Il delfino diventa nemico

Politica interna

 
Pdl: si avvicina il giorno del giudizio ed il partito appare quanto mai frantumato. La sfida tra “lealisti” e “innovatori” sfocia in guerra aperta, con Berlusconi che in vista del Consiglio nazionale di sabato cerca di evitare la scissione. L’ex premier vuole tenere il partito unito anche per difendersi in vista della decadenza, ma non dà garanzie sul governo ad Alfano e alle colombe; il vicepresidente del Consiglio chiede invece il rinvio dell’assemblea di sabato, ma Fitto ed i falchi picchiano duro cercando l’escalation che li porterebbe ad impadronirsi della nuova Forza Italia.    
 
Pd: si ingrossa il partito di chi si asterrà alle prossime primarie. Dopo la dichiarazione di disimpegno di Romano Prodi anche Sergio Chiamparino e Susanna Camusso hanno annunciato la loro rinuncia al voto per l’elezione del segretario, insieme all’ex portavoce di Prodi Silvio Sircana ed a Riccardo Illy. Disaffezione, disillusione, scoramento, effetto combinato prodotto dallo scandalo delle tessere ma anche da risentimenti e giochi tattici legati all’affluenza. Il presidente del Consiglio Letta si chiama fuori, affermando che non intende entrare nelle dinamiche congressuali, ma rivolge un appello a discutere ed affrontare le “ferite ancora aperte” lasciate all’interno del Pd dai convulsi momenti della nascita del governo di larghe intese e della scelta per il candidato alla Presidenza della Repubblica.  
 
Province: si ingarbuglia la vicenda dell’abolizione, che all’inizio sembrava solo una questione di tempo, un problema “tecnico”. I localismi hanno iniziato a lavorare ai fianchi, è partito il pressing e la politica ha subito indietreggiato, fino ad arrivare all’attuale rischio che la scure dei tagli arrivi fuori tempo massimo e si debba addirittura tornare a votare nella prossima primavera per eleggere i nuovi amministratori locali. La commissione Affari costituzionali della Camera ha chiesto ieri alla capigruppo più tempo per votare il ddl svuota-province, la risposta si avrà non prima della prossima conferenza, ma il rinvio dal 25 novembre al 2 dicembre metterebbe a rischio l’approvazione del decreto in Aula vista l’incombenza della legge di bilancio. E’ lo stesso ministro Franceschini a lanciare l’allarme che in primavera si debba votare per eleggere organismi che andrebbero poi sciolti; nel frattempo molte regioni continuano a caricare di competenze le province, mentre un rapporto del Censis di pochi giorni fa definiva “la dimensione territoriale provinciale” la più adeguata per dare identità, un vero e proprio attestato di solidarietà.    
 
 

Politica estera

 
Ucraina: svanisce il sogno di molti paesi europei di agganciare l’Ucraina separandola dall’influenza politica ed economica della Russia di Putin. Ieri alla Rada, sede del Parlamento di Kiev, la legge che avrebbe dovuto liberare Yiulia Tymoshenko, ex icona della rivoluzione arancione diventata ora merce di scambio per un accordo fra Ucraina e Ue che avrebbe cambiato equilibri strategici e militari, non è neppure stata presa in esame. La stessa Tymoshenko ha ormai capito che la situazione ha ben pochi sbocchi ed ha invitato i suoi seguaci a trasformare in una grande giornata di protesta il 24 novembre, data in cui Kiev avrebbe dovuto firmare lo storico accordo di associazione alla Ue. A convincere il presidente Yanucovich alla marcia indietro sono stati i toni persuasivi di Putin che, al manifestarsi delle ribelli intenzioni ucraine, ha minacciato l’azzeramento di tutti i benefici doganali, la riduzione quasi totale delle importazioni, l’allestimento di un confine armato nelle aree del Paese più legate alla Russia per lingua, cultura e commerci.
 
