Politica interna

Giustizia: si apre un nuovo fronte tra politica e magistratura dopo l’intervista rilasciata dal neopresidente dell’Anm Piercamillo Davigo al Corriere della Sera, nella quale il leader del sindacato dei magistrati ha lanciato l’allarme sulla corruzione dicendo che “i politici rubano più di prima, solo che ora c’è meno vergogna”. Secca la reazione del vicepresidente del Csm Legnini, secondo il quale “le dichiarazioni del presidente Davigo rischiano di alimentare un conflitto di cui la magistratura e il Paese non hanno alcun bisogno”; anche all’interno dell’Anm non tutti hanno condiviso le dichiarazioni di Davigo. Nel Pd è scattata la rivolta dei renziani, che dicono di rispettare la magistratura ma chiedono ai giudici di “parlare con le sentenze”. Il ministro della Giustizia preferisce non commentare le parole di Davigo, che secondo Luciano Violante sono “un errore”.

Roma: ancora 24 ore, al massimo 48 per tenere aperto uno spiraglio e tentare un’ultima estrema mediazione. Nel frattempo il quadro del centrodestra romano in vista delle elezioni comunali di giugno rimane frastagliato, con i quattro candidati ancora tutti in corsa. Guido Bertolaso ha ricevuto ieri l’ennesimo sostegno da parte del “parlamentino” di Forza Italia riunito a Palazzo Grazioli; Berlusconi procede dunque con l’ex capo della Protezione civile. Giorgia Meloni e Salvini lanciano bordate contro il quartier generale del Cavaliere, secondo il leader leghista Berlusconi sarebbe circondato da gente “interessata solo alla poltrona”. Non del tutto escluso un accordo in extremis tra Bertolaso e Marchini, i due si inviano segnali a distanza ma nessuno sembra pronto a cedere sulla propria posizione. Storace, il candidato che forse si è più speso per il compattamento del centrodestra, sembra invece aver perso le speranze. Il cerino resta dunque nelle mani di Berlusconi.

Politica estera

Clima: in una solenne cerimonia svoltasi al Palazzo di Vetro i leader di 175 nazioni hanno firmato gli accordi per combattere il cambiamento climatico. Una giornata che può essere definita storica, come dice il segretario dell’Onu Ban ki-moon, se gli impegni presi al summit Cop 21 di Parigi verranno mantenuti. L’appuntamento di New York è arrivato quattro mesi dopo gli accordi di Parigi e la firma rappresenta l’endorsement formale dei governi, a cui dovranno seguire le ratifiche dei singoli Paesi. La Cina e gli Stati Uniti hanno promesso di avallare entro l’anno gli accordi sottoscritti, è essenziale che il testo della Cop 21 venga ratificato da almeno 55 Paesi, e che questi rappresentino almeno il 55% delle emissioni carboniche. Una volta adottati i piani nazionali dovrebbero essere in grado di contenere il surriscaldamento globale entro un tetto di 2 gradi al di sopra dei livelli che la terra registrò all’inizio della rivoluzione industriale, ma i problemi non mancano.

Brexit: le chiare parole del presidente americano contro l’uscita della Gran Bretagna dall’Europa scatenano le polemiche a Londra, fino a risvegliare lo spettro del razzismo nei riguardi di Obama, che ha recapitato in casa dell’alleato britannico un messaggio tanto gradito al premier Cameron quanto inviso agli euroscettici. Gli Stati Uniti non vogliono che il Regno Unito divorzi da Bruxelles e rivendicano il loro diritto a dichiararlo apertamente, avendo un “profondo interesse” al risultato del referendum sulla Ue. La presa di posizione di Obama era già stata bollata dal sindaco di Londra, l’euroscettico Boris Johnson, come “ipocrita”, ma ieri il primo cittadino di Londra si è spinto fino a parlare di “antipatia ancestrale verso l’impero britannico” da parte dell’inquilino della Casa Bianca, in quanto “per metà kenyota” da parte di padre. Ovvie le reazioni delle opposizioni inglesi che hanno sottolineato la componente razzista delle dichiarazioni di Johnson, che hanno ottenuto il solo plauso del leader dell’Ukip Nigel Farage.

Economia e Finanza

Bond sovrani: nulla di fatto all’Ecofin sulla proposta di ridurre l’esposizione delle banche al rischio sovrano, ponendo un tetto agli acquisti di titoli pubblici. Anche se il completamento dell’unione bancaria, con la creazione di una garanzia in solido dei depositi creditizi, è una priorità per i 28, il negoziato procede a rilento, alla ricerca di un equilibrio tra condivisione dei rischi e riduzione degli stessi nei bilanci bancari. La sensazione che proveniva da più parti ieri ad Amsterdam era quella che l’idea di introdurre limiti unilaterali, a livello europeo, alla detenzione di debito pubblico da parte delle banche fosse stata visibilmente ridimensionata. Secondo il Commissario agli affari finanziari Jonathan Hill “nessuna decisione su questo tema importante dovrebbe essere presa unilateralmente” ed occorre essere prudenti ed equilibrati, evitando rischi di instabilità finanziaria in assenza di consenso internazionale.

Tango bond: è arrivato ieri l’accordo che mette fine alla vicenda e sancisce il rimborso dei titoli argentini andati in default ai 50mila italiani che ne erano detentori. I titoli, per un controvalore di 1,35 miliardi di dollari, saranno rimborsati a giugno e verranno pagati in contanti al 150% del valore nominale investito prima del crack argentino del dicembre 2002. Soddisfazione è stata espressa dal presidente della Task Force Nicola Stock per “l’ottima ed equa conclusione di una vicenda durata troppi anni”; ma lo stesso Stock ha messo in guardia i risparmiatori da eventuali ritardi nel presentarsi a firmare i documenti necessari per il rimborso, un ritardo potrebbe significare il rischio di perdere tutto. Resta ancora il problema della tassazione, potrebbe essere applicata un’aliquota agevolata, trattandosi di un risarcimento e non di semplici Titoli di Stato.

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