Politica interna
Immigrazione. <Gli immigrati sono una bomba sociale, 600 mila non hanno diritto di restare. Vivono di espedienti e di reati>. II leader di Forza Italia Silvio Berlusconi interviene dopo i fatti di Macerata. Intervistato al Tg5, il leader di Forza Italia rimarca poi anche il fronte sicurezza: «Noi consideriamo priorità assoluta riprendere il controllo della situazione — continua Berlusconi —. Quando saremo al governo investiremo molte risorse per la sicurezza». Per il ministro dello Sviluppo, Carlo Calenda, <l’Italia è ancora un Paese molto sano, ma come molti altri in Occidente ha paure profonde, che vengono usate in modo molto spregiudicato. (…). <In passato la Lega non si limitava a incitare all’irresponsabilità di ogni tipo, fino a giocare sul crinale del razzismo>. Il presidente Mattarella, invece, non interviene pubblicamente sui fatti di Macerata ma chiede alle forze politiche di cambiare il registro della campagna elettorale.
Centrodestra. Eppur si muove, il panorama politico in vista del traguardo elettorale. Il dato di fondo non è cambiato: solo il centrodestra è in grado di agguantare una maggioranza stabile, ma mancano ancora una ventina di seggi alla Camera. A Palazzo Madama, invece, è fermo a 150 senatori. Numeri non sufficienti per governare. Allora è chiaro che Giorgia Meloni e Matteo Salvini temano il ballo della grande coalizioni dopo il voto. Un timore che la leader di Fratelli d’Italia ipotizza di esorcizzare con un «Patto anti inciucio» che vorrebbe far firmare a tutti i candidati del centrodestra. Appuntamento il 18 febbraio a Roma: un incontro per chiedere il vincolo di mandato. Ma Berlusconi non ci sarà. I commenti degli azzurri sono vaghi. E poi, si chiedono maliziosi i Fratelli d’Italia, perché Salvini ha sottoscritto una legge elettorale che rende molto difficile una vittoria netta?
Economia e finanza
Irpef. La flat tax, nelle sue molteplici declinazioni, è diventata sempre più terreno di disputa nella campagna elettorale. Partendo dalla suggestione di un’Irpef con aliquota fissa, si è sviluppato un confronto, spesso aspro, al quale va almeno riconosciuto il merito di aver riportato l’attenzione sulla necessità di ripensare il sistema attuale di tassazione dei redditi delle persone. Non solo perché il livello del prelievo è decisamente elevato. Ma anche perché l’Irpef, dopo oltre 40 anni di onorato servizio, ha smarrito la sua identità in termini di efficienza ed equità. In vigore da 44 anni, oggi è un labirinto complicato da sconti fiscali che non sempre assicurano l’equità. Il sistema delle detrazioni a scalare – che si riducono al cescere del reddito e si azzerano oltre certe soglie – produce effetti paradossali, con aliquote marginali effettive superiori a quelle nominali.
Riforma delle tasse per i colossi web. La Commissione Ue presenterà «a fine marzo» una riforma delle tasse per le società, in particolare i giganti della Rete (tra cui Google, Amazon, Facebook, Apple ) «in modo che paghino le tasse dove creano valore». II commissario per gli affari economici, Pierre Moscovici intende presentare «una riforma ambiziosa del sistema fiscale in modo che i giganti del web con oltre 750 milioni di fatturato possano pagare tasse». «Saranno proposte che faranno da elettroshock» ha spiegato Moscovici. Il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire, crede si debbano superare alcune resistenze europee sulla tassazione dei big digitali: <Possiamo e dobbiamo arrivarci. Pensi a un ristorante di Roma che fa profitti e paga le tasse. Tutti i suoi clienti hanno sul loro smartphone i dati commercializzati da Google o Facebook, che però non vengono tassate in modo analogo. È ingiusto, non si può continuare così. La Commissione Ue sta lavorando: aspettiamo con ansia la loro ambiziosa proposta, poi lavoreremo per trovare un accordo di tutti gli Stati membri e imporre una tassazione giusta ai giganti del digitale. Per me va introdotta prima di fine 2019. Voglio lavorare a fianco dell’Italia per vincere questa sfida>.
Politica estera
Erdogan in Italia. <Il razzismo è come il terrorismo>. Non era ancora partito per l’Italia il presidente turco Recep Tayyip Erdogan e già le sue dichiarazioni scatenavano la polemica: «L’attacco a Macerata è un attacco razzista, non diverso da episodi di attacchi a moschee, luoghi legati alla religione islamica. Non c’è differenza tra gli attacchi di un’organizzazione terroristica e attacchi razzisti di questo genere». II presidente turco oggi incontra a Roma il Papa, Mattarella e Gentiloni. Il Vaticano non nasconde i timori per i cristiani in Turchia. C’è sintonia su Gerusalemme, ma su curdi e minoranze la Santa Sede vuole garanzie da Ankara. Sullo sfondo della visita di 24 ore ci sono i mille fronti aperti che contrappongono l’opinione pubblica occidentale a Erdogan, in particolare dopo il giro di vite imposto all’indomani del tentativo di golpe del 2016.
Proteste ad Atene. «La Macedonia è Grecia» gridano a migliaia in piazza Syntagma. Da Salonicco all’estremo Sud di Creta, sono arrivati ad Atene con autobus e navi per dire no a qualsiasi compromesso. La Grecia che cerca rifugio all’ombra di Alessandro Magno si ritrova davanti al Parlamento e chiede al governo di Alexis Tsipras di non cedere a Skopje il nome glorioso, «Macedonia». “Giù le mani dalla Macedonia”. Con questo slogan, oltre 100mila persone si sono riunite nel centro di Atene per protestare contro ogni accordo sul nome “Macedonia” con l’ex repubblica jugoslava. I manifestanti, arrivati da tutto il Paese, sventolavano bandiere con la Stella di Verghina, l’emblema dell’antico regno greco di Macedonia. La Grecia considera il nome Macedonia parte del proprio patrimonio storico nazionale, ma il governo Tsipras sta cercando una dicitura di compromesso con Skopje, che risolva la questione aperta da 27 anni.