Politica Interna
Immigrazione. E’ in agenda giovedì prossimo a Roma l’incontro annunciato dal commissario europeo all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos con il ministro dell’Interno Marco Minniti. In un tweet, Avramopoulos ieri ha espresso il suo appoggio alle politiche del governo italiano. L’Italia, come emerso dai dati dell’agenzia europea Frontex diffusi venerdì, resta infatti uno dei fronti più esposti, con un record di arrivi nel 2016: 181 mila i migranti passati dalla rotta centro mediterranea l’anno scorso, il 20 per cento in più rispetto all’anno precedente. La settimana prossima, ha spiegato Natasha Bertaud, Frontex lancerà le Squadre europee di intervento per i rimpatri. L’agenzia, ha precisato la portavoce, «potrà mettere a disposizione scorte, specialisti del controllo e dei rimpatri per coadiuvare i Paesi nell’organizzazione e nel coordinamento delle operazioni di rimpatrio», ma anche per cooperare con i Paesi terzi, quelli di origine e transito, per rimpatri e riammissioni. <Minniti sembra intenzionato a non lasciare che le cose continuino come sono andate in questi anni, con un sistema dell’accoglienza in perenne oscillazione fra i due estremi del modello italiano: da un lato il mancato rispetto del diritto dei migranti a un trattamento umano e a tempi di attesa ragionevoli, dall’altro la perdurante disponibilità a chiudere un occhio sugli irregolari e su chi non rispetta i decreti di espulsione. Da qualche giorno, finalmente, si torna a parlare delle strutture di accoglienza e della loro inadeguatezza in termini concreti, pensando più alle soluzioni che agli slogan>.
M5S. C’è un crescente interesse, ma anche una forte, concorde preoccupazione all’estero per quello che è il M5S oggi. BuzzFeed, New York Times, Cnn (con Christiane Amanpour di fronte a un Di Maio esitante), Guardian, Der Spiegel hanno posto molte domande inevase ai cinque stelle. Come si spiega, per esempio, il richiamo alla partecipazione diretta e una governance integralmente nelle mani di un’azienda privata? Quanti, e quali siti e pagine e gruppi facebook (e account twitter) gestisce, direttamente o indirettamente, la Casaleggio? Altri siti sono fonte di ricavi pubblicitari, oltre blog di Grillo? Perché il M5S, che anni fa stava con le Pussy Riot, dal 2014 bruscamente vira su Putin? Quali sono esattamente i rapporti tra il Movimento e gruppi d’interessi del centrodestra, che tornano sempre, dalla storia Raggi – Previti – Sammarco ad altre? E se il Movimento andasse a Palazzo Chigi, le cose andrebbero male come a Roma? Il M5S chiederebbe, con modifica costituzionale, un referendum sull’euro?
I vertici del Movimento 5 Stelle invece vogliono sapere cosa c’è nelle chat dei “quattro amici al bar”: il nome che Virginia Raggi, Raffaele Marra, Salvatore Romeo e Daniele Frongia avevano dato al loro gruppo segreto su WhatsApp per scambiarsi informazioni riservate, direttive di lavoro, commenti su quanto accadeva ogni giorno in Campidoglio. Soprattutto per questo, Davide Casaleggio sbarcherà a Roma probabilmente già martedì.
