Politica interna

Italia al voto: Nonostante il silenzio imposto, numerosi politici hanno infranto il regolamento continuando il dibattito politico a poche ore dall’apertura delle votazioni. Le rotture sono state praticate principalmente sui social network, con messaggi da parte di Luigi Di Maio, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi. Tra i pochi a preservare il silenzio è stato Matteo Renzi, il cui destino politico potrebbe essere deciso qualche ora dopo l’esito del referendum. Lo scontro sul silenzio elettorale ha coinvolto anche i Comitati dei due fronti, con Debora Bergamini (FI) che ha accusato quello del Sì di avere ancora la pubblicità attiva su Google mentre lato Sì accusano i sostenitori del No di aver pubblicato un messaggio di Anna Falcone contro la riforma costituzionale. Nel frattempo su Twitter #riformacostituzionale, hashtag promosso dal comitato Basta un sì, è diventato trending topic. I risultati dovrebbero essere noti dopo circa un’ora dall’inizio dello spoglio e verranno influenzati anche dai voti degli italiani all’estero, circa 4 milioni e che hanno espresso già la loro preferenza. Gli italiani chiamati al voto sul territorio nazionale saranno invece 47 milioni.

Voti dall’estero: E’ arrivato ieri l’ultimo carico di schede degli italiani all’estero, collocate nel centro polifunzionale di Castelnuovo di Porto, un luogo isolato tra la Flaminia e la Tibertina e che sin dal 2003 ha accolto le schede degli italiani lontani dalla patria. Le polemiche degli ultimi giorni sui rischi di brogli hanno costretto a rinforzare la sicurezza, chiamando l’Esercito e indicando ai funzionari (stimati in 10mila scrutatori) di mantenere la riservatezza più assoluta. Oltre al personale statale numerosi sono i giornalisti e gli osservatori dei comitati per Sì e No che si sono recati per controllare il corretto svolgimento delle operazioni. I voti dall’estero potrebbe essere decisivi per il risultato definitivo, motivo per cui l’attenzione sarà massima fino al termine dello spoglio.

Politica estera

Telefonata da Taiwan: Una telefonata tra i leader di Stati Uniti e Taiwan potrebbe segnare un punto di rottura nelle relazioni diplomatiche tra Washington e Pechino. Durante il contatto telefonico la premier taiwanese Tsai Ing-Wen si è congratulata con Trump per la vittoria alle elezioni, ricevendo dal presidente eletto ringraziamenti e l’appellativo di “presidentessa di Taiwan”. E’ stato questo dettaglio a scatenare l’ira della Cina, tanto dallo spingere il ministro degli Esteri Wang Yi ad affermare che i contatti tra le due superpotenze potrebbero subire “interferenze o rotture”. Era infatti dal 1979 che gli Usa avevano congelato i contatti con Taiwan (considerata da Pechino una mera provincia) al fine di salvaguardare i rapporti diplomatici tra Usa e Cina. Gli Usa hanno comunque continuato a tenere viva in modo ufficioso la linea diplomatica con Taiwan per tutto questi anni, sia per motivi strategici sia per questioni di affari. Tant’è che lo stesso Donald Trump ha scritto un tweet polemico a riguardo: “è interessante come gli Usa possano vendere armi per milioni di dollari a Taiwan, ma io non possa ricevere una telefonata di congratulazioni”. Gli opinionisti nel frattempo continuano a interrogarsi sulle motivazioni dietro la mossa di Trump: si è trattato di una gaffe o di un tentativo per ribaltare sommessamente i rapporti diplomatici con la Cina, continuando il cambiamento della politica estera statunitense? I recenti precedenti (l’apprezzamento verso Putin, i contatti con Duterte, la chiamata al leader pakistano Sharif) suggeriscono una risposta ma The Donald si è finora distinto come un personaggio spiazzante.

Presidenziali Austria: Nelle delicate elezioni presidenziali austriache, previste oggi, un quartiere di Vienna in particolare potrebbe regalare all’esponente la vittoria di estrema destra Norbert Hofer: è il quartiere di Simmering, ex zona operaia diventata una roccaforte della Fpö. Tra i fattori che potrebbero rivelarsi determinanti e che più hanno attecchito nel quartiere, vi è la linea dura promossa da Hofer sui migranti e la frustrazione nei riguardi della Grande Coalizione austriaca da anni al potere, che mette insieme Spö e Övp. Lo dimostrano gli umori dei cittadini austriaci per cui l’aiuto ai profughi bisognosi è ben accetto ma “il problema è che molti vengono a sfruttare il nostro Stato sociale e ricevono dallo Stato soldi e uno smartphone nuovo”. Contribuisce ad alzare le probabilità di vittoria il volto moderato che ha cercato di comunicare Hofer durante la campagna elettorale. “Non siamo populisti di destra, lo dicono gli altri partiti in quanto hanno paura di noi, là dove governiamo le persone non ci temono, perché vedono che siamo assolutamente normali” sostiene così Paul Stadler (Fpö), presidente di circoscrizione di Simmering e primo politico del partito a guidare un quartiere di Vienna. Una prima volta che oggi potrebbe ripetersi qualora Hofer vincesse le presidenziali.

Economia e Finanza

Mercati e referendum: Secondo alcuni operatori di Borsa, l’esito negativo della vittoria del No sarebbe stato già scontato sui mercati. La bocciatura della riforma costituzionale potrebbe quindi portare a pagare un prezzo dal punto di vista finanziario, ma lo scotto sarebbe però scontato in tempi brevi e relativamente indolori. Lo scenario potrebbe però cambiare qualora la vittoria del No fosse netta. Gli organi interessati hanno già calcolato una tale possibilità ed è per questo che sono pronti strumenti per frenare un’eventuale deriva. Così come la Bce ha annunciato nei giorni scorsi la possibilità di aumentare a sua discrezione l’acquisto di titoli di Stato italiani per contrastare lo spread, la Consob potrebbe quindi valutare a sua volta lo stop alle vendite allo scoperto, cercando di tutelare soprattutto i titoli bancari. Anche Bankitalia sarebbe allerta, con strumenti d’emergenza pronti a scattare qualora la volatilità raggiungesse valori preoccupanti.

Riforma delle banche popolari: Dopo lo stop di venerdì arrivato dal Consiglio di Stato, Bankitalia e Mef si sono messe subito al lavoro per trovare una soluzione che sblocchi la riforma che impone la trasformazione delle banche popolari in spa. Incombono infatti varie scadenze (tra cui quelle delle popolari di Bari e Sondrio) e si vorrebbe evitare qualsiasi intoppo che possa allungare ulteriormente il processo. Ecco perché i tecnici di Bankitalia e del ministero dell’Economia sarebbero già al lavoro per stabilire in modo univoco come comportarsi per il recesso oltre a concentrarsi sul passaggio in cui si affida all’organo di vigilanza il potere di delegificazione, tra i più suscettibili all’incostituzionalità. Per attuare i cambiamenti si utilizzerà probabilmente un decreto-legge anche se la vicenda verrà sicuramente influenzata dal risultato del referendum: il governo potrebbe infatti uscirne indebolito e la modifica congelata di conseguenza. In questo caso le popolari che ancora non hanno praticato la trasformazione si troverebbero in difficoltà, qualora non effettuassero il passaggio alla struttura di spa in tempo. Le regole prevedono infatti il ritiro della licenza bancaria se non vengono rispettati i termini.