Clinton: l’ex presidente degli Stati Uniti, fino a ieri ferreo sostenitore dell’Obamacare, la legge che ha riformato la sanità americana, ha affermato che l’attuale Presidente dovrebbe onorare l’impegno preso di consentire ai cittadini, se lo vogliono, di tenere le loro vecchie polizze per le cure mediche; anche se, ha aggiunto Clinton, “questo comporta una modifica della legge che ha riformato la sanità”. La proposta era già stata lanciata da diversi senatori democratici, ma la sortita di Clinton segna un salto di qualità nella battaglia sulla salute in corso negli Usa. Le nuove regole, che dovevano essere un motore di progresso sociale e diventare la principale eredità politica della sua presidenza, sono diventate una palla al piede per Obama, che appare in caduta libera nei sondaggi ed ora deve vedersela, oltre che con i continui attacchi dei repubblicani, anche col malumore dei suoi compagni di partito.  
 
Iran: Barack Obama e Francois Hollande riaffermano la loro determinazione “a ottenere dall’Iran la garanzia che rinunci definitivamente al nucleare militare”. Il presidente americano ha chiamato Cameron per ribadire che occorre arrivare al prossimo round di colloqui con una posizione comune dei “5+1”; intanto il premier israeliano Netanyahu chiede di insistere con le sanzioni al paese degli ayatollah. Insomma la diplomazia internazionale si prepara alla ripresa delle trattative, prevista per il prossimo 20 novembre, ma discute anche sul perché non sia stato raggiunto a Ginevra, nel corso dell’ultima sessione di incontri con gli iraniani, un accordo che era sembrato a portata di mano; e qui il gioco più praticato è lo scaricabarile.  
 
 

Economia e Finanza 

Germania: la Commissione europea ha aperto una indagine sul Paese per gli squilibri macroeconomici provocati dagli eccessivi surplus delle esportazioni. Sia il presidente José Manuel Barroso che il commissario Olli Rehn hanno cercato di attenuare la clamorosa rilevanza del richiamo alla Germania, che è in linea con le recenti critiche arrivate dall’interno della Ue e dagli Stati Uniti, spiegando che la decisione non deve essere interpretata “politicamente”. Dal 2007 l’export tedesco ha un avanzo delle partite correnti del 6% rispetto al Pil e nel settembre scorso è diventato il primo al mondo superando quello della Cina. Sia a Bruxelles che a Washington si ritiene che questo squilibrio macroeconomico della Germania vada corretto, ridimensionando il peso dell’export nell’economia nazionale e aumentando i consumi interni. Immediata la replica del governo di Berlino, che non ha nascosto la forte irritazione per l’iniziativa europea: “Non possiamo essere messi sotto accusa per aver avuto successo”; anche il presidente della Bundesbank Jens Weidmann è sceso in campo per difendere le esportazioni, affermando che non bisogna indebolire le imprese tedesche ma “risolvere gli handicap competitivi dei paesi in deficit”.   
 
Legge di stabilità: l’estensione della no tax area ai redditi fino a 12.000 euro non passa l’esame di ammissibilità della commissione Bilancio del Senato; la proposta è stata bocciata per le coperture non adeguate. Sono parecchie centinaia gli emendamenti presentati che hanno subito la stessa sorte, i lavori in commissione sono proseguiti sino a tarda notte. Il provvedimento dovrebbe approdare in Aula a metà della prossima settimana e sarà lì che ci sarà la vera battaglia sui temi caldi, dalla tassazione della casa all’indicizzazione delle pensioni; non escluso che il Governo presenti sue proposte di modifica su alcuni punti qualificanti. La situazione resta dunque aperta, con unico paletto invalicabile quello dei saldi invariati; ieri il ministro Saccomanni è volato a Bruxelles per incontrare il vicepresidente Ue Olli Rehn e rassicurarlo sull’alto numero di emendamenti presentati alla manovra, mentre il ministro per i Rapporti con il Parlamento Franceschini diceva che non sarà necessario il voto di fiducia per l’approvazione della legge di Stabilità.
 
Letta: “La ripresa economica nel 2014 è a portata di mano e serve fiducia per far girare di nuovo l’economia e riavviare i consumi”. Il presidente del Consiglio menziona i dati di Moody’s che migliorano le stime sull’Italia e invita tutti a una iniezione di ottimismo anche se “questi dati per ora non si vedono e non si toccano”.