Politica interna
Il caso Raggi. Ai piani alti del Movimento è già pronta la fase 2 della difficile gestione del caso Raggi: difenderla a oltranza anche in caso di rinvio a giudizio. Il codice pentastellato, rifinito con tempistica ad personam, parla chiaro: Raggi è automaticamente fuori dal Movimento solo in caso di condanna in primo grado. Salvo che spuntino fuori intercettazioni più compromettenti che convincono Grillo, in qualità di garante, ad abbandonarla al suo destino. La via crucis giudiziaria di Virginia Raggi è uno strazio a cui, comunque, Grillo e Casaleggio non vogliono assistere da semplici spettatori. E per ora tenere il punto su Roma e dare la colpa di tutto alla stampa è una strategia concordata tra Beppe Grillo e Davide Casaleggio, l’unica al momento considerata in grado di traghettare il Movimento verso il successo alle prossime politiche. Così, anche nell’ipotesi di un rinvio a giudizio, il garante potrebbe scegliere di non far scattare alcuna sanzione. È’ per questo che la strada del patteggiamento è considerata non percorribile («È un’ammissione di colpa, la cacceremmo in un attimo») ed è stata negata ieri dallo stesso avvocato della sindaca, Alessandro Mancori. L’idea è di permettere a Virginia Raggi di professare la sua innocenza nell’interrogatorio di lunedì e intanto, vedere che succede.
Il Pd si prepara alle elezioni. Il segretario Matteo Renzi sarà a Rimini oggi, all’assemblea dei mille amministratori dem. Dice che non parlerà di legge elettorale e data del voto, ma di ambiente, sicurezza, delle liste d’attesa nella sanità: per sentirsi sindaco tra i sindaci. Nelle stesse ore a Roma i comitati “Scelgo No” al referendum costituzionale di dicembre, capitanati da Massimo D’Alema, tutt’altro che disposti a sciogliersi, si riuniscono in un Movimento, che avrà un nuovo nome: per la Ricostruzione del centrosinistra. E intanto, retroscena giornalistici (Repubblica) fanno sapere che il premier Gentiloni si schiera dalla parte di Renzi: «Io tutto posso fare, tranne che mettermi contro il mio partito». E d’altronde, i colleghi di partito bussano ogni giorno alla sua porta per rammentargli il suo destino, Delrio lo fa a ogni intervista, Orfini a ogni dichiarazione. Nel Pd c’è pure chi anticipa «come» avverrà l’evento. Perché il «quando» è scontato, dato che a giugno Renzi vuole votare. E Gentiloni, senza lasciar mai trasparire emozioni, ogni giorno ascolta e sorride: «E il mio memento mori quotidiano». Il presidente del Consiglio convive con la data di scadenza del suo governo da quando il segretario del Pd l’ha scelto per formare il governo. Da allora dedica parte del suo tempo ad appuntarsi il giorno delle urne, che Renzi gli anticipa sempre come definitiva.
Politica estera
In Russia si può picchiare la moglie – In Russia la violenza domestica, nei confronti di moglie e figli, non sarà più reato: sarà derubricata a Illecito amministrativo. Il colpevole sarà soggetto solo a una multa che potrà arrivare a 500 euro. Contro la legge, che ora dovrà essere votala dal Consiglio della Federazione, sono insorti tutti i gruppi che si occupano di protezione delle donne e dell’inlanzia. In Russia, negli ultimi dodici mesi, 14 mila donne sono state uccise da familiari.
Intesa tra Trump e May su Brexit e migranti. Il Sole 24 Ore scrive che ieri è nato un nuovo G2 a Washington, quello fra la Gran Bretagna di Theresa May e gli Stati Uniti di Donald Trump. Non è un binomio da sottovalutare: 35 anni fa Ronald Reagan e Margaret Thatcher fecero un’alleanza politica che cambiò il mondo. I due leader sembrano d’accordo su tutto: commercio, lotta all’Isis, persino sulla Nato. Trump-May ereditanoda Reagan e Thatcher l’atteggiamento pro-business, antistatalista, anti-tasse. Si discostano su un aspetto importante dal liberismo degli anni Ottanta: soprattutto Trump, abbraccia un protezionismo che non è nella tradizione della destra classica, né dell’establishment capitalista. Eppure resta un grosso problema che rischia di rovinare tutto: si chiama Vladimir Putin. E’ un passaggio delicato: oggi Trump e il presidente russo si sentiranno per telefono. Nella Casa Bianca, all’ora di pranzo, davanti a tv e giornalisti, Trump e la premier britannica May provano a circoscrivere le differenze rispetto al Cremlino. Washington elogia la Brexit e annuncia di voler rinforzare l’esercito e una stretta sui migranti. E intanto, il cardinale Peter Turkson, uno dei «ministri» del Papa, che in Vaticano guida il nuovo Dicastero per lo «Sviluppo umano integrale», non usa perifrasi nel commentare il progetto del presidente americano al confine tra Usa e Messico: «Noi ci auguriamo che il muro non sia costruito ma, conoscendo Trump, forse si farà. La Santa Sede è preoccupata perché non riguarda solo la situazione con il Messico ma il segnale che si dà al mondo».
