I libri di Rodney Stark, americano del Texas, sociologo della Religione e docente di Scienze sociali, nonché storico, sono“politicamente scorretti”, come si usa ormai dire. Il motivo? Perchè si permettono di celebrare la Civiltà Occidentale. Pertanto sono passibili di contestazione o di diventare magari“prede” dei pacifici Black Lives Matter. Da troppo tempo i valori dell’Occidente non sono più di moda, non solo ora che sono ampiamente contestati, ostracizzati e perfino odiati. Tanto che i corsi di sulla civiltà occidentale sono stati eliminati dalla maggior parte delle università americane.
Pertanto chi come me cerca di presentare gli interessanti studi di Stark come minimo rischia di essere ignorato se non denigrato. Nella mia biblioteca sono presenti quasi tutti i suoi libri, a partire da “A Gloria di Dio”, “La vittoria della ragione”, “Le citta di Dio”, “Il Trionfo del Cristianesimo”, “False testimonianze”, “Il Trionfo della Fede”. Tutte tradotte e pubblicate in Italia dalla casa editrice Lindau di Torino.
Mi mancava di leggere, “La vittoria dell’Occidente”, dal sottotitolo: “La negletta storia del trionfo della modernità”, pubblicato da Lindau nel 2014.
«Questo è un libro decisamente fuori moda», scrive Stark nella prefazione. Un tempo nei migliori college e università americane, il primo e popolare corso del primo anno era “Western Civilization”, comprendeva tutta la storia dell’Occidente, ma anche con uno sguardo storico all’arte, alla musica, letteratura, filosofia e scienza.
Pertanto chi propone lo studio della civiltà occidentale per è un etnocentrico arrogante e finisce per appartenere a quelli che operano per fare apologia «dell’egemonia e dell’oppressione occidentali». Così sotto pressione degli studenti afroamericani, membri della Black Student Union, la civiltà occidentale nelle università è costretta a nascondersi ad andarsene. Anche i professori formano gruppi, e la bollano come intrinsecamente di destra. In questo modo secondo Stark, gli americani ignoreranno come si è formato il mondo moderno. Peggio ancora dovranno sorbirsi tutta quella marea di assurde falsificazioni politicamente corrette, che poi saranno i temi che affronterà in questo suo saggio di ben 562 pagine, con l’ampia bibliografia di 46 pagine.
In aperta polemica con i suoi colleghi che odiano la storia dell’Occidente, Stark offre un’attenta analisi dell’Occidente e dei suoi valori iniziando dal mondo antico, dal 500 a.C. Al 500 d.C. Lo studioso americano fa notare che esaminando le varie civiltà (Imperi), secoli dopo secoli, non cambiava niente, predominava la stagnazione. Gli antichi imperi dilapidavano la ricchezza. Milioni di morti per costruire palazzi, monumenti immensi, come la muraglia cinese.
Poi viene presentato il miracolo greco. L’epoca del progresso prodigioso: intellettuale e artistico oltre che tecnologico. Non sto qui a ricordare le immense opere e cambiamenti prodotti dai greci in tutti i campi, dalla politica all’arte, le città, il modo di combattere, la tecnologia, la filosofia.
Subito dopo si passa allo studio dell’intermezzo romano. Esattamente come Atene, anche Roma iniziò la sua ascesa al potere come città-stato. La sua caduta è stata un beneficio per Stark, che non considera progresso l’epoca romana. L’unica invenzione dei romani è stata il cemento e le sue applicazioni nelle costruzioni.
Per Stark l’altro aspetto positivo dell’epoca romana è l’ascesa del Cristianesimo. Argomento che Stark ha già ampiamente raccontato in altri libri. In questo testo farà una breve sintesi. «All’indomani della crocifissione, probabilmente meno di duecento persone credevano che Gesù fosse il Figlio di Dio (Atti 1,15)».
A Roma verso il 35 d. C. si era formata una minuscola congregazione cristiana. Poi crebbe rapidamente grazie alle conversioni. Quando arrivò Paolo c’erano almeno sette comunità ed è probabile che il cristianesimo era penetrato nell’aristocrazia romana. Certamente gli storici hanno confutato il fatto che il cristianesimo primitivo era professato essenzialmente da povera gente e da schiavi.
Per quanto riguarda su come è caduta Roma, il dibattito è ancora aperto. Cade Roma, ma non scompare la civiltà. E siamo alla Parte seconda (Secoli non così bui).
Stark smentisce l’assurdità che predomina da tanto tempo: «la caduta di Roma avrebbe precipitato l’Europa nei “Secoli Bui”». Il capitolo (I vantaggi della mancanza di unità) esaminerà il sensazionale progresso iniziato non appena si disintegrò l’unità romana. La mancanza di unità scatenò una creativa competizione tra entità politiche indipendenti, che produsse un rapido e profondo progresso.
