Di Pasquale D’Aiuto
Nella prima metà dell’Ottocento, il Dr. Ignác Fülöp Semmelweis, ginecologo a Vienna, ebbe una rivoluzionaria intuizione: l’altissima mortalità tra le partorienti della sua clinica era causata dai colleghi, i quali passavano dalle autopsie alle visite delle gestanti… senza lavarsi le mani. Nella diffidenza generale, impose lavaggio, disinfezione e, già che c’era, pure lenzuola pulite: la mortalità nel suo settore crollò quasi a zero e lui divenne il “Salvatore delle madri”. Fu premiato? Macchè: derisione, esclusione dalla comunità scientifica, licenziamento, depressione, internamento in manicomio. Un genio incompreso, nella poco rassicurante parabola dell’umanità.
Nella prima metà di questo secolo, precisamente domenica scorsa, si è palesata un’altra straordinaria, geniale intuizione, dalla portata universale: LA VICINANZA È MALE! Ce lo ha spiegato l’arbitro Daniele Orsato in merito al fallo di Pjanic su Rafinha in quell’Inter-Juventus del 2018, che lui ritenne non da ammonizione perché… troppo vicino.
Ora, siccome una frase del genere, nel calcio, è oggettivamente assurda – visto che il buon arbitro è, tradizionalmente, VICINO al giuoco, mica lontano! – non può che trattarsi di un’illuminante metafora dell’esistenza. Non c’è altra spiegazione. E noi, memori del destino ingrato riservato al medico ungherese, risparmiamo la pazzia al saggio Orsato e, anzi, proviamo a seguirne il Verbo, a partire dalle cose d’ogni giorno. Per esempio:
se non riconosciamo qualcuno per strada, specie con la mascherina, chiediamogli di retrocedere. Così rispetteremo anche la distanza di sicurezza.
La polenta scagliamola nei piatti, come facciamo col secchio quando laviamo l’auto. Suggerisco un’incerata sul tavolo, almeno fino a quando non diventeremo molto abili.
Se accompagniamo all’asilo il nostro figlioletto duenne, diamogli indicazioni dall’altro marciapiede. Ce ne sarà grato quando avrà raggiunto la propria indipendenza, il che avverrà moolto presto, perché l’alternativa è essere stirato dalla prima macchina che passa.
Per le condoglianze, “Ti sono lontano in questo difficile momento” andrà benissimo. Se non saremo compresi, almeno sottrarremo alla tristezza il destinatario, gettandolo nella rabbia e nello sgomento per qualche oretta.
Allo stadio, sediamoci all’ultimo anello; in teatro, preferiamo la piccionaia! Risparmieremo denaro e, se la squadra gioca male o la soprano stecca, soffriremo meno.
Non accarezziamo mai il cane. Probabilmente diverrà melanconico ed azzannerà gli ospiti ma, prima o poi, capirà. O fuggirà. Nel dubbio, meglio ripiegare sul meno empatico gatto.
Mostriamo lucido distacco con l’amico che si duole con noi: perderà questa cattiva abitudine. E magari non ci chiamerà più.
Non trascorriamo troppo tempo a casa: telefoniamo, messaggiamo… latitiamo. Alla fine, il coniuge comprenderà, addirittura c’incoraggerà a curarci dei fatti nostri e lasciarlo libero!
Quanto ai rapporti intimi, posso solo formulare tanti auguri.
E quindi grazie, arbitro Orsato! Se nutrivamo ancora dubbi sul suo contegno professionale, con questa spiegazione li ha spazzati via. Non farà la stessa fine di Semmelweiss, abbiamo compreso il profondo senso delle sue parole.
Del resto è stato, di recente, nominato miglior arbitro del mondo! Vede? Il nostro sistema funziona! Già, il Sistema funziona proprio bene.