Il segretario del Pd Matteo Renzi è determinato a tenere il punto, sull’accordo per la riforma elettorale chiuso con Silvio Berlusconi, nonostante gli scossoni delle ultime ore, che hanno determinato le dimissioni di Gianni Cuperlo dalla presidenza del partito. Il concetto, il sindaco di Firenze, lo ha ribadito ai deputati del pd, coi quali si è riunito nella serata di martedì. Renzi ha spiegato che, a suo avviso, il fallimento delle riforme determinerebbe la fine della legislatura: “Il passaggio di oggi – ha detto – è decisivo, senza riforme la legislatura rischia. Se falliamo noi – ha aggiunto – falliscono tutti, se riusciamo noi cambia l’Italia”. E alla minoranza del partito, che ha incalzato il segretario chiedendogli di recuperare Cuperlo, Renzi ha risposto che “non è mia liturgia” cedere a questo tipo di riti. Tornando al merito della legge elettorale, Renzi non ha escluso modifiche, fatti salvi i punti del premio di maggioranza e del doppio turno, ma tali modifiche dovranno essere concordate tra i contraenti.
Le dimissioni di Cuperlo
Le dimissioni di Cuperlo, Renzi non cede: vado avanti, senza riforme andiamo tutti a casa
“Mi dimetto” perché “colpito e allarmato da una concezione del partito e del confronto al suo interno”. “Rispetto la tua scelta. Sono convinto che ripartiremo insieme”. Si celebra in due lettere pubbliche lo strappo tra l’ex presidente del Pd Gianni Cuperlo e il segretario Matteo Renzi. In serata Renzi spiega che al posto di Cuperlo non vorrebbe uno dei “suoi”, ribadendo l’intenzione di affidare la presidenza alla minoranza, ma le polemiche sono lungi dall’esaurisi. Un botta e risposta che si innesta direttamente nella tesa direzione di lunedì, quella che ha formalizzato il via libera del partito alla alla proposta di legge elettorale maturata nel confronto tra il sindaco di Firenze, Silvio Berlusconi e – in seconda battuta – il leader dell’Ncd Angelino Alfano. Una bozza che il segretario riconosce essere comunque frutto di una mediazione: “A me sarebbe piaciuto un altro sistema sulla legge elettorale. Però quello individuato nell’accordo con FI è meglio di quello che c’e’ ora e garantisce la governabilità”, spiega nella registrazione di Porta a Porta.
Lo scambio di lettere
“Mi dimetto perché voglio bene al Pd e voglio impegnarmi a rafforzare al suo interno idee e valori di quella sinistra ripensata senza la quale questo partito semplicemente cesserebbe di essere – dice Cuperlo -. Mi dimetto perché voglio avere la libertà di dire sempre quello che penso. Voglio poter applaudire, criticare, dissentire, senza che ciò appaia a nessuno come un abuso della carica che per qualche settimana ho cercato di ricoprire al meglio delle mie capacità”. “Rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia – replica il sindaco di Firenze – di far precipitare tutto”. Nell’annunciare le sue dimissioni, Cuperlo chiarisce la sua posizione sul tema delle preferenze. “Sono entrato per la prima volta in Parlamento nel giugno del 2006 subentrando al collega Budin che si era dimesso – spiega -. Vi sono rientrato da ‘nominato’ nel 2008 e nuovamente nel listino da te rammentato a febbraio di un anno fa”. Cuperlo ammette dunque (“E’ vero”) di essere un parlamentare nominato, ma aggiunge: “La mia intera esperienza parlamentare è coincisa con la peggiore legge elettorale mai concepita nella storia repubblicana. Sarebbe per altro noioso per te che io ti raccontassi quali siano stati la mia esperienza e il mio impegno politico prima di questa parentesi istituzionale. Però la conosco io, e tanto può bastare. Quanto al consenso non so dire se in una competizione con preferenze ne avrei raccolte molte o poche. So che alcuni mesi fa, usando qualche violenza al mio carattere, mi sono candidato alla guida del nostro partito. Ho perso quella sfida raccogliendo però attorno a quella nostra proposta un volume di consensi che io considero non banali”. “Ieri sera – sottolinea poi l’ormai ex presidente del Pd -, a fine dei nostri lavori, esponenti della tua maggioranza hanno chiesto le mie dimissioni da presidente per il ‘livore’ che avrei manifestato nel corso del mio intervento. Leggo da un dizionario on line che la definizione del termine corrisponde più o meno a ‘sentimento di invidia e rancore’. Ecco, caro Segretario, non è così. Non nutro alcun sentimento di invidia e tanto meno di rancore. Non ne avrei ragione dal momento che la politica, quando vissuta con passione, ti insegna a misurarti con la forza dei processi. E io questo realismo lo considero un segno della maturità”. “Non mi dimetto, quindi, per ‘livore’ – aggiunge -. E neppure per l’assenza di un cenno di solidarietà di fronte alla richiesta di dimissioni avanzata con motivazioni alquanto discutibili. Non mi dimetto neppure per una battuta scivolata via o il gusto gratuito di un’offesa. Anche se alle spalle abbiamo anni durante i quali il linguaggio della politica si è spinto fin dove mai avrebbe dovuto spingersi, e tutto era sempre e solo rubricato come ‘una battuta’“.
La risposta di Renzi
Renzi però risponde quasi subito a Cuperlo, anche lui con con una lettera. “Rispetto la tua scelta – scrive -. Conosco la fatica che hai fatto nell’accettare la mia proposta di guidare l’Assemblea del PD – scrive – dopo le primarie. Con franchezza e lealtà, non me l’hai taciuta. Non volevi farlo, ma hai ceduto alla mia insistenza. Pensavo, e continuo a pensare, che un tuo impegno in prima persona avrebbe fatto bene alla comunità di donne e uomini cui ti riferisci nella tua lettera. Comunità ampia. Che tutto può essere tranne che omologata nel linguaggio e nel pensiero. Comunità difficile. Dove ci si può sentire offesi perché uno ti dice che sei livoroso. E dove si può rimanere con un sorriso anche se ti danno del fascistoide. Comunità bellissima, però”. In un Partito Democratico, osserva, “le critiche si fanno, come hai fatto tu, ma si possono anche ricevere. Mi spiace che ti sia sentito offeso a livello personale. Ti ringrazio per il lavoro che hai svolto nel tuo ruolo e sono certo che insieme potremo fare ancora molto per il Pd e per il centrosinistra. Ci aspetta un cammino intenso che può finalmente cambiare l’Italia. Quello che io ho potuto fare nel siglare l’intesa con gli altri partiti lo sai: se l’accordo reggerà avremo superato il bicameralismo perfetto, modificato l’errore del Titolo V, ridotte le indennità e i rimborsi dei consiglieri regionali, garantito il bipolarismo e il premio di maggioranza, introdotto il ballottaggio, ridotta la dimensione dei collegi, eliminato il potere di veto dei piccoli partiti che ha ucciso l’esperienza del centrosinistra con Prodi. Si poteva fare meglio? Sì, certo. Ma fino ad ora non si era fatto neanche questo. E rimettere in discussione i punti dell’accordo senza il consenso degli altri rischia di far precipitare tutto. Sono certo che questo non sia il tuo obiettivo – conclude Renzi – e che, pur con funzioni diverse, ripartiremo insieme”.