Com’era prevedibile, le banche sono finite nel tritacarne della campagna elettorale. Cancellando tutti gli altri temi. Di fatto nessuno parla più dei giovani disoccupati, delle imprese che arrancano e delle famiglie che non arrivano a fine mese. Certo, se almeno si parlasse di risparmio e di come cambiare le regole per evitare una nuova catena di fallimenti, il tema sarebbe più che nobile. Addirittura doveroso. Ma la realtà è un’altra: perché la Commissione di inchiesta sulle banche si sta trasformando, di fatto, in un vero e proprio tribunale del popolo, con una sola imputata: l’ex ministro delle riforme, Maria Elena Boschi. Verrebbe quasi da dire “tanto rumore per nulla” se la situazione non fosse così seria.
La prossima settimana saranno ascoltati i big del sistema del credito, dal numero uno di Bankitalia, Vincenzo Visco al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. E, in tutte le occasioni, continuerà ad aleggiare la stessa domanda: la Boschi ha davvero esercitato il suo potere “ministeriale” per fare pressioni e salvare la banca dove il papà, Pierluigi, era vicepresidente?
Partiamo da un dato politico. Il caso Etruria si sta trasformando, di fatto, nell’ultima trincea del renzismo. Ma la difesa ad oltranza dell’ex ministro potrebbe trasformarsi in un vero e proprio boomerang per il Pd e il suo segretario. La posizione di Maria Elena è sempre più difficile. Prima ha dichiarato che avrebbe seguito le orme del suo leader e lasciato la politica in caso di sconfitta al referendum. Poi, ha puntato i piedi ed ha chiesto addirittura di essere “promossa” a Palazzo Chigi, dove ha pilotato l’offensiva di Renzi contro Bankitalia e Visco. Quindi, ha aspettato sette mesi prima di querelare in sede civile l’ex direttore del Corriere della Sera, De Bortoli, per averla tirata in ballo nel suo ultimo libro sui poteri forti. E, infine, due giorni fa, le bordate del numero uno della Consob, Giuseppe Vegas, che di fatto l’ha accusata di aver perorato la causa della banca del padre. Con tanto di intervento, in diretta tv, per difendersi dall’ennesima ondata di polemiche.
Per carità: tutti hanno il pieno diritto alla presunzione di innocenza. E, nel caso della Boschi, anche nel caso in cui dovesse essere evidente il conflitto di interessi, manca ancora l’ipotesi di reato. Ma la politica non si fa e non si regge solo sulle norme del codice civile o penale. E forse, la stessa ex ministra, dovrebbe chiedersi quanto costa, in termini di credibilità e autorevolezza del sistema del credito, la difesa ad oltranza della sua poltrona. Senza contare l’effetto che le ultime polemiche mediatiche rischiano di generare sul popolo degli elettori piddini, che a causa delle banche e un po’ anche a causa sua, non andranno a votare ingrossando il partito delle astensioni e facendo perdere consensi al partito. Ma ne vale davvero la pena?