di Christian Marra
Il caos che rimase dopo fu peggiore di quello che, un attimo prima, cancellò ogni altra cosa. Quando l’aria tornò respirabile e tutta la polvere sollevata dall’esplosione si posò al suolo, videro che non c’era null’altro da fare, e che la loro vendetta sarebbe stata inevitabile.
L’organizzazione è tutto. Non ci sono limiti a quello che puoi fare, quando basi le tue strategie su una solida organizzazione. Organizzazione e regole. Serve organizzazione per conquistare il mondo. E solide regole per governarlo.
La regola di Kesselring era chiara: dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Così, quando la polvere sollevata dall’esplosione si diradò, il destino di venti italiani era già segnato.
Reagire agli eventi
“Il governo italiano, riconosciuta la impossibilità di continuare la impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla Nazione ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane.
La richiesta è stata accolta.
Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo.
Esse però reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza.”
Molti pensarono che la guerra fosse finita. Molti piansero, perché pensavano che la guerra fosse finita. Molti piansero o risero, ballarono o cantarono, si ubriacarono, alcuni fuggirono perché non sapevano cos’altro fare. Perché non capirono cos’altro fare.
Per lui, invece, non cambiava nulla. Reagire agli attacchi da qualsiasi altra provenienza. Bisogna sempre reagire agli attacchi. Non c’era bisogno di dirlo. Gli italiani non si piegano. Un vero italiano non si nasconde.
Dov’era nato lui funzionava così. Non ci si piegava mai. Non ci si piegava a nessuno: i ragazzini del suo quartiere lo imparavano ben presto, che non bisognava avere paura di niente. Non si poteva avere paura di niente. C’era un mondo difficile, là fuori, tra i vicoli. Solo i più forti sopravvivono.
Funzionava così, dov’era nato lui, tra le linee spezzate dei quartieri di Napoli. Solo i più forti sopravvivono. I migliori, invece, aiutano i più deboli a sopravvivere.
Tornare a casa
I giorni in licenza passano sempre così velocemente. Non aveva più trascorso così tanto tempo a casa da quando era tornato da Tripoli. Aveva rischiato davvero, quella volta. Non erano state le schegge nella gamba a fermarlo. Era stata la malaria. Con le schegge di una bomba nella gamba, puoi ancora metterti a pancia sotto e continuare a sparare, ma con la malaria no, con la malaria che ti sta addosso sei solo un peso, sono gli altri che devono prendersi cura di te. Così era rientrato in Italia.
Ben tre settimane. La guerra aveva preso un’altra piega, da allora, e a vincere non pensava già quasi più nessuno. Soprattutto, non era uno di quelli per la vittoria a tutti i costi, lui, come invece se ne vedeva molti in giro in quei giorni disperati, giorni in cui pareva che credere ciecamente a qualcosa fosse l’unica via di salvezza, l’unico modo per sopravvivere. Ma lui sapeva che non tutto è perduto, e c’è sempre qualcosa da salvare.
Uno a dieci
Se venissero a prendermi. Se venissero a prendere proprio me, proprio ora. Non saprei cosa fare, se venissero a prendermi a casa mia, se venissero a prendermi fin dentro casa per portarmi via; forse saluterei mia madre, forse vorrei salutare mia madre un’ultima volta. Ma se portassero via anche mia madre, allora non saprei davvero cosa fare.
Ventidue.
Ne portarono via ventidue. Scelti a caso. Dieci per ogni tedesco ucciso, più o meno, e due carabinieri. Regole ferree. Servono regole ferree, se si vuole governare il mondo. Vanghe per scavarsi la fossa da soli, e due carabinieri per ufficializzare gli atti.
Li radunarono non lontano dalla Torre di Palidoro. Un attentato ancora senza un colpevole. Italiani: si stavano scavando la fossa da soli, ed ancora si ostinavano a tacere. Conoscevano la regola e nonostante questo si ostinavano a tacere.
In mancanza di un colpevole, dieci italiani per ogni tedesco.
La tua ora
Ci era voluto fino alle cinque, per scavare le fosse, ma il sole ancora non riusciva a piegare la resistenza del mare, e rimaneva lì, sospeso, a disegnare ombre lunghe sul terreno e sui volti muti.
Ci era voluto fino alle cinque perché non c’erano vanghe a sufficienza, e a scavarsi la fossa a mani nude serviva più tempo.
La verità è che è così che deve andare. Domineranno il mondo, un giorno. I cattivi domineranno il mondo. Presto, anche. Ma noi non ci saremo più, la nostra ora è arrivata oggi, è arrivata qui, sotto questa torre. Non ci saranno altri posti dove andare. Nessun addio straziante, nessuno da salutare. Perché siamo tutti qui. È toccato a noi, oggi. Poteva succedere ieri, o domani, ma è successo oggi. Con tutto quello che sta accadendo intorno, un giorno vale l’altro. Chissà se è un buon giorno per morire, oggi. Fatto sta che la nostra ora è arrivata, e non c’è più nulla da fare. Solo scavare. Solo scavare e pregare.
Deus ex machina
Salvo D’acquisto non aveva detto una sola parola, nemmeno mentre le SS lo colpivano con il calcio degli Sturmgewehr. Non parlava nemmeno quando lo Sturmgewehr glielo puntavano in faccia. Se ne era rimasto lì, legato, con le mani dietro la schiena. Senza aggiungere altro. Quello che era successo nella caserma, l’aveva già spiegato. L’esplosione della bomba che aveva ucciso i due soldati tedeschi era stato un fatto accidentale. Colpa loro, che non erano stati attenti a maneggiare quella cassa di bombe trovata nella caserma. Quindi, nessuno dei presenti poteva saperne nulla. E non aveva aggiunto altro.
Ma le regole sono regole. In mancanza di un vero colpevole, dieci italiani per ogni tedesco ucciso.
Fissare il fondo della fossa. Era l’ultima cosa da fare. Alzare lo sguardo era inutile. Era tutto finito. Fissare la fossa e pregare, non restava altro. Solo Dio. Anche il sole s’era girato dall’altra parte.
Ma non tutto era perduto.
Perché alla fine parlò. Salvo D’acquisto parlò. Le regole sono regole. In mancanza di un colpevole, dieci italiani per un tedesco.
Reo confesso. La procedura parlava chiaro. Non c’era altro da fare, il colpevole doveva essere giustiziato sul posto.
Punirne uno per educarne cento.
Morire, per salvarne ventidue.
C’era un mondo difficile, là fuori. Solo i più forti sopravvivono. Funzionava così, dov’era nato lui, tra le linee spezzate della vecchia Napoli. I più forti sopravvivono. I migliori, invece, aiutano i più deboli a sopravvivere.
Salvo D’Acquisto
Salvo D’Acquisto aveva ventitré anni – il 23 settembre 1943 – quando si immolò per salvare la vita di ventidue persone che erano state rastrellate per rappresaglia in conseguenza di un presunto attentato nel quale erano rimasti uccisi due soldati tedeschi. L’ordinanza del feldmaresciallo Kesselring, emanata pochi giorni prima, non lasciava adito ad interpretazioni: in caso di attentati nei confronti delle truppe germaniche, in mancanza del colpevole dovevano essere giustiziati dieci italiani per ogni tedesco ucciso. Salvo D’Acquisto non lo permise: “confessando” di essere stato l’autore materiale dell’attentato, costrinse i tedeschi a rilasciare gli ostaggi.