Lotta contro il bavaglio in Turchia. «Gli scrittori turchi devono poter parlare, criticare, protestare senza dover temere rappresaglie». I premi Nobel per la Letteratura, il Pen Club International, gli autori turchi che hanno scelto di rimanere in patria amando il Paese «per la sua grande storia e l’arte immensa» si schierano a fianco di quanti sono in prigione per i loro scritti. Si trattino di libri, articoli, lavori teatrali, traduzioni. Una conferenza stampa in un albergo vicino a Piazza Taksim, il centro di Istanbul, ha presentato l’appello degli scrittori internazionali a favore dei loro colleghi. «Vi scriviamo per farvi sapere che non siete soli. Vi scriviamo per dirvi che non resteremo pigri nel vostro momento del bisogno. Non resteremo in silenzio mentre i diritti umani vengono violati. Alzeremo la nostra voce a livello globale contro ogni tentativo di mettere a tacere le vostre voci». I nomi che hanno sottoscritto il messaggio sono tanti e importanti. I premi Nobel Elfriede Jelinek, J.M. Coetzee, Mario Vargas Llosa. E poi, in ordine sparso, e tralasciando molti autori: Jonathan Franzen, Salman Rushdie, Adonis, Elif Shafak, Margaret Atwood, l’artista Ai Weiwei.
Economia e Finanza
Bruxelles, no a manovre depressive. Da Madrid, il premier Gentiloni ha ribadito che l’Italia rispetterà le regole europee, ma senza manovre depressive per la crescita: nessuna manovra correttiva in preparazione ma solo «politiche espansive» utili a favorire la crescita e far fronte alle spese per le «circostanze eccezionali», ossia terremoto e migranti. Intanto, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha esortato a non respingere la richiesta di manovra correttiva dello 0,2% del Pil. Al termine dell’Ecofin a Bruxelles, ha definito la possibile contestazione europea «un grosso problema per l’Italia in termini di reputazione» e «un’inversione a U rispetto a tutto quello che è stato fatto finora». Per la prima volta il ministro dell’Economia si è dissociato dalla linea attribuita al leader del suo partito Matteo Renzi, che affronterebbe la procedura pur di evitare tagli di spesa recessivi e impopolari in vista delle possibili elezioni anticipate. Giovedì scorso il presidente renziano dell’assemblea Pd, Matteo Orfini, aveva definito «irricevibile» la lettera di Bruxelles, dopo aver appreso dal commissario Ue francese Pierre Moscovici l’impossibilità di sconti nel 2017 a causa delle spese strutturali per terremoti e altre calamità. Il premier Paolo Gentiloni ha cercato un compromesso inviando una lettera al presidente lussemburghese della Commissione europea Jean-Claude Juncker. «L’espressione manovra correttiva mi crea qualche scompenso – ha commentato Gentiloni a Madrid dopo l’incontro con il premier spagnolo Mariano Rajoy -. Come ha detto il ministro Padoan, stiamo negoziando e lavorando. Come sempre rispetteremo le regole, ma lo faremo senza, in alcun modo, manovre depressive e confermando la continuità dell’azione riformatrice».
Intesa Sanpaolo e il dossier Generali. Intesa Sanpaolo non ha ancora deciso se farsi aventi su Generali, ma potrebbe sciogliere le riserve a breve. Proprio in queste ore cresce tra i soci del Leone interesse per la proposta e per il prezzo: una questione evocata già da Carlo Messina giovedì sera, e che rimarrebbe il principale tassello al centro degli approfondimenti da parte di Ca’ de Sass. C’è chi ritiene che il fine settimana possa essere decisivo. Che si arrivi o meno a una proposta, da Intesa Sanpaolo si lascia intendere che i tempi non saranno brevissimi, ribadendo nei fatti il messaggio del ceo. Ma è anche vero che il dossier non può restare aperto all’infinito e così c’è chi ritiene il week-end che si apre oggi come decisivo per il destino del possbile asse Intesa Sanpaolo-Generali. La banca,che ieri ha riunito il consiglio per l’approvazione del budget 2017, durante ií board non ha fatto cenno alla questione. Rumor, non confermati, davano per possibile però un’altra riunione straordinaria prima di quella già convocata venerdì per i conti, nel caso in cui si materializzasse un’accelerazione. Forse domani, anche se ieri sera non risultava convocata.