Politica interna
Maggioranza – Il leader del Pd Matteo Renzi e quello del Nuovo centrodestra Angelino Alfano si sono confrontati ieri a Roma, alla presentazione del libro di Bruno Vespa. “Un negoziato in diretta del contratto di governo”, come dice Alfano. Un “patto di governo” che dovrà cominciare dalla legge elettorale e che dovrà fare i conti con l’esecutivo in carica e con il suo premier, Enrico Letta. Perché se Renzi da un lato sembra non escludere la possibilità di procedere senza la maggioranza coesa, dall’altro Letta spiega: “Penso che la legge elettorale debba essere fatta. Bisogna che la maggioranza sia d’accordo ma è anche giusto che sia fatta col maggiore consenso possibile”. Un modo, insomma, per chiamare Renzi a una legge condivisa anche con Alfano. Renzi sottolinea che vorrebbe una legge “più condivisa possibile”, ma “se non ci sono alternative, si fa. E si fa subito”. E Vespa incalza Alfano: “Angelino, se la fanno con un’altra maggioranza sarà crisi?”. Il leader del Ncd, che teme un asse di Renzi con Fi e Grillo, storce il naso: “Do il massimo della buona fede a Renzi, abbiamo interessi in comune”. Anche sul timing del governo ci si divide. Renzi propone un patto di coalizione “fino al 2014, ma anche fino al 2018 se facciamo le cose”. Alfano frena: “Su questo sono più pessimista, io penso a un patto di governo di 12 mesi, lo chiamerei Italia 2014”.
Pd – I democratici guidati da Renzi si stanno sganciando sempre più dalla Cgil. L’ultimo strappo è stato la proposta di contratti d’ingresso nel mondo del lavoro, privi però delle tutele dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Contratti che Letta non disdegnerebbe, perché “tutto ciò che fa più occupazione, è benvenuto”. Lo stesso Renzi ha però ricordato ieri sera che un piano con la sua firma non è ancora stato presentato e che non intende partecipare a “un derby” sull’articolo 18 che trasformerebbe tutto in “melma”. I renziani sottolineano che la questione dell’articolo 18 è stata enfatizzata dai media a scapito della sostanza: l’aumento dei diritti dei giovani sancito da contratti a tempo indeterminato invece che dai contratti a progetto che, si è ben visto, non garantiscono nulla.
Forza Italia – Non è servito il vertice con lo stato maggiore del partito a convincere Berlusconi a stilare il nuovo organigramma di Forza Italia. Sempre più deciso a “svecchiare” i vertici del partito, il Cavaliere resiste all’assalto dei suoi che vorrebbero punti fermi. Berlusconi si sfoga: “Ci sono troppi veti incrociati, vi dividete su tutto, capite che così ho difficoltà a decidere. E poi la situazione è in totale movimento”. Per ora niente Ufficio di presidenza, almeno fino a gennaio, ed è difficile pure la nomina a giorni di commissari in alcuni coordinamenti regionali rimasti scoperti. I più vicini al leader sostengono che al momento i pensieri di Berlusconi vanno in primo luogo al lancio dei club.
Politica estera
Olimpiadi – Nessun membro della famiglia presidenziale americana presenzierà ai Giochi di Sochi. E la delegazione americana alle prossime olimpiadi sarà composta, tra gli altri, da due atlete omosessuali, la tennista King e l’hockeista Cahow. Un messaggio diretto a Vladimir Putin e alla sua politica anti-gay. La legge russa contro la “propaganda gay” è la cartina tornasole di uno scarso rispetto per i diritti civili che “Human Rights Watch” condanna in un rapporto reso noto proprio ieri, nel quale si descrivono i casi di cinque attivisti russi che dopo aver denunciato sperperi e mancanze degli organizzatori delle Olimpiadi invernali sono finiti in prigione o davanti al giudice, accusati di “aver aggredito agenti della sicurezza”. Giocando la carta dei diritti civili contro Putin, la Casa Bianca compie una nuova mossa nell’escalation di tensioni bilaterali con il Cremlino iniziata sin dall’indomani della rielezione di Obama.
Francia – Alla vigilia del Consiglio europeo di oggi e domani Hollande ha chiesto che in assenza di soldati e mezzi europei venga almeno creato un fondo comune Ue, per sostenere finanziariamente lo sforzo militare francese in Africa. “Gli aiuti puntuali non bastano, ci vuole un fondo permanente”, propone Hollande. Londra però si oppone: il premier conservatore David Cameron ha già fatto sapere che la Gran Bretagna non accetterà un maggiore impegno, né per aiutare la Francia a Bamako e Bangui né per costruire una vera difesa comune europea. Dichiara il primo ministro inglese: “C’è già la Nato ad assicurare la nostra difesa collettiva. La sicurezza è una competenza dei singoli Stati membri e la Gran Bretagna ribadirà in modo chiaro che non vuole un’estensione delle competenze europee in quest’area”.
Economia e Finanza
Legge di Stabilità – Un fondo per tagliare il cuneo fiscale, una nuova web tax in versione light, nessuna modifica alla Tobin, sì al “contratto di ricollocazione” per superare il monopolio dei centri pubblici per l’impiego, mentre restano fuori le misure per agevolare il rientro dei capitali dall’estero. Queste le modifiche alla legge di Stabilità sulla quale il governo dovrebbe porre oggi la fiducia. Ieri alla Camera la giornata è stata tesa, con Forza Italia all’attacco per denunciare “tutte le clientele e tutte le marchette” della Stabilità. E il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, che ha incontrato per 40 minuti il premier Enrico Letta. Un incontro non necessariamente amichevole, soprattutto se si considerano le critiche dei giorni scorsi all’impianto della manovra da parte del numero uno degli industriali.
Unione bancaria – I ministri delle Finanze dell’Unione europea stavano finalizzando ieri sera un sofferto accordo su un meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie. Il nuovo assetto, da associare alla vigilanza unica presso la Banca centrale europea, prevede una graduale ma significativa mutualizzazione di risorse finanziarie, così come importanti cessioni di sovranità. Tre gli aspetti che i ministri hanno dovuto affrontare: il fondo di risoluzione, che sarà associato al meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie e che nascerà con un trattato intergovernativo; il paracadute finanziario da utilizzare mentre il fondo sale a regime nel giro di dieci anni; e le modalità di voto nel consiglio di risoluzione, ossia nell’organismo che sarà chiamato a prendere una decisione sull’eventuale chiusura o ristrutturazione di un istituto di credito in crisi.