Politica interna
Berlusconi: due anni di interdizione dai pubblici uffici. Dopo un processo lampo è arrivata la decisione della Corte d’Appello di Milano che ha ridefinito la pena accessoria per il leader del Pdl. Una sentenza collegata al processo sul caso Mediaset nel quale Berlusconi, imputato per frode fiscale, è stato condannato a quattro anni di carcere, tre dei quali coperti da indulto. L’avvocato Ghedini, difensore dell’ex premier, annuncia che la sentenza sarà impugnata perché “non avrebbe dovuto trovare applicazione nessuna misura interdittiva”. Tutto il Pdl si è immediatamente compattato attorno al suo capo, il segretario Alfano ha parlato di sentenza che “non priverà un leader del suo popolo e quel popolo del proprio leader”. Ma Berlusconi, infuriato per la sentenza, distingue fra quelli che “mi hanno sempre voluto bene” ed i “falsi e traditori” all’interno del partito, ed appare irritato dalle manovre centriste che coinvolgono anche il segretario del Pdl.
Scelta Civica: il movimento sembra avere le ore contate, il solco che allontana Monti dal progetto dei moderati Casini e Mauro si fa sempre più profondo dopo che il professore bocconiano ha accusato i due di essere “specialisti in slalom della politica”. Mauro ha confermato il suo appoggio incondizionato a Enrico Letta, mentre sul tema Casini ha accusato Monti di “doppia morale”, dicendo che “al mattino dichiara la sua solidarietà a Letta, nel pomeriggio cosparge il cammino di ostacoli” e chiosando “…ho conosciuto due Monti: sono affezionato al primo, del secondo non parlo”; l’ex leader dell’Udc ha comunque definito “ridicola” l’ipotesi di un suo avvicinamento a Berlusconi e comunque di un ritorno di fiamma con il Pdl. Al Senato nascerà probabilmente un nuovo gruppo, formato da dodici dei 20 senatori di Scelta Civica, mentre i montiani confluiranno nel Gruppo Misto. Situazione in evoluzione anche alla Camera, dove il partito conta 47 deputati.
Manifestazione a Roma: pomeriggio di tensione nella capitale, la protesta di migliaia di persone appartenenti a gruppi No Tav, centri sociali, migranti, rifugiati politici ha bloccato la città. Antagonisti e giovani teppisti mascherati e incappucciati hanno assalito il ministero dell’Economia sfidando i blindati della Finanza a guardia del portone, ma la sicurezza ha retto al lancio di petardi, pietre, bottiglie e bastoni. Bilancio finale della giornata 15 fermati, alcuni cassonetti rovesciati, qualche barricata, tutto sommato un successo sia per gli organizzatori che per i responsabili dell’ordine pubblico, visti i timori e le informazioni preoccupanti che circolavano da giorni.
Politica estera
Hillary Clinton: anche se la decisione definitiva non è ancora stata presa, la macchina elettorale della ex first lady è già in moto da tempo, al punto che sta preparando un viaggio in Europa per la prossima primavera, Italia inclusa, che in sostanza rappresenterebbe l’esordio internazionale della sua corsa alla Casa Bianca. Pur mancando ancora l’annuncio ufficiale i fedelissimi hanno già aperto la raccolta di fondi per l’eventuale campagna presidenziale della Clinton, attraverso un’organizzazione che formalmente non ha ricevuto un incarico ufficiale ma cha ha legami evidenti con la ex First lady.
Maldive: non si è votato nell’arcipelago dell’Oceano Indiano, che dopo le dimissioni di Mohamed Nasheed, primo capo di Stato eletto democraticamente nel 2008 e costretto ad andarsene 21 mesi fa, non ha ancora trovato un successore, anche se la legislatura volge ormai al termine. Ieri il voto è stato annullato un’ora prima dell’apertura dei seggi a seguito dell’intervento della polizia, che ha bloccato i membri della commissione elettorale impedendo il trasporto del materiale necessario per procedere al voto. Il portavoce delle forze dell’ordine ha giustificato il blocco dicendo che la lista degli elettori doveva essere approvata da tutti e tre i candidati alla presidenza, mentre due di loro non avevano firmato l’elenco. Ora per evitare una crisi costituzionale il presidente uscente ha proposto di andare alle urne il 26 ottobre, ma il Parlamento democratico invoca l’intervento della comunità internazionale.
Economia e Finanza
Manovra: si ampliano le distanze fra Confindustria e governo, al centro della discussione la legge di Stabilità, che domani verrà consegnata a Bruxelles e che gli imprenditori giudicano essere troppo micragnosa nel ridare potere d’acquisto alle famiglie. Anche l’ipotesi che possa essere migliorata nel corso dell’iter parlamentare non convince il presidente Squinzi, che paventa il rischio di “interventi a pioggia e un pateracchio incredibile”. Una sfiducia nella politica e nel solito assalto alla diligenza che va in onda da lustri, sintetizzata da una frase dell’imprenditore che dice “Quante porcherie, quante porcate, il nostro Paese non merita questo destino”. La replica arriva dal ministro Zanonato che definisce “sbagliato ed esagerato” il giudizio di Squinzi, perché gli 11,6 miliardi a disposizione del governo sono stati spesi “in modo di avere il massimo effetto in direzione delle attività produttive e in direzione anche del sociale”. Poi il titolare dello Sviluppo sbotta dicendo che sente “critiche da tutte le parti mentre nessuno fa proposte concrete”, scatenando la reazione del presidente dei giovani confindustriali Morelli, che ricorda il documento presentato dalla sua organizzazione a gennaio e finito in un cassetto dopo le “larghe intese”.
Bce: Draghi ha scritto una lettera confidenziale alla Commissione europea, lanciando un allarme sui rischi per il sistema bancario provenienti dalla contemporanea entrata in vigore del sistema di salvataggio e dei nuovi requisiti di capitale in vista della vigilanza unica affidata alla Ue. La missiva risale al 30 luglio e non si capisce perché abbia tanto tardato ad essere diffusa al pubblico; Draghi si dice preoccupato dell’interazione con le nuove linee guida sugli aiuti di Stato che sono entrate in vigore ad agosto. Il documento, confermato da fonti della Banca centrale europea e della Commissione, segna il ritorno allo scontro fra falchi e colombe, tra fautori di misure per la ripresa e seguaci ortodossi del rigore. Soprattutto Angela Merkel si schiera apertamente con il partito dei duri, chiedendo una modifica dei trattati europei per devolvere più parti di sovranità nazionale dei membri dell’eurozona alla Commissione europea, in modo da introdurre e rendere possibili sanzioni veloci e dure contro gli Stati che mancano il bersaglio del risanamento.