Ecco una parte della lettera che Roberto Vecchioni ha inviato al Corriere della Sera dopo le polemiche accese dal suo intervento sulla Sicilia.

di Roberto Vecchioni

Caro direttore, Palermo, o Palermo! Ecco uno degli esempi più fulgidi di incomprensione logica di un discorso, quando cioè l’intelligenza (che è tutta nei siciliani) va in corto circuito per una parola chiave che voleva significare tutt’altro e diventa, voxpopuli, un’offesa mortale da parte poi di chi non sa e non può sapere e lui, il solito Solone, il cantautore presuntuoso pontifica.

La parola in questione è «merda», che presa da sola come un imperativo assoluto è violenta, assurda, immeritata e soprattutto, in un contesto come quello siciliano, è la più insopportabile se rivolta alla cultura e alla gente che si sbatte per farla e ai giovani tra i più intelligenti d’Italia.

Cosi, seduto davanti a centinaia di amabilissimi professori universitari in un meraviglioso teatro di Palermo, seduto a raccontare quanto l’eterna cultura dipenda comunque dall’antica Grecia e arrivi alla Sicilia, ho deciso di botto di non dargliela cosi facile agli universitari. Voi pensate che io sia qui per decantare il vostro mare, Cielo d’AIcamo, Pirandello, Vèrga, Segesta, Selinunte, Siracusa, ma questo signori miei è fin troppo facile. La Sicilia si definisce da sé: è cultura allo stato puro, è bellezza che toglie il fiato – ho esordito — e sono cinquantanni che la giro in lungo e in largo e la amo come la vivente proiezione di un mondo greco che è tutto per me. Ma permettetemi di dire che una così grande, inimitabile cultura non può convivere con una così povera concezione di civiltà.

Che ognuno fa quel che vuole, chi per la strada si posteggia in terza fila, che «ci penso io che ho un amico», che il silenzio è più forte della voce non è nelle mie misure. Non è mai possibile che la natura più bella del mondo sia lasciata al caso e la cultura, l’intelligenza più alta del mondo, si sciolga nella pigrizia, nel mancato rispetto degli altri, nel disordine, nello sconforto: una cultura così immensa come quella siciliana merita una civiltà che sia alla sua pari. Ed ecco li punto: la Sicilia è un’isola di merda se non si ribella. Non la Sicilia è un’isola di merda. è se non si ribella.

Tutto questo è registrato, tutto questo può sentirlo chiunque: che cosa hanno fatto i media (non tutti per fortuna)? Da questa professione d’amore hanno estrapolato solo il punto di odio più squallido, storpiandolo fino a farlo diventare un’offesa per un popolo, dimenticando che c’era
una condizione a questa delusione di popolo. Hanno titolato solo «la Sicilia è un’isola di merda», dimenticandosi, chissà perché, il seguito che era una condizione ed era un grido «se non si ribella».

Lo so che anch’io potevo esprimermi meglio e non suscitare equivoci; potevo benissimo dire «la Sicilia non è la Sicilia se non si ribella». Ma non mi è venuto e si può sbagliare. Ci si fa prendere dalla passione. Ma per pietà, per carità, non nascondiamoci dietro un termine, soprattutto se quel termine era la metafora di un dolore grande che provo ogni volta che tomo e vi trovo indifesi e vi vorrei rabbiosi.