Politica Estera
Hacker russi. «Solo gente stupida o dei pazzi possono pensare che avere buone relazioni con la Russia non sia un bene!». Donald Trump ha usato come al solito Twitter per rispondere alle critiche (quasi) unanimi dei media Usa dopo la pubblicazione del rapporto dell’Intelligence sugli hacker russi, che inchioda Putin e condanna i diversi tentativi del Cremlino di «minare l’ordine democratico negli Stati Uniti». Nel tentare di mettere la sordina sulle polemiche (riguardo la sua “amicizia” con il presidente russo) con i “cinguettii” da 140 caratteri il neo-presidente rischia un effetto-boomerang e una guerra di lunga durata (fosse pure a bassa intensità) con l’Intelligence del Paese di cui è il nuovo “Commander in Chief”. La parola d’ordine al Cremlino è che non ci sia nulla di nuovo. La Tass riprende addirittura una dichiarazione fatta a ottobre da Dmitrij Peskov, il portavoce del presidente, quando venne fuori che era stato violato anche l’account di John Podesta, capo della campagna di Hillary Clinton: «Il sito di Vladimir Putin subisce ogni giorno migliaia di attacchi di hacker che partono dal territorio degli Stati Uniti. Ma non per questo noi ogni volta puntiamo il dito contro la Casa Bianca o Langley», dove ha sede la Cia.
La politica industriale di Trump. Appena eletto era difficile prevedere cosa avrebbe fatto il neo Presidente Trump. Nella campagna elettorale aveva detto tutto e il contrario di tutto: da una tariffa del 50% sulle importazioni cinesi alla reintroduzione della separazione tra banche commerciali e d’investimento, da un uso aggressivo dell’antitrust all’abolizione in toto di Dodd-Frank, la regolamentazione finanziaria introdotta dopo la crisi. Dopo due mesi, è chiaro che la politica industriale di Trump sarà pro business, ma non pro market. Sembra una sfumatura, ma è una differenza fondamentale. Il successore di Obama considera la Cina molto più pericolosa della Russia per il futuro dell’America e rischia di lasciare troppo spazio a Pechino sulla scena commerciale e politica internazionale, consentendo a Xi Jinping di proporsi come nuovo campione del libero commercio.
Economia e Finanza
Banche. L’azione di Governo nel 2016 s’è chiusa così com’era iniziata un anno fa con la gestione delle crisi bancarie. Dalle quattro banche in risoluzione del 22 novembre 2015 si è arrivati quasi alla vigilia di Natale a un nuovo provvedimento d’urgenza sul settore, questa volte ribattezzato salva-risparmio, per garantire la ricapitalizzazione precauzionale del Monte dei Paschi. Il 2017 ripartirà proprio da qui, con il percorso di conversione in legge del Dl ora all’esame del Senato ma anche con la necessità di sciogliere almeno tre nodi delicati. II primo è quello della riforma delle banche popolari. E
martedì, all’ordine del giorno dell’aula del Senato, c’è il voto (per alzata di mano) sulla richiesta di dichiarazione d’urgenza relativa al disegno di legge del M55 che propone l’«istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul dissesto finanziario dell’istituto di credito Monte dei Paschi di Siena». Così, in caso di voto favorevole, si dimezzerebbe da 60 a 30 giorni il periodo di istruttoria ancora concesso alla commissione Finanze al termine del quale, però, sarebbe sempre la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama a stabilire il «vero calendario» per l’approvazione del provvedimento. Servirebbero poi un paio di mesi per il via libera della Camera.
Le Province. Nei prossimi giorni ci sarà una riunione di governo per valutare la richiesta delle Province di avere altri fondi per evitare, come denuncia l’Upi, l’Unione delle Province italiane, che questi enti non chiudano i bilanci e falliscano. Le Province, infatti, hanno cambiato nome ma ci sono ancora. Dopo i tentativi falliti dei governi Monti e Letta di abolirle, con la legge 56 del 2014, la cosiddetta riforma Delrio, le Province sono diventate «enti di area vasta» di secondo livello, cioè eletti a suffragio ristretto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei municipi presenti sul loro territorio. Proprio oggi si svolgono le elezioni indirette in più di 30 Province. II governo che fa? «Il governo Renzi — risponde il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta — è già intervenuto nella legge di Bilancio 2017, che ha previsto un fondo da un miliardo per gli enti territoriali, che ha proprio lo scopo di ridurre i tagli previsti. Adesso il governo Gentiloni farà il previsto decreto della presidenza del Consiglio per ripartire lo stesso fondo».