I giovani italiani non sono inattivi e non si rassegnano a restare disoccupati: l’81% dei giovani che nel 2008 aveva un lavoro e l’ha perso, nel 2009 si è inserito in processi di formazione. Ma non è bastato, perché nel 2010 l’occupazione è risalita solo del 3%. Negli anni di crisi 2008-2010 inoltre il divario Nord/Sud della disoccupazione giovanile under 30 si è triplicato, passando da un gap dell’11% del 2008 al 32% del 2010, mentre i 17-20enni sono passati al Sud da un tasso di occupazione dell’80% al 25% del 2010 e i disoccupati laureati sono cresciuti più al Centro-Nord che al Sud. Secondo la SVIMEZ occorre incentivare i datori di lavoro ad assumere giovani disoccupati, potenziare le agenzie del lavoro e promuovere nei giovani una maggiore attenzione a investire in competenze e conoscenze maggiormente spendibili sul mercato.
È quanto emerge dallo studio “La mobilità giovanile nell’immobilità strutturale. Disoccupazione e crisi economica” di Federica D’Isanto, Giorgio Liotti e Marco Musella, pubblicato sulla “Rivista Economica del Mezzogiorno”, trimestrale della SVIMEZ diretto da Riccardo Padovani ed edito da Il Mulino.
Condotto sulla base dei dati europei EUSILC, lo studio analizza gli effetti della crisi sui giovani italiani di età 17-30 anni negli anni di crisi 2008-2010 con attenzione alle loro transizioni da e verso tre categorie: occupato, studente in formazione e disoccupato.
Giovani dinamici: l’81% dei giovani che nel 2008 aveva un lavoro e l’ha perso, nel 2009 si è inserito in processi di formazione. Ma non è bastato – In base a elaborazioni degli autori, negli anni 2008-2009 su 100 giovani italiani in età 17-30 anni che avevano un lavoro, 41 l’hanno perso. Ma non sono stati con le mani in mano: quasi l’81% dei giovani che nel 2008 aveva un lavoro e l’ha perso, nel 2009 si è inserito in processi di formazione. Di questi, 1 su 4 nel 2010, al termine del periodo formativo, è uscito dalla categoria “formazione”. Ma il più delle volte purtroppo è tornato nuovamente a ingrossare le fila dei disoccupati. Nel 2010 infatti il numero degli occupati è cresciuto solo del 3%.
I giovani italiani, sostiene lo studio, non sono inattivi: solo una parte dei giovani che ha perso il lavoro è passata nella categoria dei “disoccupati”; molti hanno preferito investire in capitale umano per cercare di immettersi di nuovo nel mercato del lavoro con maggiori competenze, consapevoli del fatto che permanere in uno stato di disoccupazione crea un effetto “cicatrice”, con effetti negativi e permanenti nel lungo periodo: più sei disoccupato e più hai possibilità di restarlo, di esserlo in futuro, di avere un lavoro meno stabile e un salario più ridotto.
Negli anni 2008-2010 triplicato il divario Nord/Sud della disoccupazione giovanile – Dal 2008 al 2009 il tasso di disoccupazione giovanile al Centro-Nord più che raddoppia, passando dal 6 al 15%, per effetto probabilmente della chiusura di numerose piccole e medie imprese. Il Sud parte da una situazione già ben peggiore, in quanto maggiore di 11 punti percentuali rispetto al dato dell’altra ripartizione: in più, schizza dal 17 al 46%, con un aumento del 29% rispetto al +9%, cioè tre volte tanto. In altri termini, negli anni di crisi 2008-2010 il divario Nord/Sud della disoccupazione giovanile si è triplicato, passando da un gap dell’11% del 2008 al 32% due anni dopo.
Sia al Centro-Nord che al Sud cala l’occupazione maschile, mentre le donne leggermente recuperano; ma nel Mezzogiorno lavora solo una giovane su due – Nel 2008 il 96% degli uomini e il 93% delle donne giovani al Centro-Nord era occupato; nel 2009 i giovani scendono giù di 8 punti percentuali, all’88%, mentre le giovani arrivano all’81%. Nel 2010 gli uomini scendono ancora, all’85%, mentre le donne risalgono all’82%.
Stessa dinamica al Sud: si parte nel 2008 da una situazione di sostanziale uguaglianza tra i sessi, con tassi di occupazione dell’83,5% per gli uomini e 80% per le donne, che già però, in assenza di crisi e rispetto al Centro-Nord comporta un divario di 13 punti percentuali. Nel 2009 al Sud la percentuale dei giovani occupati sprofonda al 58% (-25% rispetto al 2008). Ancor più giù le donne: il loro tasso di occupazione arriva al 48%, -32% rispetto all’anno precedente. Nel 2010, i giovani ridiscendono circa al 50%, le donne risalgono leggermente, ma sono lontane anni luce dal recuperare il gap con il Centro-Nord e la situazione pre-crisi.
La ragione per cui, si legge nello studio, l’occupazione femminile sembra essere comunque più dinamica è dovuta al fatto che le donne sono maggiormente occupate nel settore terziario e dei servizi alla persona, settore che risente meno dei cicli economici legati alla produzione industriale.
I più giovani (17-20 anni) i più colpiti: occupati al Sud dall’80% del 2008 al 25% del 2010 – Analizzando più nello specifico l’andamento per fasce d’età, emerge che la scure si abbatte soprattutto sui più giovani: dopo il crollo del 2008, le fasce d’età 21-25 e 26-30 anni iniziano a recuperare in entrambe le ripartizioni, pur restando strutturalmente distanti (circa il 90% di occupati nel 2010 al Centro-Nord rispetto al 66% del Sud nella fascia 26-30 anni). Decisamente pesante la dinamica dell’occupazione dei 17-20enni: al Centro-Nord praticamente si dimezza, passando da un tasso di occupazione del 93% nel 2008 al 54% a fine 2010; al Sud crolla vertiginosamente dall’80% del 2008 al 25% del 2010.
Dal 2008 al 2010 aumentano i laureati disoccupati, più al Centro-Nord che al Sud – Aumentano, nelle due ripartizioni nel periodo in questione i laureati disoccupati. In proporzione, al Centro-Nord più che al Sud: dal 6% del 2008 al 14% del 2010, mentre il Sud cresce pure, ma dal 9 al 13%. Trova quindi conferma l’ipotesi secondo cui i giovani italiani di fronte alla crisi tornano a investire in educazione, ma non riescono comunque a trovare sbocchi occupazionali.
Le proposte: incentivi ad assumere disoccupati, potenziare agenzie del lavoro e maggiore attenzione alle professioni più richieste dal mercato – Il profilo dei giovani che emerge dallo studio è quello di “giovani molto coraggiosi. Giovani con i piedi per terra, consapevoli della difficoltà del panorama occupazionale a cui stanno andando incontro, ma che con un atteggiamento di grande dignità e coraggio non si arrendono”. Nell’eterna querelle sui giovani mammoni e bamboccioni, l’immagine che emerge è quella di “giovani che di fronte all’ineluttabilità del proprio destino preferiscono lottare, rimettendosi in discussione, tornando a studiare e a formarsi, cercando di rinnovarsi e di adeguarsi ad un mercato sempre più in evoluzione”.
Le indicazioni di policy avanzate dagli autori sono quindi quelle di rilanciare la domanda aggregata, di incentivare i datori di lavoro ad assumere giovani anche con esperienze pregresse di disoccupazione, finanziando l’inserimento dei lavoratori all’interno delle aziende, e di potenziare agenzie del lavoro e sportelli per i giovani per favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.