Stark demolisce il mito dei secoli bui, una convinzione nata tra gli intellettuali del XVIII secolo, decisi a diffamare il cristianesimo. Nel suo ammiratissimo studio di filosofia, The Age Belief (1954), Anne Fremantle scriveva del Medioevo come una «macchia nera, inquietante, una sorta di opaco e sudicio periodo di una decina di secoli». Affermazione che riecheggia quello che avevano a suo tempo descritto Voltaire e Rousseau, Edward Gibbon. Recentemente poi ci pensa Bertrand Russell a screditare il Medioevo.
Il quadro che emerge è «un mix di incessanti guerre, corruzione, illegalità, ossessione di strani miti e una quasi impenetrabile irrazionalità». Le caratteristiche geografiche erano fortemente tendenti alla disunità, c’erano oltre un migliaio di unità indipendenti sparse per l’Europa. Le barriere geografiche crearono non solo molte entità politiche, ma anche culturali e linguistiche.
In questi dieci secoli ci fu un progresso tecnologico che si è tradotta nella rivoluzione agricola, come ben descrive lo storico francese Jean Gimpel. Al libro non sfuggono le più importanti innovazioni di questi secoli, grazie allo sfruttamento del vento e dell’acqua. La presenza di 6500 mulini in funzione in Inghilterra, la sola Parigi in un tratto della Senna, ne aveva 65, in media un mulino ogni 20 metri di fiume.
Per non parlare dell’alta cultura, parlano da sole le cattedrali, le pitture, le università.
Certo i conflitti non mancarono, soprattutto con gli islamici che volevano conquistare il continente europeo, furono fermati da Carlo Martello a Poitiers.
Il quinto capitolo (Aurora boreale sulla cristianità). Con la caduta di Roma, il centro di gravità culturale e sociale dell’Europa si spostò a nord. Tuttavia per Stark nell’ascesa dell’Occidente, hanno avuto un grande ruolo non solo i carolingi, ma anche i vichinghi, che intanto si erano stabiliti sulle coste dell’Atlantico e fondare insediamenti. Nell’860 i vichinghi arrivarono fino a Costantinopoli.
Il capitolo si occupa anche dei trionfi dei Normanni e poi dell’epopea delle Crociate. Anche qui descrivendo i vari passaggi più importanti delle guerre in Palestina che i principi cristiani hanno combattuto contro il nemico islamico. Naturalmente Stark smonta le assurdità di stampo antireligioso che hanno scritto certi storici. Per questi i crociati non avevano motivazioni religiose, ma erano alla ricerca di terre e bottino. Certamente c’erano anche queste motivazioni, ma la maggior parte intendeva sinceramente liberare i Luoghi Santi.
Il 6° capitolo (Libertà e capitalismo) Qui Stark chiarisce come è nato il capitalismo. Smentendo la narrazione che è stato il protestantesimo a farlo nascere. Sono stati scritti tanti libri sul capitalismo. Stark giunge alle conclusioni che i fattori che hanno prodotto le complesse dinamiche capitalistiche sono nate all’interno del cattolicesimo, precisamente nei monasteri sparsi per tutta l’Europa. Il libro fa menzione dell’enorme centro monastico di Cluny, di San Gallo. Questi centri monastici, osservava Christopher Dawson, non erano «più la semplice comunità religiosa prevista dalle vecchie regole monastiche, ma un vasto complesso di edifici, chiese, laboratori, magazzini, uffici, scuole e ospizi di carità che ospitava una vera e propria popolazione di dipendenti, operai e servi come le città-tempio del mondo antico».
Sostanzialmente per il sociologo Randall Collins, il dinamismo dell’economia medievale era essenzialmente quello della Chiesa.
Stark individua nella fede nel Dio giudaico-cristiano, nel libero arbitrio, la molla che ha favorito l’ascesa dell’Occidente. Mentre le società antiche credevano nel fato, gli occidentali giunsero alla convinzione che era meglio seguire il proprio destino, la propria coscienza. Secondo questi parametri progressivamente si lavora per liberare la società dalla schiavitù. Anche se ci sono storici che giocano con le parole, schiavo e servo, tuttavia ricorda Stark, che «a nessuno verrebbe in mente affermare che i contadini medievali fossero liberi in senso moderno, però non erano schiavi».
Comunque sia, «nell’Europa medievale la schiavitù scomparve soltanto perchè la Chiesa estesi i sacramenti a tutti gli schiavi e di conseguenza proibì di ridurre in schiavitù cristiani (ed ebrei)». Per vedere la forza di questa affermazione, basti pensare che papa Callisto era stato schiavo.
