato al voto, anzi Merkel in una conferenza stampa ha sottolineato le relazioni amichevoli che intercorrono fra Germania e Turchia.
Immigrazione: tre nuovi “hot spot” mobili da aprire in Puglia, a Reggio Calabria e in Sardegna, centri di smistamento e identificazione dei migranti che andrebbero ad aggiungersi ai cinque già operativi ed ai due che entro luglio saranno attivati in Sicilia. Questa la novità contenuta nella lettera che sarà inviata a Bruxelles questa mattina, per evitare la “procedura di infrazione” minacciata nei confronti dell’Italia dalla Commissione europea. Ma la missiva contiene anche l’impegno italiano a ripristinare entro un mese i 1.500 posti nei Cie per chi deve essere espulso “anche se nessuna norma europea prevede questo tipo di obbligo”. Il piano ha una condizione politica che passa per la cooperazione sui rimpatri che il ministro Alfano ha chiesto e ribadirà la settimana prossima, quando si discuterà il “Migration Compact” per concedere aiuti ai Paesi d’origine degli stranieri per tentare di fermare le partenze.
Economia e Finanza
Opec: sarebbe facile liquidare l’ultimo vertice dei Paesi produttori di petrolio come un flop, dato che nemmeno stavolta ci sono stati tagli né congelamenti alla produzione ed è saltato anche il piano per reintrodurre un tetto produttivo ufficiale, un limite senza il quale il gruppo non potrà mai più deliberare interventi sul mercato. Ma l’incontro di ieri presenta anche aspetti positivi, l’Opec è finalmente riuscita ad eleggere un nuovo segretario generale, risultato non da poco che sblocca una situazione di stallo che durava ormai da 4 anni; altra novità, al prossimo vertice parteciperà anche il Gabon, un piccolo produttore, che però fa salire a 14 il numero dei Paesi membri, record storico nei 56 anni dalla nascita dell’Organizzazione. Molto soddisfatti i commenti dei ministri presenti, il recente recupero dei prezzi del barile aiuta a rasserenare gli animi, anche se ieri il mercato ha reagito con delusione alle conclusioni del vertice ed il prezzo è sceso di circa il 2%, recuperando però, grazie al calo delle scorte petrolifere degli Stati Uniti, fino a tornare al di sopra dei 50 dollari al barile.
Bce: la Banca centrale europea ha ritoccato al rialzo, ma in misura minima e solo per quest’anno, le sue previsioni di inflazione e crescita per l’eurozona lasciando invariata, come previsto, la politica monetaria. Il suo presidente Mario Draghi ha affermato che la Bce è focalizzata al momento sull’attuazione del pacchetto di stimolo annunciato a marzo, ma ha lasciato la porta aperta ad ulteriori misure se la situazione dovesse richiederlo. Fra le incognite geopolitiche che più preoccupano la banca centrale c’è l’esito del referendum britannico del 23 giugno sulla permanenza nell’Unione europea; Draghi ha detto che la sua istituzione è pronta per ogni risultato, ma non ha precisato quali misure siano in preparazione a Francoforte nel caso prevalga il voto per Brexit. Il capo della Bce ha comunque ripetuto che la permanenza di Londra nella Ue presenta solo vantaggi per ambo le parti.