Quarantanove milioni di euro da confiscare alla Lega Nord. È una bomba a scoppio ritardato la sentenza del Tribunale di Genova. Sentenza che ieri, nel condannare per «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche» l’ex segretario politico Umberto Bossi (2 anni e mezzo) e l’ex segretario amministrativo Francesco Belsito (4 anni e 10 mesi), nonché i tre ex revisori contabili leghisti Diego Sanavio, Antonio Torci e Stefano Aldovisi (2 anni e 8 mesi i primi due, 1 anno e 9 mesi il terzo), ha anche ordinato la confisca diretta alla Lega Nord di 48 milioni e 969.000 euro di finanziamento pubblico: cioè di quei rimborsi elettorali che nel 2008-2010 rimpinguarono le casse degli avversari di «Roma ladrona» sulla scorta di rendiconti ingannatori del Parlamento di «Roma Ladrona», perché o senza giustificativi o con spese per finalità estranee al partito. La Lega ostenta tranquillità, ma in realtà, dietro le quinte, nel Carroccio la tensione sale. La confisca di 48 milioni di euro dopo la condanna per truffa di Umberto Bossi e dell’ex tesoriere Francesco Belsito, in via Bellerio, storica sede del Carroccio, ha l’effetto di una bomba. Il segretario federale, Matteo Salvini, fa sapere di essere preoccupato. Non per gli effetti politici della sentenza, ma per quelli economici sul futuro del suo partito. Non è un mistero infatti che le casse del Carroccio siano da tempo quasi vuote. L’unica cosa che trapela è che gli avvocati impugneranno certamente la decisione del tribunale di Genova. Il silenzio dei vertici della Lega, però, nasconde qualcosa di più dell’imbarazzo. Forse anche per questo, Salvini affida al capogruppo della Lega alla Camera, Massimiliano Fedriga, il compito di dettare la linea e di cercare di gettare acqua sul fuoco.