Tuttavia la teologia cristiana forniva la base morale per l’instaurarsi di regimi dinamici, come nelle città-stato italiane. Stark si sofferma sui principali governi italiani come Venezia e Genova.
Nella Terza Parte, il testo di Stark affronta le trasformazioni medievali (1200-1500).
Naturalmente per il sociologo americano occorre tenere conto delle implicazioni del clima, delle malattie e dei cambiamenti sociali.
Qui trattando il tema del clima, il professore non manca di aprire qualche polemica con certo ambientalismo, che ha dimenticato che le tendenze al riscaldamento e al raffreddamento sono assai comune. Stark nonostante la difficoltà nel reperire i documenti sul clima riesce a dare l’idea dei cambiamenti climatici in questo periodo storico. Fino a parlare di un caldo medievale, che portò al ritiro dei ghiacciai, e che probabilmente beneficiarono le popolazioni, in particolare i vichinghi.
Nel 1075 un groenlandese mandò un orso polare in regalo al re Ulfsson di Danimarca. (ancora oggi lo stemma della famiglia reale danese, raffigura un orso). Anche se poi ci fu una piccola glaciazione nel 1310-11, per non parlare della peste nera o bubbonica, trasmessa dalle pulci presente nei ratti.
Stark sulla peste ci offre numerosi dettagli, che naturalmente devo sorvolare. Si descrive la nascita dei flagellanti, che ben presto diventano sette.
Passando al capitolo 8° si pone l’attenzione su La ricerca del sapere. Infatti per Stark, «la chiave fondamentale per l’ascesa della civiltà occidentale è stata la dedizione di molte delle sue menti più brillanti alla ricerca del sapere».
In particolare il sociologo sostiene che alla base di questa dedizione c’era l’interessa cristiano per la teologia, in particolare per la Scolastica. «Gli scolastici furono brillanti studiosi che fondarono le grandi università europee, formularono e insegnarono il metodo sperimentale e diedero inizio alla scienza occidentale». In particolare questa ricerca del sapere, diede inizio a una nuova disciplina nota come filosofia naturale. Infatti è proprio durante il Medioevo che «una lunga serie di brillanti filosofi naturali scolastici fece progredire il sapere occidentale in modi che portarono direttamente alla ‘rivoluzione’ copernicana e agli straordinari successi scientifici del XVI e XVII secolo».
La prima università fu fondata a Bologna verso il 1088, poi vennero quelle di Parigi, Oxford, Palencia, Cambridge, fino a quella di Uppsala. Rapidamente la culla del sapere diventa Parigi, qui accorrono i più grandi professori, tra cui San Tommaso. Le università medievali erano frequentati da numerosi studenti. Parigi aveva da 2500 ai 5000 studenti, molti di questi alunni venivano da molto lontano, persino dalla Scandinavia. Gli studenti erano molto giovani, la maggior parte aveva dai 14 ai 15 anni. Si tenga presente che all’epoca, il mondo era prevalentemente nelle mani dei giovani.
Pertanto per Stark, come non ci furono i “Secoli Bui”, non ci fu neanche la cosiddetta “rivoluzione scientifica”, semmai, questo termine fu inventato per screditare la Chiesa medievale. Anche perchè Stark, dimostra con ampia documentazione che i grandi successi scientifici del XVI e XVII secolo «furono il frutto di un gruppo di studiosi molto religiosi, che appartenevano a università religiose, e le cui brillanti conquiste si basavano sull’inestimabile retaggio di secoli di erudizione scolastica».
Gli storici solitamente attribuiscono l’inizio della cosiddetta rivoluzione scientifica a Niccolò Copernico (1473-1543). Invece Stark, elenca diversi nomi di scienziati medievali che contribuirono eccome alle scoperte scientifiche, come Grossatesta, Alberto Magno, Ruggero Bacone, Camponus di Novara, Guglielmo di Ockham e tanti altri.
Nel 9° capitolo Stark affronta il tema dell’industria, commercio e tecnologia.
Fa presente che nei cosiddetti studiosi revisionisti, c’è una crescente illusione: «secondo cui il primato industriale e tecnologico dell’Europa sul resto del mondo ebbe inizio recentemente, essendo apparso dal nulla alla fine del XVIII o persino del XIX secolo». Addirittura qualcuno sostiene che gli europei hanno rubato all’Asia le industrie.
