Politica interna
Pd: si annuncia un altro agosto caldo per il Partito Democratico, dopo che la minoranza dem ha rotto la tregua su due temi scottanti come quelli delle nomine Rai e del referendum costituzionale. I bersaniani Fornaro e Gotor hanno annunciato le loro dimissioni dalla Commissione di Vigilanza Rai, in segno di aperto dissenso dalla decisione di sostituire la ormai ex direttrice del Tg3 Bianca Berlinguer e denunciando “mancanza di trasparenza”. Ma il vero schiaffo è arrivato sul referendum; dieci parlamentari, soprattutto di area bindiana, hanno firmato un documento per annunciare il loro no alla consultazione autunnale. Si tratta solo di un primo affondo al quale, hanno spiegato i dissidenti, se ne aggiungeranno altri; “se Renzi non lancia subito una proposta di modifica della legge elettorale andremo nella direzione opposta a quella voluta dal premier, con conseguenze gravi nel Pd e per il governo”. Il clima si va dunque surriscaldando e non si esclude che alla ripresa dei lavori in Aula ci possa essere guerriglia anche sulla legge di Stabilità.
Caridi: ha fatto il suo ingresso a Rebibbia poco dopo le 19 il senatore di Gal Antonio Caridi. Solo tre ore prima 154 colleghi di Palazzo Madama avevano votato per il suo arresto, chiesto dalla Procura di Reggio Calabria con la pesante accusa di essere uno degli “invisibili” al vertice della ‘ndrangheta. Caridi si dichiara innocente e dice di non avere mai fatto patti con il crimine organizzato, né di avere “svenduto il suo ruolo”. Ma contro di lui hanno votato il Pd, M5S e Sel, mentre Forza Italia, Ap ed il suo stesso gruppo Gal hanno messo insieme solo 110 voti; 12 gli astenuti. Era opinione condivisa che tutto sarebbe finito con un rinvio a settembre, ma un Presidente del Senato in versione quanto mai decisionista ha cambiato il corso della giornata, sorprendendo tutti ed annunciando l’inversione dell’ordine del giorno, dando così la priorità al caso Caridi ma sollevando molti malumori anche fra le fila del Pd che vedono rischi di problemi per la maggioranza renziana.
Politica estera
Turchia: Erdogan stringe la morsa su Hizmet, l’organizzazione del predicatore islamico Fethullah Gulen, accusato di essere dietro il fallito colpo di Stato del 15 luglio, e lo fa su due fronti. Il primo è quello giudiziario; ieri una corte di Istanbul ha emesso un mandato d’arresto per Gulen, che è in esilio volontario in Pennsylvania dal 1999 e di cui Ankara chiede l’estradizione; il provvedimento elenca una serie di accuse gravissime nei confronti del predicatore, fra le quali quella di tentato omicidio del presidente della Repubblica. Il secondo fronte nella strategia del governo turco è di carattere economico, saranno colpiti gli introiti finanziari di tutte le organizzazioni legate a Hizmet in Turchia e si chiederà ai Paesi vicini di smantellare tutte le scuole guleniste. L’allerta nel Paese resta alto, il governo ha dichiarato di aver avuto notizia di un altro golpe pianificato per il 14 agosto; sul piano internazionale la situazione non è meno tesa, secondo il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier la reintroduzione della pena di morte in Turchia bloccherebbe il processo di adesione del Paese alla Ue.
Libia: “nonostante il declino in Siria e in Iraq l’Isis ha ancora la capacità di ispirare attacchi anche negli Usa. Continueremo a combatterla senza sosta, la Libia è il nuovo fronte della nostra offensiva, i nostri raid sono i più precisi della storia”. Queste le parole di Barack Obama in una conferenza stampa al Pentagono, per spiegare agli americani perché la Casa Bianca ha deciso, su consiglio del ministro della Difesa Carter, di aprire un terzo fronte dopo quelli siriano ed iracheno, attaccando a Sirte. “Due anni fa Is era alle porte di Baghdad, ora perde terreno, non è invincibile, verrà sconfitto non solo militarmente ma occupandosi anche della ricostruzione”. La nuova offensiva in Libia non dovrebbe, nelle intenzioni della Casa Bianca, essere episodica, ma durare fino a quando Sirte non verrà liberata dalle forze del governo di unità nazionale, insediatosi lo scorso dicembre a Tripoli grazie agli sforzi dell’Onu e presieduto da Fayez Serraj.
Economia e Finanza
Visco: alla vigilia di un breve periodo di vacanza, dopo un anno non certo facile, parla il Governatore della Banca d’Italia che, pur escludendo che si possa parlare di un nuovo attacco all’Italia, mantiene sotto osservazione i mercati turbolenti, che penalizzano anche le banche che pure hanno superato bene gli stress test. “La crisi economica che si è abbattuta sull’Italia dopo il 2011 ha colpito più della Grande depressione, questo spiega perché abbiamo accumulato più crediti deteriorati che in altri paesi europei” dice Visco, aggiungendo che “le norma varate vanno nella direzione giusta, le banche però intensifichino la gestione attiva delle sofferenze”. Il Governatore difende l’operato della Vigilanza, sottolineando come i casi di mala gestio nelle banche italiane siano emersi proprio grazie a Bankitalia, e rassicura i risparmiatori dicendo “chi ha messo i soldi in banca, in un modo o nell’altro, non deve pensare che siano a rischio”.
Bank of England: “Fortemente indebolita”, questa la diagnosi dell’istituto centrale sullo stato di salute del paziente inglese. La cura deve essere quindi adeguata al peggioramento, almeno quella che passa per gli strumenti di politica monetaria, e dunque dosi massicce di denaro fresco per imprese e consumatori. La misura più immediata, e più attesa, è il taglio dei tassi di interesse di un quarto di punto, che porta il costo del denaro dallo 0,5% a quota 0,25%. E’ la prima volta dalla crisi del 2009 che Londra rimette mano all’interest rate, e probabilmente non sarà l’unica nel 2016, visto che il Governatore Carney ha detto che “c’è spazio per arrivare appena sopra lo zero”. Contemporaneamente il Comitato di politica monetaria ha deliberato il rilancio del quantitative easing, arricchito di 60 miliardi di sterline per accrescere l’acquisto di bond sovrani. Ma altri 100 miliardi di pounds andranno a tutelare ed al tempo stesso a blindare il sistema bancario del Regno Unito. L’incertezza innescata dall’addio all’Unione europea resta comunque altissima e le previsioni della BoE parlano di sostanziale stagnazione sino alla fine dell’anno.