In particolare Stark descrive il capitalismo inglese, evidenziando con una tabella l’esportazione media dei tessuti e della lana. La produzione del carbone apre la strada ai collegamenti, alla diffusione di rotaie per trasportarlo. La superiorità tecnologica europea si intensifica nel trasporto via terra, con le prime ferrovie, ma anche sul mare, citando Henri Pirenne, conferma come le città-stato italiane non avevano difficoltà ad affondare regolarmente le forze navali musulmane, con i più potenti galeoni. La superiorità si afferma nell’artiglieria e nelle armi.
Il 10° capitolo si occupa delle numerose scoperte degli europei, un tema che ho affrontato in altre occasioni. Stark, parte dall’ascesa del Portogallo, che ben presto diventa un’importante potenza marittima, leader nelle esplorazioni geografiche, grazie alla splendida spinta del principe Enrico il Navigatore. Un genio precoce e innovatore, che fondò addirittura una scuola di navigazione, astronomia nautica e cartografia. I portoghesi si spinsero fino in India, dove fondarono delle città come basi commerciali. Naturalmente l’attenzione di Stark si sposta su Cristoforo Colombo e dei suoi viaggi nelle nuove terre scoperte.
Siamo alla Quarta Parte, L’alba della Modernità (1500-1750).
In queste pagine si sviluppa l’opera di conquista del Nuovo Mondo e la sua colonizzazione. Minuscoli drappelli di conquistadores spagnoli ebbero la meglio delle popolazioni del Nuovo Mondo (Aztechi, Incas). Anche qui il professore americano sfata diverse leggende nere sulla conquista spagnola di Hernan Cortes e compagni, per conto della regina Isabella la cattolica. 600 uomini contro migliaia di guerrieri aztechi, grazie alla tecnica militare e di addestramento, ma non solo, ma Cortes fu aiutato dalle tribù locali, che non vedevano loro di liberarsi dai sanguinari aztechi, che ogni anno sacrificavano decine di migliaia di uomini e donne e bambini. «La superiorità numerica degli aztechi era tale che avrebbero potuto letteralmente calpestare a morte gli spagnoli».
Stark descrive il macabro rituale che compivano gli Aztechi, rituali che si possono vedere nei vari affreschi e dai loro libri sacri e soprattutto dall’archeologia. Non ci sono solo gli spagnoli, poi arrivano i ritardatari (francesi, inglesi, olandesi). A questo punto si affronta il tema delle conseguenze del colonialismo. Si sfatano alcuni luoghi comuni, tipo che gli indigeni non erano né ecologisti, né pacifisti, come il popolo Maya. Inoltre per quanto riguarda la schiavitù era diffusa anche prima che arrivassero i colonizzatori.
Il 12° capitolo, (L’impero dorato), Stark affronta come la Spagna diventa una grande potenza. Ci racconta passo dopo passo, la costruzione dell’impero, le sue contraddizioni, e nello stesso tempo, le varie guerre che I sovrani spagnoli hanno dovuto affrontare, a cominciare di Carlo V.
Il 13 capitolo (La Riforma protestante:miti e realtà)
Il sociologo delle religioni smaschera il notevole numero di miti creati attorno alla Riforma, a cominciare che il protestantesimo non portò alla tolleranza e neanche al risveglio religioso. Naturalmente anche su questo argomento non posso dilungarmi troppo, vi lascio alla lettura del libro.
Il 14° capitolo, smaschera le falsità islamiche. Troppi storici diffondono falsità politically correct sulla potenza islamica e sulla presunta scienza, cultura e tecnologia islamica. Naturalmente qui si tracciano i vari scontri nel Mediterraneo e sulla terra ferma. La guerra fatta di assedi come a Rodi, Malta e poi Lepanto.
Il 15° capitolo (La scienza diventa adulta) è tra i più importanti, ne ho accennato prima, sul lungo elenco di luminari della scienza, quasi tutti religiosi. «La scienza – scrive Stark – si sviluppò soltanto nell’Europa cristiana perchè soltanto l’Europa medievale credeva che la scienza fosse possibile e auspicabile». Questa è una frase che ha pronunciato un grande filosofo e matematico inglese, Alfred North Whitehead.
L’interessante studio di Stark si conclude con i capitoli sulla Rivoluzione industriale, sulla libertà e la prosperità. Infine si affronta la globalizzazione e il colonialismo. Anche su questi temi ci sarebbe da dire molto. Lancio solo questa provocazione dello storico Patrck O’Brien, la confutazione più devastante della teoria del “sistema-mondo”, che si basa su una marea di dati statistici a partire dal 1750. «O’Brien ha dimostrato che i Paesi sviluppati non potevano aver ricavato la propria ricchezza sottraendola alle nazioni povere perché tra di esse gli scambi commerciali erano minimi». C’è una sola eccezione, questa è la Spagna, che godette di un periodo di grande prosperità importando oro e argento dalle sue colonie.
Domenico Bonvegna
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